Un'alterazione della rotazione terrestre porta a strane anomalie in tutto il mondo, tra cui l'insorgere di orde di zombie.
Un'alterazione della rotazione terrestre porta a strane anomalie in tutto il mondo, tra cui l'insorgere di orde di zombie.
Film d'apertura della settantaduesima edizione del Festival di Cannes, I morti non muoiono prova a essere una parodia di vecchie pellicole cult del cinema horror come La notte dei morti viventi (1968), con una sottotrama di critica della società americana odierna, passando da Donald Trump fino al riscaldamento globale.
Il cast di altissimo livello non riesce a sostenere una trama che non si capisce bene dove vuole portare. Più che il soggetto in sé, il vero scheletro del film è la critica sociale: l'alterazione della rotazione terrestre e i vari cambiamenti che essa comporta, con scettici inclusi, è una metafora (non molto velata) del problema climatico legato riscaldamento globale che, esattamente come nel film, molte persone sembrano ignorare. Così come lo slogan Trumpiano “Make America Great Again” che nel film diventa il ben più esplicito “Keep America White Again” sul cappellino dello scontroso personaggio interpretato da Steve Buscemi. Fino ai protagonisti del film, ovvero i morti viventi, che, perfino nella loro nuova esistenza di zombie, non vogliono staccarsi dai vizi e dalle dipendenze che li hanno accompagnati in vita come l'alcool, il narcisismo, i social media e perfino il caffè.
L'impassibilità degli agenti di polizia di fronte all'imminente catastrofe potrebbe essere letta con un gioco ironico di personificazione: ovvero che anche i vivi agiscono esattamente come i non morti e si sottintende ancora una volta la dimensione della critica satirica al modo di vivere odierno, passivo e nonsense. Senza contare che gli unici che sembrano salvarsi durante l'apocalisse sono le persone che sono estraniate dalla società: la becchina aliena Zelda, i tre ragazzini in riformatorio e l'eremita Bob.
Un' ulteriore lettura del comportamento atipico dei protagonisti potrebbe essere spiegata da un significato metafilmico della pellicola, che spiegherebbe anche il dialogo tra il commissario Robertson e l'agente Peterson: i personaggi reagiscono così perché è come se sapessero esattamente come finirà il film (come viene citato); dopo tutto, si tratta pur sempre un film sugli zombie, con l'ennesimo copione scontato, ed è con questa convinzione che Jim Jarmusch (Paterson, 2016; Solo gli amanti sopravvivono, 2013) gioca con la dimensione cinematografia e costruisce la sua parodia.
Questa ironia sprezzante però trova la sua dimensione solo attraverso una lettura implicita del film, dal punto di vista visivo non traspare nulla, se non qualche scenetta comica che a volte funziona (come la scena con la smart rossa fiammante e decappottabile dell'agente Robertson) e altre volte invece no.
La regia si limita a un piano molto accademico e non conferisce nessuna caratteristica stilistica alla pellicola, così come la fotografia.
Nel corso della narrazione ci si imbatte in alcuni buchi narrativi: qual è il ruolo degli hipster? Esattamente cosa succede alla Luna? Chi accidenti è Zelda?
È dunque doveroso pensare che l'unico aspetto che funziona del film è proprio la sottile critica metaforica che si vuole conferire, al di là di questo, sia dal punto di vista tecnico che da quello narrativo, non sono presenti momenti degni di nota o eccezionali particolarità stilistiche.
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