Un pilota d'auto senza nome, meccanico e stuntman cinematografico di Hollywood, lavora come autista per alcuni rapinatori.
Un pilota d'auto senza nome, meccanico e stuntman cinematografico di Hollywood, lavora come autista per alcuni rapinatori.
Opera che sancisce ufficialmente il successo internazionale del regista danese Nicolas Winding Refn (Bronson, 2008; The Neon Demon, 2016), Drive si mostra al pubblico per quello che è e nient'altro: precisione estetica, vera suspense e ricorrenti immagini iconiche. Complice la mancata autorialità della sceneggiatura, solitamente colonna portante nella sua filmografia, infatti questa volta basata sull'omonimo romanzo di James Sallis, l'usuale impronta del regista copenaghese, caratterizzata da violenza disperata e grazia visiva, traspare solo per metà. Seppur sembri un difetto,
questo parziale distacco dal suo modus operandi è probabilmente uno dei motivi per cui Drive sia così apprezzato dal grande pubblico, a differenza di molti (tutti) altri lungometraggi del regista.
La sceneggiatura, benché consapevolmente limitata nei dialoghi (il protagonista è praticamente muto), riprende l'ordinario racconto del “supereroe” intrappolato tra il bene e il male, rivisitandolo in termini di dramma passionale e iconicità caratteriale. Il personaggio del pilota senza nome, interpretato magistralmente da Ryan Gosling (Blade Runner 2049, 2017; First Man – Il primo uomo, 2018), è un uomo alienato dal mondo in cui vive, che si appiglia a dei valori umani come amore e riguardo (nei confronti di Irene per esempio) per fuggire dal suo modo di fare freddo e distaccato.
A questo proposito la chiave per interpretare Drive potrebbe non risiedere nel confronto con il cinema action, semmai con il western. Gli elementi di genere ci sono: il cavaliere solitario a metà fra moralità e fuorilegge, il deserto (urbano), e i silenzi alternati alle musiche epico-melodrammatiche.
Vincitrice a Cannes per il premio di categoria, la regia di Refn è affascinante per il suo modo di presentare momenti apparentemente banali o già numerosamente sfruttati, con un vivace equilibrio collettivo di tutte le componenti partecipi.
La primissima scena racchiude, seppur parzialmente, questo preciso concetto. La lunga sequenza, marcata da un adrenalinico ma controllato inseguimento, alterna ottimamente le musiche extradiegetiche ai rumori meccanici dell'auto (quali motore, sterzate e radio), e intensifica i momenti tensivi con inquadrature angolari e primi piani del protagonista. Le luci della Los Angeles notturna alimentano la dinamicità della scena, grazie anche a un ottimo montaggio.
La perfetta coesione di tutto ciò consente la realizzazione di una magnifica sequenza thriller-action, usuale nei modi (di scrittura) ma completamente innovativa nelle tonalità (visive e sonore). La fotografia in questo senso è la principale svolta artistica del film, estremamente importante nell'uso di colori pop nelle situazioni più drammatiche di genere noir, svolta per i due lungometraggi che dirigerà il regista nei cinque anni successivi (Solo Dio Perdona, 2013 e The Neon Demon, 2016).
L'utilizzo di musiche indie-dance sia nelle scene drammatiche passionali, sia nei restanti momenti del film presenta una leggera discrepanza tra narrazione e toni, e lo spettatore potrebbe non comprendere quale strada il film ha intenzione di percorrere.
La silenziosa ma efficace interpretazione di Ryan Gosling, enfatizzata da una giacca raffigurante uno scorpione (solitario e dalla dubbia moralità), iconica fin dalla sua prima apparizione, mette in disparte gli altri personaggi, non sempre all'altezza dell'attore canadese.
In questo, ogni amante del cinema, che abbia apprezzato o meno quest'opera, dovrebbe essergli riconoscente (al film), per aver presentato al mondo intero (anche al pubblico meno cinefilo) un artista straordinario.
Caricamento modulo