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Paolo Virzì

Il capitale umano | Recensione | Unpolitical Reviews

Scheda:

poster di Il capitale umano
Titolo Originale:
Il capitale umano
Regia:
Paolo Virzì
Uscita:
3 dicembre 2013
(prima: 9/01/2014)
Lingua Originale:
it
Durata:
109 minuti
Genere:
Dramma
Soggetto:
Sceneggiatura:
Francesco Bruni
Francesco Piccolo
Paolo Virzì
Fotografia:
Jérôme Alméras
Montaggio:
Cecilia Zanuso
Scenografia:
Emanuela Colombo
Musica:
Carlo Virzì
Produzione:
Fabrizio Donvito
Marco Cohen
Benedetto Habib
Produzione Esecutiva:
Casa di Produzione:
Motorino Amaranto
Indiana Production Company
Manny Films
RAI Cinema
Budget:
$6 milioni
Botteghino:
$5 milioni
Carica Altro

Redazione

4.5

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

Carla Bernaschi
Valeria Bruni Tedeschi
Dino Ossola
Fabrizio Bentivoglio
Giovanni Bernaschi
Fabrizio Gifuni
Roberta
Valeria Golino
Donato, il professor Russomanno
Luigi Lo Cascio
Serena Ossola
Matilde Gioli
Massimiliano Bernaschi
Guglielmo Pinelli
La signora Pierret
Isabelle Tanakil
ispettore
Bebo Storti
Luca Ambrosini
Giovanni Anzaldo
Giampi
Gigio Alberti
Adriana Crosetti
Silvia Cohen
l'assessore
Alessandro Betti
Rosanna Bertoncelli, critica teatrale
Federica Fracassi
Signora Ester
Pia Engleberth
zio Davide
Paolo Pierobon
Fabrizio, il ciclista
Gianluca Di Lauro
ean Louis, l'assistente di Bernaschi
Michael Sart
Francesco Alberici
Alessandro Milzoni
Marie Rose Bertolazzi
Anna Lazzeri

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

I destini di due famiglie si scontrano tragicamente dopo che un ciclista viene investito da un uomo misterioso.

Recensione:

Liberamente ispirato dal romanzo omonimo di Stephen Amidon, Il capitale umano è l'undicesimo lungometraggio di Paolo Virzì (Ovosodo, 1997; La pazza gioia, 2016), regista livornese che ha riscosso, non sempre meritatamente, assai successo nel panorama cinematografico italiano. Negli ultimi vent'anni lo spettatore medio è stato ripetutamente tediato dalle numerose produzioni spazzatura che il cinema italiano ha sfortunatamente lanciato, e un autore come Paolo Virzì, apparentemente dissonante con il tipo di film citati pocanzi, è stato elogiato non poco per i modi in cui i suoi film facevano critica sociale del e per il paese italico. Tuttavia, come in altre sue opere, le uniche virtù de Il capitale umano le possiamo osservare nelle sole componenti di regia e fotografia. Indubbiamente non perfetto, il totale reparto visivo è l'elemento che soffre in misura minore dei difetti complessivi del film. Il montaggio tuttavia si trova a lottare con una narrazione di per sé già caotica, motivo di confusione per lo spettatore, incapace di distinguere le due linee temporali disordinatamente proposte.

La reale debolezza de Il capitale umano però è la sceneggiatura: nella costruzione di un intreccio farraginoso, dialoghi noiosi, personaggi abbozzati e finale inconcludente. Due famiglie, narrativamente simulate, alle prese con un evento tragico, nel tentativo di accentuare un problema tutto italiano: il degrado culturale, derivato comunemente da uno spasmodico attaccamento al denaro. Per quanto si possa apprezzare lo sforzo, la realizzazione fa acqua da tutte le parti.


L'approfondimento psicologico dei ruoli chiave è completamente assente, e la volontà del regista di sprovincializzare la commedia all'italiana con un'ambientazione atipica come quella brianzola, si rivela un riproporsi catastrofico di luoghi comuni che dimostrano ben poca valenza narrativa.


L'alta borghesia è a malapena accennata; attorno alle famiglie coinvolte non vi è sensibilità (dialoghi freddi, falsi), né viene valorizzato l'autentico clima italiano degradante al quale Virzì avrebbe dovuto puntare. Si evince la solita posizione politica ambigua: a tratti di qua e a tratti di là. Una finta critica altolocata che, in fondo, non dà colpe a nessuno.

Le musiche rappresentano un'ulteriore problematica del film: per lo più assenti quando la narrazione lo richiedeva (per esempio nella primissima scena), altrimenti inserite fuori contesto e/o armonicamente dilettantesche. Gli attori, di cui tre inspiegabilmente premiati al David di Donatello (tornando a quel sintomo italiano di inizio articolo), si rivelano, salvo poche eccezioni, in perenne fuori parte, o addirittura amatoriali (il personaggio di Massimiliano per esempio è interpretato esageratamente male).

Una mediocrità complessiva fa da cappello a questo capitale umano, pressapochista nei modi in cui viene presentato, e concluso senza capo ne coda con dei titoli di coda totalmente insensati. Va quindi intrapresa una riflessione: lo spettatore aveva realmente bisogno di questo film per comprendere quel mero “rimprovero” finale?

A cura di Jacopo Castiglione.
Pubblicato il 22 ottobre 2020.

Pro:

  • Regia e fotografia non ottime, ma di mestiere.

Contro:

  • Trattamento e sceneggiatura approssimativi, lontani dal proporre un messaggio critico funzionale e sincero.
  • Montaggio e musiche completamente sconclusionati.
  • Interpretazioni attoriali nel complesso negative.

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