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Mel Brooks

Frankenstein Junior | Recensione | Unpolitical Reviews

Scheda:

poster di Frankenstein Junior
Titolo Originale:
Young Frankenstein
Regia:
Mel Brooks
Uscita:
22 agosto 1975
(prima: 15/12/1974)
Lingua Originale:
en
Durata:
101 minuti
Genere:
Commedia
Soggetto:
Mary Shelley
Sceneggiatura:
Gene Wilder
Mel Brooks
Fotografia:
Gerald Hirschfeld
Montaggio:
John C. Howard
Scenografia:
Robert De Vestel
Musica:
John Morris
Produzione:
Michael Gruskoff
Produzione Esecutiva:
Casa di Produzione:
Crossbow Productions
Gruskoff/Venture Films
Jouer Limited
20th Century Fox
Budget:
$2 milioni
Botteghino:
$86 milioni
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Redazione

7.5

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

Frederick Frankenstein
Gene Wilder
Inga
Teri Garr
Igor
Marty Feldman
Frankenstein's Monster
Peter Boyle
Frau Blücher
Cloris Leachman
Elizabeth
Madeline Kahn
Inspector Kemp
Kenneth Mars
Gerhard Falkstein
Richard Haydn
Mr. Hilltop
Liam Dunn
Medical Student
Danny Goldman
Sadistic Jailor
Oscar Beregi Jr.
Village Elder
Arthur Malet
Inspector Kemp's Aide
Richard A. Roth
Gravedigger
Monte Landis
Gravedigger
Rusty Blitz
Little Girl
Anne Beesley
Blindman
Gene Hackman
Villager
John Madison
Orderly in Frankenstein's Class
John Dennis
Villager
Rick Norman

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

Il nipote del celebre dottor Frankenstein tenta di ricreare l'esperimento che rese famoso il nonno: dare vita a un mostro. Gli effetti saranno imprevisti e paradossali.

Recensione:

L'horror e il comico hanno sempre avuto più di un aspetto in comune. Entrambi i generi si basano sulla distorsione verso l'assurdo della realtà, producendo sensazioni di sorpresa e straniamento nello spettatore; in entrambi sono presenti mostri, intesi come personaggi fuori dal comune (in latino monstrum si traduce come ‘prodigio'). Soprattutto, la critica è a lungo stata refrattaria a considerarli cinema d'autore, per la frequente immediatezza sia della realizzazione che degli effetti ricercati sul pubblico.

Frankenstein Junior, nel 1974, è la pellicola capostipite di tante parodie, più o meno fortunate, il cui filone arriva fino alla fine degli anni 2000 con la saga di Scary movie, dall'umorismo del tutto differente.

Il regista, nonché sceneggiatore assieme all'attore protagonista Gene Wilder, Mel Brooks è un profondo conoscitore della storia del cinema, tanto da fare della parodia il proprio genere prediletto. Si sarebbe confrontato nel 1977 con Alfred Hitchcock in Alta tensione, nel 1986 con George Lucas in Balle spaziali, per poi tornare all'horror con Dracula morto è contento nel 1995. Frankenstein Junior, assieme al coevo Mezzogiorno e mezzo di fuoco, è il film che gli ha valso il maggior successo di critica e di pubblico. Il primo dei motivi è senza dubbio proprio la sceneggiatura, che riprende in chiave comica le situazioni e i personaggi del romanzo gotico di Mary Shelley (1818) e dei numerosi adattamenti cinematografici successivi. Con il gusto dell'umorismo yiddish per la battuta e il paradosso logico, Brooks e Wilder inventano una serie di situazioni linguistiche entrate ormai a far parte della parlata comune: la storpiatura dei nomi in “Frankenstin” e “Aigor”, il termine in tedesco maccheronico Schwanstucker per indicare l'organo riproduttivo e la battuta proverbiale «Potrebbe andare peggio: potrebbe piovere» sono solo alcuni esempi.

Un plauso, almeno da parte dello spettatore italiano, andrebbe inoltre al doppiaggio: se infatti il gioco di parole su Frau Blücher (“moglie del macellaio di cavalli”, alla cui nomina segue costantemente un nitrito di spavento) risulta intraducibile, la battuta «Lupo ululì, castello ululà», presente solo in italiano, e la voce di Oreste Lionello hanno contribuito al successo del film nel nostro paese.

La storia è quindi narrata per sketch comici, episodi da vaudeville e citazioni letterarie: per quanto geniali, a risentirne in più punti tuttavia è la compattezza complessiva della narrazione e il ritmo delle sezioni di raccordo fra un climax comico e l'altro. Alcuni espedienti umoristici, d'altronde, per quanto ancora gustosi potrebbero ormai risultate datati.


La regia, per quanto semplice (e caratterizzata da un montaggio ripetitivo e fastidioso nelle transizioni), conferma la conoscenza enciclopedica, in fatto di cinema, di Brooks: anche per merito della fotografia in bianco e nero di Gerald Hirschfeld (A prova di errore, 1984; Essere o non essere, 1983),


le atmosfere gotiche ed espressioniste e i voluti riferimenti all'ingenuità dei primi film horror del secolo, più che riuscite ed efficaci, sono un vero falso d'autore. Nuovamente, a scapito della qualità puramente filmica.

Fra le interpretazioni, oltre a Gene Wilder perfetto nella parte dello scienziato imbranato e nevrotico, spicca il grande caratterista Marty Feldman nel suo ruolo più iconico: i suoi ammiccamenti al pubblico, sfondando la quarta parete, e i suoi commenti fuori luogo sono fra gli elementi comici di maggior efficacia del film. Gli altri attori secondari, parodiando la rigidità vittoriana dei riferimenti originali, risultano ottime spalle comiche ai protagonisti.

In generale il film paga due prezzi altissimi. Quello della sceneggiatura discontinua è quello della forzatura parodica, che ne pregiudicano la qualità.

A cura di Michele Piatti.
Pubblicato il 21 settembre 2019.

Pro:

  • La ricercatezza parodistica delle ambientazioni gotiche.
  • Le battute fulminanti e le situazioni paradossali, ormai entrate nell'immaginario.
  • Il personaggio del caratterista Marty Feldman.

Contro:

  • La compattezza narrativa incerta, dovuta alla struttura episodica.
  • La fotografia, eccellente come parodia ma a scapito della qualità intrinseca.
  • L'irrimediabile invecchiamento di alcune battute, da considerarsi comunque nel percorso storico.

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