Alla fine del XIX secolo il nobile Vlad Tepes, condannato all'immortalità sotto le spoglie di vampiro, cerca disperatamente la reincarnazione del proprio amore perduto secoli prima.
Alla fine del XIX secolo il nobile Vlad Tepes, condannato all'immortalità sotto le spoglie di vampiro, cerca disperatamente la reincarnazione del proprio amore perduto secoli prima.
Dracula di Bram Stoker, a dispetto del titolo, segue solo parzialmente la trama del romanzo del 1897. L'intenzione di Francis Ford Coppola (Il padrino, 1972; Apocalypse now, 1979) in veste di regista e sceneggiatore, era duplice: da un lato, trattare un soggetto già portato sullo schermo molteplici volte sotto una luce rinnovata; dall'altro, dare una nuova veste al genere horror stesso, ricavandone un film allo stesso tempo spaventoso e profondo, sentimentale, esteticamente curato. Un risultato, in realtà, altalenante fra momenti molto riusciti ed altri che destano perplessità.
Partendo dalla scrittura, si è detto come l'intenzione di partenza sia coraggiosa. In particolare, è apprezzabile che alle soglie del nuovo millennio si voglia dipingere un Dracula più umano e sofferente, un «Principe della notte» finalmente attraversato da conflitti legati al proprio passato. Purtroppo, a livello di messa in sceneggiatura, non sempre tale scopo viene raggiunto alla perfezione. Se le innovazioni rispetto all'originale si fanno apprezzare soprattutto nelle trovate propriamente horror, gli innesti sentimentali appaiono troppo spesso pretenziosi e poco lineari. A svariati personaggi manca un'effettiva traiettoria emotiva, così come alcune sequenze appaiono verbose e scontate. Resta, al netto di tali difetti, un buon adattamento che dimostra come una storia nota possa offrire nuovi spunti narrativi.
Il vero punto di forza del film è il comparto visivo: non tanto per la regia di Coppola in sé (la cui unica novità è il ricorso ad un intervallometro per creare l'effetto di movimento a scatti del protagonista), ma per montaggio, fotografia e costumi. Il primo, a cura di Nicholas C. Smith, Glen Scantlebury e Anne Goursaud, concatena le inquadrature con transizioni espressionistiche e dense di significati: fra le migliori, la sovrapposizione fra il segno dei denti nel collo di Lucy e gli occhi di Dracula, e i passaggi di trasformazione del conte in animali. Quanto alla fotografia, di Michael Ballhaus (Fuori orario, 1985; L'età dell'innocenza, 1994), si notano gli ottimi giochi di luci ed ombre, memori della lezione dell'espressionismo cinematografico che proprio con Nosferatu (1922) di Friedrich Wilhelm Murnau aveva portato Dracula per la prima volta sullo schermo; lungi dall'essere solo un maestro dell'orrore, Ballhaus riesce inoltre a rendere languide e sensuali le scene erotiche. Venendo all'ultimo aspetto, i costumi, la curatrice Eiko Ishioka (The fall, 2006; Biancaneve, 2016) ha davvero meritato l'Oscar assegnatole nel 1993: i suoi abiti, che uniscono gusto barocco a vittoriano, ricerca storica accurata a immaginazione visiva, accompagnano alla perfezione il trucco, altrettanto perfetto, di Michele Burke (Intervista col vampiro, 1994; Monster house, 2008). L'acconciatura dei capelli di Gary Oldman, invecchiato e impallidito nel ruolo dell'anziano Vlad, è praticamente entrata nell'immaginario popolare.
In definitiva Coppola si dimostra, più che regista, un ottimo caposquadra per l'apparato visivo del film, molto più che per quello narrativo.
Per tale motivo si potrebbe sintetizzare che Dracula di Bram Stoker è un pessimo film sentimentale e allo stesso tempo un ottimo film gothic horror, destinato ad avere emuli a venire.
A proposito delle interpretazioni, la natura bicefala del film si riversa anche sulle interpretazioni: agli ottimi Gary Oldman e Anthony Hopkins, infatti, si contrappongono le performance mediocri degli altri attori, fra cui spicca in negativo Keanu Reeves, in seguito pentitosi proprio di avere preso parte al film. Quanto alla colonna sonora di Wojciech Kilar (Il pianista, 2002; I padroni della notte, 2006), fatta eccezione per la traccia principale Mina Theme, è sopravvalutata.
Pietra miliare con risultati alterni, Dracula di Bram Stoker, pur con alcune imperfezioni, ha condizionato, grazie soprattutto alla compattezza visiva, il modo di rappresentazione dei vampiri nel cinema a venire, creando un vero e proprio filone di reinterpretazione dei classici in chiave rinnovata e aggiornata al gusto del tempo.
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