Un inventore fallito crea un robot dotato di intelligenza e spirito d’avventura.
Un inventore fallito crea un robot dotato di intelligenza e spirito d’avventura.
Lungometraggio d’esordio di Jim Archer, Brian e Charles è basato sui personaggi creati dagli stessi protagonisti del film David Earl e Chris Hayward, già proposti in un precedente cortometraggio del 2019. Insignito dell’Award Favourite al Sundance Festival: London 2022, il racconto rielabora con brio il sempiterno archetipo della creatura artificiale che prende vita, tema che attraversa tutta la narrativa occidentale dai tempi del mito di Pigmalione fino al Mostro di Frankenstein, a Pinocchio e alle loro innumerevoli riproposizioni. Se il significato filosofico e pedagogico della favola, così come il suo sviluppo, è tutt’altro che originale, l’unico merito di Brian e Charles è la capacità di proporre elementi già noti e prevedibili con leggero umorismo. L'impianto complessivo risulta tuttavia troppo fragile e scarno per un progetto di un'ora e mezza destinato al grande schermo.
Il focus della sceneggiatura, fin dai primi minuti, è infatti incentrato sulla solitudine dei personaggi. Significativamente, il film si apre con un monologo che quarta parete, durante il quale il protagonista presenta direttamente al pubblico la propria quotidianità costellata di piccoli fallimenti e circondata di oggetti inanimati. Il ricorso estremamente ripetitivo alla formula del mockumentary, purtroppo, nel corso del film non fa che appesantire un racconto dagli spunti altrimenti interessanti.
Al filo conduttore della crescita di Charles, da robot ad esploratore, si accosta infatti quello della maturazione dei personaggi umani che avviene attraverso la reciproca interazione.
Queste linee narrative vengono diluite dalla preponderanza della parola recitata sull’immagine: i tre creatori alla base del progetto provengano, significativamente, perlopiù da esperienze sul piccolo schermo e radiofoniche e l’impressione che si deduce è di un mancato adattamento a forme consone per il cinema. Non aiuta a migliorare la qualità complessiva una regia che, nello sforzo di apparire realistica e immediata, risulta dimessa e amatoriale.
Interessante dal punto di vista del design, per quanto richieda una forte sospensione dell’incredulità da parte dello spettatore, è la caratterizzazione di Charles, volutamente dimessa e artigianale e in bilico fra il bambino da educare e l’anziano parente cui badare: secondo le dichiarazioni degli stessi ideatori, entrambe le interpretazioni sono valide in quanto a contare è la maturazione che Charles induce negli altri comprimari. La colonna sonora di Daniel Pemberton (Yesterday, 2019; Il processo ai Chicago 7, 2020) accompagna la narrazione senza risaltare, così come la fredda fotografia di Murren Tullett e il montaggio di Jo Walker, che risultano estremamente sbrigativi. Brian e Charles in definitiva è un film semplice sia come spunti che come realizzazione: non è certamente il suo scopo andare oltre il livello raggiunto, e il mix di umorismo e bontà dei sentimenti ne fa un esperimento, nel proprio genere, appena riuscito.
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