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C'era una volta in America | Recensione | Unpolitical Reviews

Scheda:

poster di C'era una volta in America
Titolo Originale:
Once Upon a Time in America
Regia:
Sergio Leone
Uscita:
2 settembre 1984
(prima: 23/05/1984)
Lingua Originale:
en
Durata:
229 minuti
Genere:
Dramma
Crime
Soggetto:
Sceneggiatura:
Sergio Leone
Franco Ferrini
Leonardo Benvenuti
Franco Arcalli
Enrico Medioli
Piero De Bernardi
Fotografia:
Tonino Delli Colli
Montaggio:
Nino Baragli
Scenografia:
Gretchen Rau
Bruno Cesari
Osvaldo Desideri
Musica:
Ennio Morricone
Produzione:
Arnon Milchan
Produzione Esecutiva:
Claudio Mancini
Casa di Produzione:
The Ladd Company
Embassy International Pictures
Rafran Cinematografica
Warner Bros. Pictures
PSO
Budget:
$30 milioni
Botteghino:
$5 milioni
Carica Altro

Redazione

10

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

David 'Noodles' Aaronson
Robert De Niro
Maximilian 'Max' Bercovicz
James Woods
Deborah Gelly
Elizabeth McGovern
Frankie Monaldi
Joe Pesci
Joe
Burt Young
Carol
Tuesday Weld
James Conway O'Donnell
Treat Williams
Young Deborah
Jennifer Connelly
Police Chief Vincent Aiello
Danny Aiello
Chicken Joe
Richard Bright
Patrick 'Patsy' Goldberg
James Hayden
Philip 'Cockeye' Stein
William Forsythe
Eve
Darlanne Fluegel
'Fat' Moe Gelly
Larry Rapp
Woman in the Puppet Theatre
Olga Karlatos
Beefy
Frank Gio
Young Noodles
Scott Schutzman Tiler
Young Max / David Bailey
Rusty Jacobs
Young Patsy
Brian Bloom
Young 'Fat' Moe Gelly
Mike Monetti

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

Il film narra la vita del criminale Noodles e della sua banda in un arco di tempo che va dagli anni '20 agli anni '60.

Recensione:

Cercare di parlare di C'era una volta in America senza risultare riduttivi o svilenti è un'impresa quasi impossibile, anche solo approcciandosi a una singola inquadratura curata dal dop Tonino Delli Colli (Accattone, 1961; Il Decameron, 1971). Il capitolo finale della Trilogia del Tempo del 1984, firmata da Sergio Leone e composta dai film C'era una volta il West (1968) e Giù la testa (1971), rappresenta il testamento artistico del regista romano e un vero e proprio spartiacque per il gangster movie. Leone, così come in C'era una volta il West, nel quale ha fatto morire l'epopea western con la scena finale del fischio del treno, che annuncia il progresso e l'America che sta cambiando, in C'era una volta in America fa lo stesso con il gangster movie, genere che ha raggiunto l'apice con i primi due capitoli della saga Il padrino. In ogni film della trilogia, Leone sfrutta il genere per raccontare un'epoca nascente, nel caso di C'era una volta in America quella del proibizionismo americano, presentarne il periodo più prosperoso e mostrarne il crepuscolo. In concomitanza ai quarant'anni di storia americana, vengono seguiti e raccontati dei personaggi, che sono allo stesso tempo amici, colleghi e rivali, nel loro arco vitale, seguendo dubbi, traumi e fatti della crescita.


Sviluppare una sceneggiatura, che ha richiesto un lavoro di circa tredici anni, e concepire visivamente un'epopea come questa non sarebbe stato possibile senza la centralizzazione del tema del tempo.


Qualsiasi elemento possibile all'interno della pellicola rimanda inevitabilmente al tema del tempo. Sotto questo punto di vista, le citazioni a La Recherche di Marcel Proust sono numerose, a partire da una delle battute più famose del film e dell'intera storia del cinema: sono andato a letto presto, incipit del romanzo proustiano. La struttura narrativa, fatta di continui flashback e flashforward, le modalità con cui essi si susseguono e le scelte compiute su quali lassi temporali mostrare fanno percepire perfettamente nello spettatore lo scorrere e la perdita del tempo. I salti temporali con cui sono legati il presente, l'analessi e la prolessi sono fra i più audaci, poetici e geniali della storia del cinema, il cui merito va sicuramente attribuito al grandissimo montatore Nino Baragli (Il buono, il brutto e il cattivo, 1966; Salò o le 120 giornate di Sodoma, 1975). Il più famoso è quello nel quale Noodles, in procinto di lasciare New York nel 1933 per dirigersi a Buffalo, si guarda allo specchio e il suo riflesso è invecchiato di trent'anni, portando automaticamente la narrazione nel 1968, anno del ritorno di Noodles nella sua città natale. Per fare da soundtrack in questa scena, viene impiantato un pezzo pop, ovvero una versione strumentale Yesterday dei Beatles, generando un anacronismo totale, ribadendo la dimensione generale dell'intera pellicola in bilico tra sogno e realtà. Oltre a questo, un altro salto temporale degno di nota è un passaggio da flashforward a flashback: nel 1968, quando Noodles si stanzia nel locale di Fat Moe guarda dentro la feritoia attraverso la quale, da ragazzo, spiava la giovane Deborah danzare; nell'inquadratura successiva, si passa al 1920 e al ricordo di Noodles. L'eleganza con la quale è stato eseguito il salto temporale non ha eguali. L'ennesimo legame con il tempo si ha con le maestose scenografie a cura di Carlo Simi (Per un pugno di dollari, 1964; Per qualche dollaro in più, 1965). I luoghi della memoria nei quali si svolge gran parte della vicenda, in particolar modo il Fat Moe Club, attraversano tutti i cambiamenti dell'America, e cambiano anche insieme all'America, ma nell'intimo mantengono i ricordi persistenti e fissi nella memoria dei personaggi.

Inserire tutto ciò in un solo film è un'impresa quasi titanica, anche per una pellicola come questa che vanta una durata di oltre quattro ore. Ciò non sarebbe stato possibile se non fosse stato per altre due componenti filmiche non ancora trattate: la recitazione e la colonna sonora di Ennio Morricone. Con questo film, Sergio Leone ha confermato ancora una volta di essere, forse, il miglior regista della storia del cinema nella valorizzazione degli occhi e dello sguardo. A discapito delle quattro ore, i personaggi non pronunciato un numero cospicuo di battute poiché, quello che non viene detto con le parole, viene esplicitato dallo sguardo degli attori, ognuno dei quali ha raggiunto l'apice della propria carriera con questo film, in particolar modo Robert De Niro, James Woods e Jennifer Connelly. Gli sguardi, oltre a manifestare i sentimenti dei personaggi, portano il fardello di una storia personale fatta di dolori, passione, ricordi, morte e sofferenza. La carica emotiva della recitazione viene enfatizzata magistralmente dalla colonna sonora di Ennio Morricone. Ogni brano è di una bellezza indescrivibile, sia gli arrangiamenti, come Yesterday o God Bless America, che nei pezzi originali dedicati ai singoli personaggi, come Deborah's theme e Cockeye's Song. La personalizzazione dei brani accentua maggiormente la carica emotiva durante il loro utilizzo.

In conclusione, C'era una volta in America è un capolavoro assoluto e una delle più grandi opere d'arte mai realizzate nella storia dell'uomo. È un film che ha saputo sfruttare i canoni tipici del genere gangster movie, sia strutturali, immaginifici e di immaginario comune, per poi smontarli e riscriverli da capo, generando qualcosa di unicamente originale.

A cura di Paolo Neri.
Pubblicato il 5 giugno 2021.

Pro:

  • La tematica del tempo viene enfatizzata magistralmente da parte di tutte le componenti filmiche.
  • Gli attori, in stato di grazia, danno il meglio di sé con le poche ma coincise battute e gli sguardi.
  • Tecnicamente il film è perfetto e raggiunge forse la vetta più alta nel cinema di Sergio Leone.

Contro:

  • Nessuno.

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