Un neurochirurgo, gravemente compromesso da un incidente stradale, viene introdotto da un misterioso stregone alla pratica della magia e alla conoscenza degli universi alternativi.
Un neurochirurgo, gravemente compromesso da un incidente stradale, viene introdotto da un misterioso stregone alla pratica della magia e alla conoscenza degli universi alternativi.
Basato sull’omonimo personaggio della Marvel Comics creato da Stan Lee e Steve Dikto, Doctor Strange vive della contrapposizione fra il mondo materialista, tipicamente occidentale e limitato, del protagonista e la scoperta, da parte di quest’ultimo, di suggestioni a cavallo fra antiche pratiche magiche e teorie del multiverso. Nella costruzione della cosmogonia Marvel, Strange rappresenta non solo un esempio paradigmatico, ma ne diventa la chiave di volta con la prima introduzione del multiverso, di fondamentale importanza per i successivi prodotti targati Marvel Cinematic Universe. Scienza e misticismo si incrociano dunque in un prodotto accattivante, per quanto non eccelso dal punto di vista della narrazione.
La sceneggiatura, scritta da Jon Spaihts (Dune, 2021), Scott Derrickson, C. Robert Cargill, è tanto scorrevole quanto semplicistica in molti dei suoi snodi. La struttura in fin dei conti si risolve nel classico schema del common man americano che, accedendo a una dimensione esistenziale superiore e confrontandosi con i propri limiti, trova una propria redenzione e diventa un eroe. La sua evoluzione appare fin troppo repentina e, come per gli altri personaggi, l’approfondimento psicologico rimane su un livello superficiale. Poca cura si riscontra anche nella costruzione degli antagonisti, scialbi e stereotipati. Inoltre, il bilanciamento fra azione, dramma e umorismo va a discapito di quest’ultimo, rendendo Doctor Strange un film che sembra talvolta prendersi troppo sul serio: se alcuni duetti fra Strange e Kaecilius, anche grazie alla bravura degli interpreti, riescono a strappare più di un sorriso, i dialoghi fra lo stesso protagonista e la sua controparte femminile risultano talvolta stucchevoli. Con molta più efficacia emerge invece la descrizione, talvolta solo accennata ma intrigante, dell’intero complesso dell’universo narrativo, in una sapiente miscela di contemporaneità e antiche leggende.
Il film, di fatto, deve quasi tutto all’impressionante comparto visivo e agli effetti speciali, che sembrano fare tesoro di prodotti quali Inception (2010) di Christopher Nolan soprattutto nei sovvertimenti dimensionali nelle scene di combattimento.
La regia di Scott Derrickson (Ultimatum alla Terra, 2008) ben si adegua agli effetti speciali e al ritmo del racconto, con movimenti di macchina rapidi e dinamici che ben si alternano, nelle sequenze di duello, a momenti più epici. Efficaci risultano espedienti quali il ribaltamento di prospettiva e l’utilizzo della sovrimpressione per rendere visivamente i copri astrali e la loro interazione nel mondo reale. Adatte al tono della pellicola anche la fotografia di Ben Devis (Eternals, 2021), ottima sia negli eleganti interni che nella discreta varietà di esterni metropolitani e naturali, e i costumi iconici del premio Oscar Alexandra Byrne (Emma, 2020), capaci nuovamente di coniugare stile fantasy e fantascientifico, antichità posticcia ed elementi fumettistici. Un ultimo accenno va fatto per le scenografie di Charles Wood, eleganti in particolare nella resa dei santuari e di Kamar-Taji.
Infine, parte della riuscita del film è dovuta all’interpretazione di Cumberbatch, a proprio agio tanto in ruoli complessi e autoriali quanto nei blockbuster. La sua prova attoriale, magnetica e carismatica, ha modo di confrontarsi con quella altrettanto buona di Mikkelsen, che tuttavia soffre di una scrittura meno accurata. Azzeccata infine, dal punto di vista del casting, la scelta dell’eterea Tilda Swinton nei panni dell’Antico. Doctor Strange resta un prodotto godibile e in grado di rimanere impresso, introducendo nel MCU elementi rilevanti e configurandosi come un discreto, per quanto talvolta ingenuo, stand alone.
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