Un misterioso monolite alieno accompagna l'umanità fino all'era della conquista spaziale, quando un computer intelligente inizia a ribellarsi.
Un misterioso monolite alieno accompagna l'umanità fino all'era della conquista spaziale, quando un computer intelligente inizia a ribellarsi.
Nel 1968 gli Stati Uniti sono nel pieno di quella che passerà alla Storia come corsa allo Spazio, in competizione con l'Unione Sovietica. In piena Guerra Fredda, la ricerca scientifica, mascherata sotto la veste della scalata al progresso dell'umanità, si fa innanzitutto lotta fra le due superpotenze. L'America segue i vari Gemini, Apollo e Sputnik dalle televisioni che ormai hanno penetrato le case di tutti i cittadini. In tutto il mondo la speranza e la paura per l'ignoto, e per le ignote sorti del conflitto, vanno a braccetto. Intanto, il movimento hippy e quello studentesco attraversano il globo come un fuoco, intento a bruciare le vecchie istituzioni per una nuova palingenesi del vivere collettivo.
Stanley Kubrick, dopo essersi preso gioco del minacciato conflitto nucleare con Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba nel 1964, decide di allontanarsi dalla cronaca e fornire una propria versione, filosofica e fantascientifica, della Storia dell'umanità.
Se il precedente film si chiudeva con la distruzione definitiva del genere umano, 2001 si apre con la civiltà ai suoi albori, quando i primi ominidi scoprono l'uso della tecnica: il jump-cut più celebre della storia del montaggio ci porta così dall'osso di animale, roteante nel cielo, all'epoca delle navicelle spaziali. Forse Kubrick già pensava a quel soggetto che sarebbe diventato poi A. I. – Intelligenza artificiale di Steven Spielberg (2001), ed ecco mostrarci le conseguenze di un computer impazzito, di quella rivolta delle macchine che sarebbe stata protagonista, circa tre lustri dopo, di Blade Runner (1982). Una sequenza lisergica, al limite della video-arte e degna dei migliori paesaggi musicali dei Pink Floyd (che declinarono peraltro l'offerta di Kubrick di collaborare al film) porta a una nuova palingenesi del genere umano, o meglio dell'ultimo protagonista umano del film. Un placido feto astrale, simbolo dell'eterno ritorno, cui farà da contraltare il successivo, e nuovamente sardonico, ghigno di Alex de Large in Arancia meccanica (1971).
Il tutto accade con il silenzioso quanto presente accompagnamento di quel monolite alieno su cui sono stati scritti fiumi di inchiostro.
Criticati spesso sono stati i tempi lunghi, e anche se mai propriamente morti, che accompagnano la visione registica di Kubrick in esercizi di stile al di là dell'utilità della narrazione.
2001, scritto da Kubrick e dal romanziere Arthur C. Clarke, sulla cui opera si basa il soggetto, è un film sulla grandezza e sui pericoli dello sviluppo tecnico, sulle possibilità dell'uomo di andare oltre se stesso. Di diventare oltre-uomo, continuamente e in eterno, come diceva quel Friedrich Nietzsche che tanto ha ispirato Kubrick.
Che il riferimento al filosofo tedesco non sia causale, è provato dall'utilizzo della sinfonia Also sprach Zarathustra di Richard Strauss, ispirata all'opera omonima del pensatore, ad aprire e chiudere il racconto secondo la circolarità del serpente alchemico che si morde la coda (altra immagine presente in Nietzsche). La musica gioca, come sempre, un ruolo fondamentale nel film: fra le sequenze più iconiche, infatti, è la danza delle astronavi sulle note di Sul bel Danubio blu di Johann Strauss.
Gli effetti speciali da Oscar di Douglas Trumbull (Incontri ravvicinati del terzo tipo, 1977; Star Trek, 1979) e dello stesso Kubrick creano un ribaltamento di prospettive, giocando con la gravità, che ben si amalgama alla mania prospettica del regista. Che, peraltro, si avvalse di obiettivi appositi forniti dalla Nasa per le riprese.
Usato ancora oggi come metodo di paragone per tutti i film di fantascienza, 2001: Odissea nello spazio, vince la difficilissima prova del tempo, risultando ancora credibile sia nella narrazione che negli effetti speciali che riescono a non tradire il realismo nella pellicola. Realismo talmente incredibile da aver fatto, un anno più tardi, parte del famoso complotto dello sbarco sulla Luna, che attribuiva alla mano di Kubrick la realizzazione della scena del primo uomo sulla Luna.
Film conosciuto per essere fra i più criptici della storia, in realtà chiarissimo nei propri intenti. Famigerato per i tempi di narrazione dilatati all'estremo, ha in realtà i ritmi del racconto epico wagneriano, delle suite interminabili dei Pink Floyd, delle narrazioni mitologiche omeriche. Fra i più parodiati, studiati, interpretati di sempre, apprezzato da artisti rivoluzionari del calibro di John Lennon, allora l'uomo forse più celebre del mondo, e di David Bowie, sconosciuto cantautore dei sobborghi londinesi che però raggiunse la fama di lì a poco con Space Oddity, ispirata proprio al film.
Kubrick ha dimostrato, poco prima del suo collega sovietico Andrej Tarkowskij, come la fantascienza possa diventare riflessione profonda sul senso della vita, del tempo, della storia, della scienza. Soprattutto, Kubrick ha dimostrato come il cinema, al pari di letteratura e filosofia, possa fornire una lente di interpretazione sulle grandi tematiche esistenziali pur rimanendo arte e tecnica, estetica e narrazione.
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