Durante la guerra in Vietnam, un capitano statunitense deve percorrere un fiume verso la Cambogia, alla ricerca di un colonnello disertore misteriosamente scomparso.
Durante la guerra in Vietnam, un capitano statunitense deve percorrere un fiume verso la Cambogia, alla ricerca di un colonnello disertore misteriosamente scomparso.
Apocalypse now, assieme ai primi due capitoli della trilogia Il Padrino (1972/74) e al gotico Dracula di Bram Stoker (1992), è il film che ha consacrato Francis Ford Coppola quale maestro del cinema d'autore americano. «Cinema d'autore», espressione spesso abusata e tipico termine ombrello che può indicare sia pregi che difetti di un film, intende essenzialmente tre aspetti:
1. Il regista coincide con lo sceneggiatore e può così avere un controllo personale, marcato da uno stile ben riconoscibile, sul prodotto finale;
2. Il film ha un valore filosofico, artistico o politico più marcato rispetto a opere dello stesso genere ma pensate unicamente per l'intrattenimento;
3. Il film rappresenta un punto di arrivo della corrente a sé contemporaneo e, allo stesso tempo, contribuisce a fondare ho i modi di narrazione e rappresentazione per gli anni a venire.
Al di là di qualsiasi giudizio si voglia esprimere in merito, Apocalypse now copre tutti e tre i suddetti punti. A tal segno da diventare, per lo stesso Coppola, una sorta di ossessione. Si dice che il filosofo greco Platone, nel momento di morire, stesse ancora correggendo i manoscritti della Repubblica, la summa del proprio pensiero: così Coppola, ritornando periodicamente al materiale girato originale, ha proposto un rimontaggio esteso del film nel 2002, la celebre versione Redux, e uno più compatto nel 2019, presentato in Italia grazie alla Cineteca di Bologna.
Coppola, oltre alla regia, firma la sceneggiatura assieme a John Milius (Ai confini della realtà, 1985) e Michael Herr, autore anche per Full metal jacket (1987), altro caposaldo del filone militare ambientato in Vietnam. Il soggetto è tratto dal romanzo breve Cuore di tenebra (1984) di Joseph Conrad, a cui si è ispirato pure il recente, e poco riuscito, Ad astra (2019). Se nell'originale la discesa del fiume Congo indaga il «cuore di tenebra» dell'Europa colonialista dell'epoca, Coppola vuole studiare il capitolo più infame e controverso della storia recente degli Stati Uniti: la katabasi è sia geografica, sia psicologica, sia generazionale. Nel farlo, emerge la difficoltà di dilatare uno spunto sintetico a due ore e mezza di storia: non sempre i dialoghi e le situazioni, dal punto di vista della scrittura, risultano lineari ed economici. Un difetto che, nelle versioni successive e debordanti di digressioni e materiale aggiuntivo, viene quasi esasperato. Va comunque specificato che l'assenza di una «narrazione forte», oltre ad essere un elemento caratteristico della New Hollywood, dovrebbe essere funzionale a cominciare il senso di dispersione detto dalla guerra. È davvero, nessun film era mai riuscito, prima, a descrivere la violenza e l'assurdità della guerra con tale potenza e innovazione: le sequenze di simbolismo e allucinazioni, causate così dal ben descritto disturbo post-traumatico come dall'uso effettivo di psicotropi pesanti in voga fra i militari statunitensi all'epoca, risultano ben più privilegiate rispetto ai canoni classici dello storytelling.
A tal proposito, si sottolinea l'eccellente coordinamento, dagli esiti quasi sinestetici, fra regia, fotografia e montaggio sonoro.
Vittorio Storaro, tre volte premio Oscar (per Apocalypse now; Reds, 1981; L'ultimo imperatore, 1987) e recentemente tornato in sala con Un giorno di pioggia a New York (2019) riesce contemporaneamente a rendere scenograficamente la luce naturale e umida delle sequenze fluviali e la violenta poesia dei notturni. Realismo e espressionismo si coniugano così alla perfezione. Quanto al montaggio sonoro di Walter Murch, ennesimo triplice premio Oscar (di nuovo per il film in questione, oltre a due per il solo Il paziente inglese, 1996), si tratta del primo uso del Dolby Surround 5.1, caratterizzato da 5 sorgenti localizzate contro le 2 sole dello Stereo (precedente) e da una qualità alta e adeguata a colpire i sensi dello spettatore. Per concludere con il montaggio del visivo, invece, non si può non citare la sequenza finale dell'immolazione del bue/omicidio di Kurtz: fra gli esempi più significativi del montaggio analogico teorizzato da Sergej Ejzenštejn, si distingue per l'impatto visivo e la resa di accostamento di significato.
Particolare, dell'ultima scena citata, anche l'utilizzo del brano The end (1966) dei Doors. Se infatti la pellicola non si distingue per la colonna sonora originale di Carmine Coppola (Oscar 1975 per Il Padrino – parte II), abbastanza trascurabile, è con il ricorso espressivo di musiche altrui che ha regalato un paio di sequenze memorabili. Oltre alla succitata, che rimanda al clima di rivolta globale di cui Coppola è figlio, si menziona l'attacco degli elicotteri accompagnato dalla Cavalcata delle valchirie di Richard Wagner (1856), che dà adito a numerosi reframing di significato: tralasciando l'interpretazione nazionalista di Wagner come anticipatore del nazismo, questione troppo controversa da potersi esaurire qui, il brano venne già utilizzato in Nascita di una nazione (1915) di David Griffith, capostipite del cinema americano spesso accusato di razzismo, proprio in una delle scene di battaglia più etnicamente contestabili, e patriottiche, del film. Un gioco di rimandi musicali, oltre che visivi, filosofici e letterari, dunque, ai intrecciano in quello che resta senza dubbio uno dei film più sconvolgenti di sempre.
Per concludere, è doveroso segnalare che, fra le varie interpretazioni non certo passate alla storia, spicca l'affascinate personaggio di Marlon Brando, attore che proprio grazie a Coppola ha avuto modo di rivivere una seconda giovinezza artistica.
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