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Denis Villeneuve

Enemy | Recensione | Unpolitical Reviews

Scheda:

poster di Enemy
Titolo Originale:
Enemy
Regia:
Denis Villeneuve
Uscita:
23 ottobre 2017
(prima: 31/12/2013)
Lingua Originale:
en
Durata:
91 minuti
Genere:
Thriller
Mistero
Soggetto:
Sceneggiatura:
Javier Gullón
Fotografia:
Nicolas Bolduc
Montaggio:
Matthew Hannam
Scenografia:
Jim Lambie
Musica:
Saunder Jurriaans
Danny Bensi
Produzione:
Niv Fichman
Miguel A. Faura
Produzione Esecutiva:
François Ivernel
Cameron McCracken
Victor Loewy
Mark Slone
Casa di Produzione:
Rhombus Media
Roxbury Pictures
Mecanismo Films
micro_scope
Entertainment One
Pathé
Budget:
$0
Botteghino:
$3 milioni
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Redazione

8+

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

Adam Bell / Anthony Claire
Jake Gyllenhaal
Mary
Mélanie Laurent
Helen Claire
Sarah Gadon
Adam's Mother
Isabella Rossellini
Carl
Joshua Peace
Anthony
Tim Post
Security Guard
Kedar Brown
Video Store Clerk
Darryl Dinn
Lady in the Dark Room
Megan Mane
Lady in the Dark Room
Misha Highstead
Lady in the Dark Room
Alexis Uiga
Sad, Broken Woman (uncredited)
Kiran Friesen
Receptionist (uncredited)
Loretta Yu
Bouncer (uncredited)
Stephen R. Hart
Dark Room Patron (uncredited)
Paul Stephen

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

Un tranquillo docente di storia scopre l'esistenza di un proprio sosia, attore. Inizierà a esserne ossessionato e a dubitare della propria vita.

Recensione:

Tratto dal romanzo L'uomo duplicato del premio Nobel José Saramago, Enemy consacra Denis Villeneuve quale regista marcatamente autoriale e capace di portare sullo schermo storie dense di interpretazioni, riferimenti e riflessioni, pur senza inficiare gli elementi effettivi del genere di appartenenza. Se con i successivi Arrival (2016) e Blade Runner 2049 (2017) avrebbe dato un contributo essenziale al nuovo cinema di fantascienza, i suoi inizi sono nel thriller: già Polytechnique, con il suo taglio lirico e la presenza di più prospettive, era atipico nel proprio genere.

Enemy, a differenza di quest'ultimo, ha una fonte letteraria di qualità elevata: Saramago, autore politicamente impegnato (non senza controversie) e attento a rappresentare le nevrosi e lo smarrimento dell'individuo nel tardo capitalismo, ricorre a un soggetto che ha, come suo solito, uno spunto di partenza ai limiti del possibile. Da lì in poi, la trama si sviluppa nel più crudo contrasto fra l'elemento fuori-posto e il mondo contemporaneo, tanto figlio della programmazione più razionale e alienante, quanto impossibilitato a scacciare (anzi, quasi disposto ad accogliere) l'elemento irrazionale. Di tutto questo, e delle tematiche che ne seguono, fra cui quella classica del doppelganger, del potere dei media e della vita medio-borghese, Villeneuve offre una resa fedele nei toni ed efficace.

La sceneggiatura di Javier Gullón (Out of the dark, 2014; Aftermath – La vendetta, 2017) è complessa, pregna di rimandi e simbolismi (es. i ragni) che richiederebbero una visione attenta. Eppure, anche lo spettatore più superficiale non può non essere pervaso dal senso di inquietudine e ambiguità che pervade ogni dialogo, ogni momento del film. Elemento ricorrente dello storytelling è quello dei ragni, che stanno a indicare la ragnatela, mentale e concreta, dell'individuo di fronte alle proprie aspirazioni, ai propri rapporti, alle costruzioni che lo censurano.


La sceneggiatura speculare, fatta di ruoli che si ripetono (mogli/fidanzate/madri), spazialità contrastanti (il club sotterraneo/i grattacieli) e riflessioni meta-narrative (non è un caso che il sosia sia un attore di cinema, emblema del desiderio fantasmatico e irrealizzabile ma anche regno della finzione per eccellenza), viene nobilitata da una regia eccellente.


Villeneuve sa utilizzare allo stesso tempo la linearità dei thriller ad alta tensione e l'originalità di inquadrature dei film espressionisti, il rimando più evidente ai quali è proprio l'incombere degli edifici ripresi in contro-plongée.

Una menzione d'onore va anche alla fotografia di Nicolas Bolduc (Aloft, 2014; Two lovers and a bear, 2016) e al suo riconoscibile effetto seppiato che esprime ora il mistero aleggiante attorno alla situazione del protagonista, ora il grigiore della sua vita quotidiana da every-man. L'utilizzo dei chiaroscuri e delle luci di ambiente urbano, che filtrano appena attraverso le persiane semichiuse degli appartamenti, come da tradizione noir, riflette l'ambiguità e i punti d'ombra nella psiche dei personaggi. Sempre adatte, invece, ma meno incisive le musiche di Danny Bensi e Sander Jourriaans, in coppia anche per Regali da uno sconosciuto – The gift (2015) e Boy Erased – Vite cancellate (2018): se regia e fotografia infatti sono al di sopra della media, la colonna sonora si limita a seguire fedelmente gli stilemi della thriller soundtrack, sapendo sottolineare i momenti di tensione ma evitando di sperimentare troppo.

A rendere ottimo il film, inoltre, sono le interpretazioni dell'intero cast. In cui, ovviamente, spicca Gyllenhaal in un duplice ruolo tanto complesso quanto pienamente reso: le differenze caratteriali fra i due sosia sono trasmesse dall'attore con realismo e chiarezza, permettendo così di giocare ancora di più sul tema del doppio, dei conflitti interiori irrisolti e dell'ambiguità. Quello che ai tempi di Donnie Darko (2001) era una giovane promessa già alle prese con un ruolo di estrema intensità e complessità, arriva qui ad una maturazione che gli avrebbe consentito di prendere parte a narrazioni ancora più ardue, fra cui quella del protagonista di Animali notturni (2016).

In definitiva Enemy, sulla scia degli psico-thriller di un maestro del genere quale Alfred Hitchcock (La finestra sul cortile, 1954; Psyco, 1960), ma anche forte del proprio mentore letterario Saramago, conferma Villeneuve fra i migliori autori contemporanei e regala al pubblico un'esperienza di grande portata riflessiva, ma allo stesso tempo emotivamente coinvolgente.

A cura di Michele Piatti.
Pubblicato il 26 dicembre 2019.

Pro:

  • Regia e fotografia colte, fra innovazione e rispetto delle tradizioni, che sottolineano l'ambiguità della sceneggiatura.
  • Storia che, da un soggetto letterario di un premio Nobel, si sviluppa in una trama ben costruita anche se complessa.
  • Interpretazioni, in particolare quella doppia, di alto livello.

Contro:

  • Musiche non all'altezza dell'originalità presente negli altri settori.

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