Paul, figlio del Duca Leto Atreides, dopo una dolorosa prova, si rivela di essere degno di ereditare il potere delle Bene Gesserit, confermando la possibilità di essere l'eletto in grado di cambiare l'universo.
Paul, figlio del Duca Leto Atreides, dopo una dolorosa prova, si rivela di essere degno di ereditare il potere delle Bene Gesserit, confermando la possibilità di essere l'eletto in grado di cambiare l'universo.
A quasi sessant'anni dalla pubblicazione del romanzo Dune di Frank Herbert, a cinquanta dal visionario e fallimentare progetto di adattamento per il cinema di Alejandro Jodorowsky e a quasi quaranta dalla controversa versione di David Lynch, il regista Denis Villeneuve porta sullo schermo il primo capitolo di una fantascientifica e filosofica prima ritenuta inadattabile su altri media. Villeneuve non è nuovo a progetti ambiziosi nel genere sci-fi: con Arrival nel 2016 aveva vinto la scommessa di creare una parabola sul tempo, il linguaggio e l'elaborazione del lutto con l'espediente dell'incontro fra umani ed extraterrestri; con Blade Runner 2049 nel 2017 aveva poi alzato la posta in gioco, confrontandosi con il classico di Ridley Scott del 1982, prima ritenuto intoccabile. In entrambi i casi il risultato narrativo, tecnico ed estetico aveva sorpassato ogni aspettativa e nel 2021 Dune riconferma la dimestichezza del regista con la materia fantascientifica.
Il film riporta con fedeltà quasi esatta (salvo alcune modifiche per ovvie ragioni di trasposizione) la prima metà del romanzo di Herbert, riuscendo a distaccarsi dalle precedenti versioni. Jodorowsky aveva concepito Dune come un viaggio lisergico e messianico destinato a cambiare le menti degli spettatori; Lynch ne aveva fatto invece una saga dall'estetica bizzarra, gotica e innovativa al tempo stesso, fondendo nelle scenografie cyberpunk e medioevo. Nella nuova versione, le monumentali scenografie di Patrice Vermette fanno tesoro dei recenti kolossal fantascientifici e puntano su uno spiccato parallelismo con le architetture mediorientali. Si tratta di una scelta dettata dall'esigenza di mantenere Dune sul doppio livello di racconto classico e sempre contemporaneo, sicuramente meno creativa rispetto alle precedenti ma non meno riuscita. Il design e i dettagli sono studiati alla perfezione e sarà interessante, con il secondo capitolo a venire, osservare come verranno rese a livello visivo le già intuibili differenze fra casate, etnie e potentati dell'universo di Herbert.
Denis Villeneuve è un regista abile, che evita superflui sfoggi di abilità in favore di un controllo tecnico e della compattezza finale del prodotto.
Complice una fotografia cupa ed elegante a cura di Greg Fraser (Vice - L'uomo nell'ombra, 2016) ed effetti speciali perfetti sia nel risultato visivo che nel dettaglio tecnologico e plausibile delle navicelle, Dune è innanzitutto un grandioso poema visivo e sensoriale. I suoi ritmi dilatati, specie nella prima metà, sono sorprendentemente efficaci e sono scanditi dall'incessante colonna sonora di Hans Zimmer (Inception, 2010; Elegia americana, 2020).
Il sonoro, studiato con precisione maniacale, accompagna lo spettatore con la stessa persistenza delle immagini, tanto da rendere impossibile scindere i due stimoli. Il missaggio sonoro risulta alle volte fin troppo tonante e invasivo, quasi oltre le strette necessità narrative e descrittive: l'esperienza di chi vede il film in sala, in ogni caso, si risolve in una totale immersione nel racconto.
Dove il film risulta più difficile da valutare, è proprio nella sceneggiatura dello stesso Villeneuve con Eric Roth (Forrest Gump, 1994) e Jon Spaihts (Doctor Strange, 2016) Coerente e fedele al libro, l'adattamento lascia nello spettatore il rammarico che il film finisca effettivamente quando la vera avventura del protagonista sta per iniziare. Lo stesso romanzo di Herbert presenta una lunga prima sezione di introduzione al complesso mondo narrativo e Villeneuve sceglie furbescamente di interrompere la propria opera con un cliffhanger, laddove Jodorowsky e Lynch avrebbero voluto continuare per non perdere tensione narrativa (il film del primo venne rifiutato, tra gli altri motivi, proprio perché eccessivamente lungo, mentre il secondo si vide tagliato e rimaneggiato il prodotto finale con disastrosi effetti quanto a comprensibilità e coerenza). Si potrebbe pensare che davvero Dune sia un libro non adattabile in un singolo film: sta di fatto che quest'ultimo adattamento, paradossalmente più cauto di altri lavori di Villeneuve, è allo stesso tempo un assaggio che lascia affamati e una grande promessa per il seguito.
Nella scelta di trattare solo la prima metà del romanzo, la scrittura dei personaggi risulta allo stesso tempo ben sviluppata e incompleta, rimandando al secondo capitolo l'intera descrizione degli archi narrativi. I dialoghi semplici sono supportati da un cast ben assortito: su tutti spiccano Roberta Ferguson, intensa e magnetica, e un Timothée Chalamet fisiologicamente aderente al personaggio libresco e capace di dare carisma a una parte il cui sviluppo deve ancora vedersi. È ancora presto invece per valutare la performance di Zendaya, dotata di sicura presenza attoriale ma la cui permanenza in scena è quasi superiore nel trailer che in questo primo film.
In definitiva, Dune è davvero un potenziale spartiacque nella fantascienza contemporanea. Era da tempo che kolossal e film d'autore non si conciliavano in modo così prolifico. Il suo non essere totalmente autosufficiente è compensato da uno sforzo visivo e sonoro senza termini di paragone e lascia ben sperare per il prossimo capitolo.
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