In un lasso di tempo che ricopre dodici anni, il film segue la crescita di Mason.
In un lasso di tempo che ricopre dodici anni, il film segue la crescita di Mason.
The Twelve Years Project, nome provvisorio di quel che poi sarà conosciuto e riconosciuto come Boyhood, ben riassume l'essenza del film: dodici anni di riprese in cui il fattore temporale è al centro di uno sperimentalismo narrativo originale.
Già con la sua trilogia Prima dell'alba (1995), Before Sunset (2004) e Before Midnight (2013), il regista Richard Linklater aveva dimostrato una certa originalità, non tanto nel soggetto ma quanto più nei metodi narrativi; il tempo ancora una volta avanza inesorabile nella vita dei protagonisti, prima tra due amanti e ora con un giovanissimo ragazzo di provincia.
La regia di Linklater si introduce timidamente all'interno dei frammenti di vita narrati, con semplicità e riservatezza ci mostra la crescita dei personaggi, avvalendosi di nient'altro se non dei personaggi stessi.
Spogliandosi di ogni drammaticità artificiale e retoriche sfuggenti, Boyhood riesce a racchiudere la complessità della crescita dell'essere umano nel suo aspetto più quotidiano e, se vogliamo così intenderlo, monotono.
Ci si domanda se effettivamente si sta assistendo a un racconto cinematografico o spiando la finestra del vicino di casa, ma una cosa non deve esclude l'altra: non tutte le storie sono infatti vissute e scandite da infiniti monologhi teatrali e domande esistenzialiste che si concludono nell'apice di una qualche drammaticità. Spesso i traumi si risolvono in silenzio e le scelte si compiono senza gesti plateali e tutto ciò Boyhood lo rappresenta appieno, è per questo che le scelte stilistiche di Linklater si sposano in maniera così efficiente con il contesto della narrazione.
A seguito di questa semplicità registica viene però a mancare una fotografia che avrebbe potuto enfatizzare il tempo trascorso in dodici anni, più che le citazioni musicali (Samantha che canta Ops, I did it again di Britney Spears o la figlia della vicina che cita High School Musical) o il riferimento all'elezione di Barack Obama, avrebbe avuto un maggior impatto nostalgico e rappresentativo una fotografia più elaborata e pensata ad hoc per ogni annata.
Tra le note dei Coldplay e degli Arcade Fire, le musiche richiamano in parte la nostalgia del tempo sfuggevole che la fotografia ha trascurato, ma nel loro eccesso e nella ripetizione dello stesso stile, ricalcano quella drammaticità di cui la sceneggiatura si era privata e per cui la pellicola funzionava benissimo.
La durata della pellicola, un totale di quasi tre ore, risulta eccessiva. Facilmente individuabili sono alcune scene che non apportano nessun vantaggio al contesto della narrazione o dei personaggi.
Il montaggio segue sempre un ritmo ben preciso, secco, tagliente che scandisce la narrazione in modo intermittente ma preciso, quasi scollegando il filo logico del susseguirsi delle azioni, che però si alimenta del trascorrere reale del tempo, visibile sia nel volto degli attori invecchiati, sia nell'evoluzione della narrazione. Un intreccio temporale che si alimenta tra realtà e cinema.
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