1830, West Point, Inghilterra. Un investigatore viene ingaggiato per la risoluzione di un mistero. Ad aiutarlo nelle sue indagini è il poeta Edgar Allan Poe ed è proprio grazie a lui che il mistero viene chiuso definitivamente.
1830, West Point, Inghilterra. Un investigatore viene ingaggiato per la risoluzione di un mistero. Ad aiutarlo nelle sue indagini è il poeta Edgar Allan Poe ed è proprio grazie a lui che il mistero viene chiuso definitivamente.
The Pale Blue Eye, tratto dall'omonimo romanzo di Louis Bayard, è un giallo pieno di indizi dati in pasto al pubblico in modo così evidente da passare inosservati e ci si ritrova a fine film, a sistemare tutti i pezzi insieme ad A.Poe, come fossimo partecipanti attivi delle sue indagini.
Del resto però non si può evitare di notare che è la tipica dinamica del genere: indagini, indizi, sospetti, molteplici piste, accadimenti che cambiano le carte in tavola, l'attesa risoluzione del mistero e poi ecco che il gioco cambia nuovamente e si scopre un quadro diverso, con un diverso finale.
Il tutto risulta credibile e intrigante, ma nulla di nuovo ed originale.
Il ritmo è lento e riflessivo all'inizio, con una carrellata consistente di personaggi e fatti senza avere il tempo di capire le informazioni date dagli stessi, per poi essere animato e coinvolgente negli ultimi 40/50 minuti, quando i personaggi e le relazioni che li legano sono chiare e siamo pronti a raccogliere i frutti, ormai maturi, delle indagini.
The Pale Blue Eye inizia e ci ritroviamo avvolti da una folata di vento, sentiamo le guance rosse ci sembra quasi di poter vedere fumo uscire dalla nostra bocca. Tutto questo grazie alla buona riuscita della fotografia, che rende in modo chiaro ed efficace il freddo invernale e lo condivide con lo spettatore.
Anche la scenografia è efficace e credibile, nonostante sia limitata a pochi ambienti, il che non aiuta particolarmente a movimentare le dinamiche del film.
L'esterno dell'accademia, lo studio del medico, la sala da pranzo dei Marquis e il bar, sono questi i grandi protagonisti della scenografia, ben fatti, e per questo ben curati.
La stessa filosofia è stata applicata ai personaggi, che risultano chiari e credibili nelle loro intenzioni, ma non approfonditi nella loro psicologia.
Ad essere approfondita è invece la struttura psicologica del giallo, delle motivazioni che spingono l'essere umano a compiere determinate azioni (come omicidi e profanazione di cadaveri) e come vengono affrontate le conseguenze a seconda delle diverse e mutevoli circostanze.
L'interpretazione di Christian Bale lascia l'amaro in bocca.
Dopo averlo visto in The Fighter (David O.Russel, 2010), in American Hustle (David O.Russel, 2013), ne La grande scommessa (Adam McKay, 2015) e ne Il cavaliere oscuro (Christopher Nolan, 2008) ci si aspetta l'ennesima interpretazione impeccabile, invece sullo schermo si presenta un attore certamente bravo, ma non irresistibile.
A spiccare è Harry Melling, nel ruolo di Edgar Allan Poe.
Si nota l'impegno dell'attore nel volersi scrollare di dosso il ruolo di Dudley Durseley, cugino di Harry Potter, come inteso nelle sue ultime dichiarazioni.
A farci apprezzare ancora di più l'interpretazione di Melling è proprio il suo personaggio.
Per Allan Poe tutto ha e deve avere un significato, una spiegazione, ed è proprio questa sua mentalità a trainare l'intero film.
The Pale Blue Eye si aggiunge quindi alla pila di gialli ben riusciti, ma senza infamia ne lode.
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