Johnny dovrà prendersi cura di suo nipote Jesse e tra loro nascerà un rapporto profondo, che porterà ad una nuova visione della vita e che migliorerà entrambi.
Johnny dovrà prendersi cura di suo nipote Jesse e tra loro nascerà un rapporto profondo, che porterà ad una nuova visione della vita e che migliorerà entrambi.
Mike Mills (20th Century Women, 2016) scrive e dirige questa pellicola intima e profonda prodotta dalla Casa A24, nota per le sue produzioni interessanti e decisamente particolari.
C’mon C’mon è un film che trasporta con il suo flusso infinito di parole e dialoghi che spiazzano e accarezzano gli spettatori, offrendo continui spunti di riflessione in un’atmosfera dolce e realistica.
La storia è semplice, con una sceneggiatura classica ma curata e con una forte accezione metaforica, presentando una struttura aperta, circolare, a tratti quasi impalpabile.
Unisce interviste reali, dal taglio documentaristico, a un dramma di formazione, il tutto in modo intelligente. La regia infatti fonde realismo e finzione per creare testimonianze e per portare in scena la creazione di un rapporto, quello tra zio e nipote, o meglio tra mondo degli adulti e mondo dei bambini. Mondi che si scontrano e si incontrano, che si scambiano idee e prospettive sul futuro. La caratterizzazione dei protagonisti è eccellente: i due sono diversi, Johnny parla poco, è chiuso in sé e nelle sue ferite del passato mentre Jesse è sopra le righe, irrequieto, fa mille domande. La loro relazione evolve insieme alla narrazione, in un rapporto quasi alla pari, dove coesiste un intenso scambio di emozioni. Jesse è un bambino che vive una situazione difficile, con un padre che soffre di un disturbo bipolare, ha bisogno di certezze e deve creare uno schema di gioco, fingendo spesso di essere un orfano per vivere le sue fragilità; Johnny vuole capire, ascoltare e dare voce a lui e alla generazioni future.
Molti i temi che vengono portati a galla, come quello della genitorialità, della responsabilità, della famiglia: ogni spunto può essere rielaborato in seguito dallo spettatore, per cogliere le diverse sfumature e i numerosi dettagli che forse non sono così facili da captare immediatamente ad una prima visione.
La regia sa quando mostrare tutto nel modo e nel momento giusto, come i monologhi di Johnny sotto forma di audio-diari e quello finale dedicato proprio al nipote, o i flashback che mostrano i due fratelli accudire la madre o ancora i momenti di gioco tra Jesse e il padre.
Le scenografie vanno ad arricchire la storia pur restando sullo sfondo: si gira l’America, passando da Detroit a New York a New Orleans con bellissime sequenze per gli occhi.
Ciò che può asciare perplessi è la scelta della fotografia in bianco e nero: può sicuramente essere apprezzata per il suo tocco poetico e nostalgico ma forse non riesce a restituire a pieno quel realismo che il film vuole trasmettere, con contrasti a volte troppo forti e un discreto uso di tecnologie che ne affinino la grana.
Uno dei punti di forza è sicuramente la grande alchimia tra i due protagonisti che donano al film una presenza scenica eccellente. Joaquin Phoenix qui non ha un’interpretazione da overacting come in Joker (2019) ma veste un ruolo contenuto e pacato, in cui riesce a trasmettere molto, dimostrando di essere, ancora una volta, estremamente versatile e trasformista. Il piccolo Woody Norman, nel suo film d’esordio, porta in scena un bambino adorabile ma allo stesso tempo complesso, più maturo della sua età, in modo così intenso e coinvolgente da far ben sperare nella sua carriera futura.
Introspettivo e fuori dal comune, C’mon C’mon è un film da sviscerare, che tocca tutte le sfere delle sensazioni ed emozioni, a volte in modo astratto e quasi volatile. È un prodotto diverso, che vuole dare voce alle nuove generazioni anche nei titoli di coda, dove proseguono le interviste agli adolescenti che offrono nuovi modi di guardare al futuro.
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