Jesse Pinkman, da piccolo delinquente, è diventato il giovane aiutante di Walter White, il più pericoloso produttore di metanfetamina del New Mexico. Dopo alcuni drastici avvenimenti, Jesse deve risolvere dei conti in sospeso.
Jesse Pinkman, da piccolo delinquente, è diventato il giovane aiutante di Walter White, il più pericoloso produttore di metanfetamina del New Mexico. Dopo alcuni drastici avvenimenti, Jesse deve risolvere dei conti in sospeso.
Risulta quantomeno difficile dare un giudizio oggettivo al film El Camino in sé: si tratta infatti di uno spin-off, in forma di racconto unitario, a uno show televisivo che ha rivoluzionato lo storytelling seriale, sia qualitativamente che per la complessità di personaggi e situazioni. Aspettarsi un prodotto di eguale impatto sarebbe sbagliato, così come riferirlo troppo all'opera madre: eppure, è inevitabile. Ciò che appare chiaro fin da subito è che El Camino è un regalo ai fan di Breaking Bad, di cui ripropone molti personaggi più o meno importanti e alcune situazioni, più che una vera soluzione definitiva del destino di Jesse: questi, alla fine del film, ha fatto i conti con il proprio passato ma ha un futuro ancora aperto davanti a sé.
Vince Gilligan, showrunner e ideatore di Breaking bad (2008-13) e di Better call Saul (2015-in corso), qui ricopre per la prima volta il ruolo di sceneggiatore, regista, produttore in un singolo film.
El Camino, ennesimo tassello di una delle più appassionanti epopee del nuovo millennio, avrebbe funzionato in modo migliore come miniserie o, semmai, come triplo episodio speciale celebrativo: la scrittura di Gilligan sembra non adattarsi infatti pienamente al formato filmico.
Se i dialoghi mantengono la qualità, la profondità e l'estraniamento ironico che hanno fatto la fortuna delle serie summenzionate, a mancare è innanzitutto il tempismo della narrazione psicologica. Far evolvere un proprio personaggio, soprattutto se già così approfondito come Jesse, in due ore è diverso dal descrivere il suo arco esistenziale in cinque stagioni televisive. I flashback, per quanto toccanti è oggettivamente ben pensati, hanno a volte più l'aspetto di “operazione nostalgia” o di escamotage ellittico che di effettivi ingranaggi narrativi. L'impressione generale, almeno a osservare il soggetto, è quella di un fan service interessante ma le cui necessità conclusive avrebbero dovuto prendere un'altra piega.
Dal punto di vista formale, invece, il livello tecnico ed estetico riporta alla ritrovata qualità della serie. Va da sé che tale cura, mentre in televisione aveva destato scalpore e sorpresa, in un film potrebbe apparire più scontata. Eppure è innegabile che, per quanto riguarda il visivo, El Camino è un thriller di ottima fattura. Merito anche della fotografia di Marshall Adams, che da collaboratore storico del regista Gilligan ritorna letteralmente sul “luogo del delitto”, ammaliando di nuovo il pubblico con i consueti scenari alternati fra grandi spazi americani e occluse prigioni interiori. Sotto le aspettative, sorprendentemente, la colonna sonora di Dave Porter che aveva contribuito a rendere indimenticabile Breaking bad: lo stile ne segue le atmosfere ma, come per il soggetto e l'evoluzione dei personaggi, sembra non avere il tempo materiale di evolversi a dovere.
Punto a favore, il cast e le conseguenti interpretazioni. È proprio qui che l'obiettivo di rivolgersi ai vecchi fan della serie tocca il proprio apice: si segnalano, fra i personaggi secondari, i benvenuti ritorni di Banks, Jones e Baker, visibilmente a loro agio nel riprendere ruoli così fortunati. Apprezzata anche la comparsa di Robert Forster, attore amato da David Lynch e scomparso proprio pochi giorni dopo l'uscita di El camino. La presenza di Bryan Cranston, capace di aver creato un forte hype fra gli appassionati, è limitata giustamente all'ultima scena, in una sequenza riflessiva che conferisce senso circolare all'intera narrazione. Ovviamente il plauso maggiore va a Aaron Paul, finalmente alle prese con una storia che non lo vede più comprimario: per quanto siano passati quasi dieci anni dalla fine della serie, il suo impegno e la sua tensione emotiva riescono ad andare oltre gli ovvi mutamenti fisici che il tempo ha recato con sé.
In definitiva, El camino è innanzitutto un film di medio livello, se visto singolarmente. In secondo luogo, un esperimento interessante, da parte di Netflix, di espansione di un universo narrativo ormai integrante nella cultura pop: se non totalmente riuscito, il risultato ci comunica come le nuove forme di storytelling abbiano alte potenzialità per il futuro. Infine, un'opera di sicuro impatto emotivo ma destinata a rimanere, con tutti i vantaggi e i limiti che ciò comporta, inesorabilmente ancorata ad un'eredità insuperabile.
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