Durante l'autopsia di un cadavere non identificato, due medici legali saranno vittime di una serie di eventi anomali.
Durante l'autopsia di un cadavere non identificato, due medici legali saranno vittime di una serie di eventi anomali.
André Øvredal (Troll Hunter, 2010; Scary Stories to tell in the Dark, 2019), dopo il successo ottenuto con alcuni film e cortometraggi che riprendessero lo stile del mockumentary, decide di cimentarsi in un'opera che si distaccasse dallo standard da lui intrapreso. Si avvicina molto al modello contemporaneo del genere horror, prendendo spunto da film come The Conjuring e aggiungendo un minimalismo della messa in scena molto particolare. Infatti, la storia è quasi completamente ambientata in un obitorio sotterraneo e racchiude in uno spazio molto piccolo le vicende dei due personaggi protagonisti. Purtroppo, queste scelte non sono in grado di sostenere il film fino alla fine, rifilando allo spettatore, soprattutto nella parte finale, i cliché tipici del genere e una sceneggiatura debole.
La regia riesce a equilibrare i movimenti di macchina a inquadrature fisse, zoom e dettagli e prova a inquietare lo spettatore tramite riprese interessanti, dimostrando molta eleganza nei movimenti.
La componente estetica e fotografica punta su dei toni molto cupi e scuri, talvolta non mostrando affatto il volto dei due protagonisti, riflettendo il senso di chiusura e oppressione che li affligge.
Seppur non memorabile, la fotografia di Romain Osin (Orgoglio e pregiudizio, 2005) fa un uso discreto del giallo e del verde, un po' atipici negli horror. Atipica è anche la caratterizzazione e l'azione di Jane Doe, la quale non si muove minimamente per tutto il film. Il suo personaggio agisce sotto mentite spoglie, facendo del proprio corpo un mero trucco per eliminare chi la circonda. Paradossalmente, l'interpretazione di Olwen Kelly si rivela esemplare ed efficace poiché, nonostante non si muova e non dica mai una parola, riesce a trasmettere un senso d'inquietudine e tensione costante. Viceversa, i due protagonisti, dei quali va evidenziata la più che buona interpretazione di Cox e Hirsch, non sono caratterizzati accuratamente, rendendo i loro dialoghi poco interessanti. La loro evoluzione acquista rilevanza nell'interazione con Jane Doe, sostenuta anche dalla musica diegetica e qualche volta dal montaggio rapido. Queste interazioni avvengono principalmente durante l'autopsia, la quale è resa decisamente bene dal punto di vista del trucco e degli effetti speciali, che offrono un'immagine del corpo sezionato cruda e tangibile.
Come è stato detto precedentemente, la trama è semplice e ridotta all'osso ma riesce, nella prima parte, a mantenere alta la credibilità grazie alla mancanza di espedienti pomposi e scontati. Ciò non avviene affatto nella seconda metà del film, piena di errori di sceneggiatura e di escamotage banali. I momenti di tensione scadono sempre nei cliché tipici del genere: tempesta che blocca le vie d'uscita, luce che va via, telefoni che non funzionano, figure umane sullo sfondo. In uno scenario del genere, non aiutano neanche le citazioni a Shining e Psycho. Il ricorso ai noti jumpscare è di pessima fattura e i suddetti sono quanto più telefonati e approssimativi. Tra i vari stratagemmi, l'idea della campanella legata alle caviglie dei cadaveri è l'unica degna di nota. Inoltre, la spiegazione della vicenda è troppo frettolosa poiché comprime in appena cinque minuti la risoluzione di un enigma complesso e surreale. Il passato di Jane Doe, legato alla persecuzione delle streghe da parte della Chiesa Cattolica, viene svelato troppo in fretta e con pochi elementi a carico.La prima opera in lingua inglese di André Øvredal non è sicuramente un capolavoro e non si avvicina all'élite degli horror contemporanei, come The VVitch o Hereditary, ma, nel suo genere, può essere un buon horror d'intrattenimento capace di regalarci qualche sorpresa.
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