Mike Myers sopravvive a un incendio ed è pronto a uccidere: la cittadina di Haddonfield si mette sulle sue tracce.
Mike Myers sopravvive a un incendio ed è pronto a uccidere: la cittadina di Haddonfield si mette sulle sue tracce.
Dodicesimo film della serie iniziata con il capolavoro del 1978 Halloween – La notte delle streghe di John Carpenter (1997: Fuga da New York, 1981; Essi vivono, 1988), il nuovo capitolo celebra il mito, ormai inossidabile, di Mike Myers. Protagonista assoluto della pellicola, lo storico personaggio è ormai indistinguibile dalla sua maschera e agisce, in modo automatico e inarrestabile, esattamente come un'entità che ha trasceso la realtà per diventare incarnazione delle paure più animalesche, legate all'ignoto e alla sopravvivenza. Il dialogo con l'originale, con tanto di citazioni dirette e flashback d'epoca, è continuo: mancano tuttavia la suspense e la tensione che Carpenter, tramite scelte registiche quali il celebre piano sequenza in soggettiva iniziale, era riuscito a creare, in luogo di una più esplicita violenza. La favola malata è inquietante di Carpenter si è trasformata in un brand e Halloween Kills sembra abbracciare in pieno questa metamorfosi. Pure il fin troppo bistrattato Halloween di Rob Zombie del 2007, portandoci per una volta alla dissonanza cognitiva empatizzando con Myers, brillava di maggiore originalità.
Il problema principale di quest'ultimo capitolo risiede, innanzitutto, nella sceneggiatura di Scott Teems, David Gordon Green e Danny McBride. Quando non vuole puntare all'effetto nostalgia, ricreando pur con fedeltà ed efficacia le ambientazioni di fine anni Settanta, il film si basa sulla ripetizione con lievi variazioni degli omicidi di Myers. Alcuni di questi risultano perlomeno interessanti per un ricorso ad una sorta di umorismo macabro. Altrove, il gusto della violenza appare fine a se stesso, quasi uno riempitivo per sopperire a una carenza concettuale di fondo.
Troppo pilotate e scontate sono le svolte narrative, a cominciare dall'ennesima resurrezione finale di Myers, giustificata da una spiegazione soprannaturale appena accennata nel finale.
Più riuscita è davvero la presenza di scene demenziali, che seguono il sempre riuscito abbraccio, talvolta involontario, fra orrore e comicità: senza raggiungere i livelli di humor macabro di Rob Zombie, alcune sequenze quali il pompiere che tenta di bloccare Myers con un getto d'acqua risultano minimamente divertenti.
Scontata infine è la descrizione della cittadinanza in preda al panico per la presenza del mostro. Il tema dell'animalità della comunità che emerge in situazioni di emergenza era già stata approfondita da Fritz Lang con M – Il mostro di Düsseldorf (1931), dove però era portante il paradosso kafkiano del presunto innocente braccato dagli accusatori e la trovata coreografica vincente era la ripresa della massa cittadina nel suo insieme, contrapposta alla solitudine del mostro. Tutto questo è assente in Halloween Kills, che nella continua decimazione dei personaggi si riduce ad una riproposizione del genere survivor già vista sul grande e sul piccolo schermo.
Più riuscita, senza eccellere, è la regia di Gordon Green, che in svariate sequenze di atmosfera riesce ad essere efficace e utilizza talvolta alcuni giochi di prospettiva interessanti (fra cui la soggettiva dell'uomo che cade dalla finestra, o i riflessi di Myers nelle finestre diroccate). Mediocre la fotografia di Michael Simmonds, mentre le musiche vivono del debito con la classica colonna sonora di John Carpenter, peraltro non perfettamente arrangiata.
Quanto alle interpretazioni, al di là della fisicità del protagonista, non basta certamente la presenza di Jamie Lee Curtis, impegnata nel ruolo che le diede fama nel 1978, a risollevare una storia che non riesce a creare empatia con i personaggi. Halloween Kills, in sé, non è un prodotto terribile: risulta però confuso e troppo legato a più importanti precedenti per poter acquisire un'autonomia.
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