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Baz Luhrmann

Elvis | Recensione | Unpolitical Reviews

Scheda:

poster di Elvis
Titolo Originale:
Elvis
Regia:
Baz Luhrmann
Uscita:
22 giugno 2022
(prima: 22/06/2022)
Lingua Originale:
en
Durata:
159 minuti
Genere:
Dramma
Musica
Storia
Soggetto:
Baz Luhrmann
Jeremy Doner
Sceneggiatura:
Baz Luhrmann
Craig Pearce
Jeremy Doner
Sam Bromell
Fotografia:
Mandy Walker
Montaggio:
Matt Villa
Jonathan Redmond
Scenografia:
Musica:
Elliott Wheeler
Produzione:
Baz Luhrmann
Catherine Martin
Patrick McCormick
Gail Berman
Schuyler Weiss
Produzione Esecutiva:
Andrew Mittman
Casa di Produzione:
Bazmark Films
The Jackal Group
Warner Bros. Pictures
Fin Design & Effects
Budget:
$85 milioni
Botteghino:
$286 milioni
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Redazione

7.5

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

Elvis Presley
Austin Butler
Colonel Tom Parker
Tom Hanks
Priscilla
Olivia DeJonge
Gladys Presley
Helen Thomson
Vernon Presley
Richard Roxburgh
B.B. King
Kelvin Harrison Jr.
Hank Snow
David Wenham
Jimmie Rodgers Snow
Kodi Smit-McPhee
Jerry Schilling
Luke Bracey
Steve Binder
Dacre Montgomery
Tom Diskin
Leon Ford
Arthur "Big Boy" Crudup
Gary Clark Jr.
Sister Rosetta Tharpe
Yola
Dixie Locke
Natasha Bassett
Scotty Moore
Xavier Samuel
Bill Black
Adam Dunn
Little Richard
Alton Mason
Big Mama Thornton / Pentecostal Singer
Shonka Dukureh
Charlie Hodge
David Gannon
Pentecostal Pastor / Pentecostal Singer
Shannon Sanders

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

L’ascesa di Elvis Presley, l’apice del suo successo e il complicato rapporto con il manager che ha contribuito a condurlo verso il declino.

Recensione:

Presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes 2022, Elvis è il film biopic musicale diretto da Baz Luhrmann che omaggia una delle icone più straordinarie e rivoluzionarie della storia della musica.


Con il suo budget di 85 milioni di dollari, Elvis è una pellicola esteticamente affascinante e dal tono onirico, che porta in scena un artista fragile e il rapporto instabile e nocivo con il suo manager.


È il primo film biografico di Luhrmann ed anche qui, come in Moulin Rouge! e Il Grande Gatsby, la sua regia virtuosa, sgargiante e a tratti volutamente kitsch, è riconoscibile fin dall’inizio, con i titoli di testa adornati con oro e diamanti e il logo della Warner Bros ingioiellato.

A condurre la narrazione non è il cantante ma il Colonnello Tom Parker e il sarà il suo punto di vista che accompagnerà lo spettatore per tutto il tempo. Parker è un personaggio misterioso ed è importante per l’evoluzione della storia di Elvis e renderlo centrale nel film è stata una mossa originale e inaspettata. Luhrmann e i suoi co-sceneggiatori Sam Bromell e Craig Pearce usano la storia del manager estremamente disonesto di Elvis per inquadrare la storia più ampia, più gloriosa e più tragica di Elvis.

Si vede in gran parte Presley attraverso gli occhi di Parker, a partire dalla sua infanzia, che è mostrata come animata nello stile dei fumetti letti dal giovane cantante. Il film vuole e racchiudere 20 anni di vita e deve scegliere su cosa soffermarsi: ecco quindi che procede con un montaggio frenetico, a tratti quasi nevrotico, che sembra voler restituire il caos e il cambiamento di quegli anni.

L’America di Elvis è un paese fratturato in due dalle discriminazioni contro gli afroamericani, in subbuglio e in continua trasformazione sociale e politica; un contesto che il film riesce a costruire efficacemente. In pochi istanti ci si ritrova davanti ad un giovane Elvis, pieno di talento, passione per la musica e fascino che diventa però, con il passare del tempo, un’anima persa, depressa, schiacciata da un bieco sistema capitalista e manipolata da un uomo senza scrupoli.

Il film torna costantemente sulla prospettiva di Parker e troppo spesso Elvis si percepisce come uno spettatore indifeso nella sua stessa vita. Forse l’intento è quello di sottolineare come l'uomo sia diventato una pedina dei suoi collaboratori, ma Luhrmann non ha davvero l'obiettivo di approfondire questo concetto. Il suo intento sembra più quello di portare alla luce l’immagine complessiva dell’artista e la sua magia nelle performance, mancando però di profondità e pathos soprattutto nelle scene più drammatiche, come la morte della madre e la separazione con la moglie Priscilla. La fine del Re del rock and roll viene presentata con rispetto e onestà: negli ultimi momenti del film, Luhrmann ricrea uno dei resti più tristi di Elvis, un'esibizione dal vivo di "Unchained Melody" di giugno di 1977, appena due mesi prima della sua morte e le riprese del vero Elvis sostituiscono quelle dell’Elvis di Butler, in un’atmosfera commovente. Vi è una crasi ben riuscita tra filmati d’archivio e ricostruzione cinematografica, che si fondono tra loro e danno vita a una dimensione onirica e sospesa nel tempo.

Come ha fatto in The Great Gatsby, Luhrmann tenta di comunicare lo scandalo di una nuova forma di musica popolare sperimentata da artisti neri, proponendo nella colonna sonora brani contemporanei di Hip-hop e R&B che rompono gli schemi e contribuiscono a creare uno spettacolo che intrattiene e stupisce, anche se a tratti può disorientare lo spettatore.

Tra i personaggi, appare didascalica e poco pertinente la figura della moglie Priscilla, interpretata da Olivia DeJonge, che viene restituita come una figura positiva, a tratti materna, nei confronti di Elvis; cosa che sappiamo nella realtà non riflette il vero.

Austin Butler è la grande scommessa di Elvis mentre Tom Hanks è la performance che dà sicurezza. Butler, per la prima volta alle prese con un ruolo da protagonista, ha studiato il personaggio e si vede: i movimenti, gli sguardi, la voce e le doti vocali sono ottimi e sempre credibili. È timido e pacato nei panni del giovane Elvis, presuntuoso e carismatico nel fiore degli anni e alla fine impotente e fuori controllo, vivendo in modo convincente l'intero arco tragico di Presley. Hanks è il villain e con un lungo naso finto, guance protesiche gommose e una voce acuta e vagamente europea, riesce a restituire la figura controversa e viscida del suo personaggio.

Punti di forza assoluti del film sono i costumi e le scenografie esemplari e perfetti per l’epoca, con una cura particolare per ogni dettaglio.

Con la sua regia dinamica, che spazia spesso da inquadrature classiche a sperimentazioni e movimenti di macchina, il suo montaggio implacabile e la sua durata di 159 minuti, Elvis è un film interessante, non solo per il suo valore biografico, ma anche dal punto di vista storico e artistico. Luhrmann non prende posizioni controverse ma racconta il cantante tramite l'estetica, la musica, i colori e lo stile, trascurando forse quell’intensità e drammaticità che in un biopic potevano essere sicuramente gestite meglio. È una pellicola che brilla, intrattiene e lascia con una scena finale che commuove, omaggiando con rispetto un’artista che ha cambiato il mondo.

A cura di Giulia Belvedere.
Pubblicato il 21 giugno 2022.

Pro:

  • Interpretazione curata e studiata di Butler nei panni di Elvis.
  • Costumi e scenografie ineccepibili.

Contro:

  • Montaggio a tratti frenetico .
  • Mancanza di profondità nelle scene più drammatiche.

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