Una ragazzina dotata di un ciondolo magico e un giovane minatore si mettono sulle tracce della misteriosa fortezza volante di Laputa. A inseguirli, l'esercito e i pirati dell'aria.
Una ragazzina dotata di un ciondolo magico e un giovane minatore si mettono sulle tracce della misteriosa fortezza volante di Laputa. A inseguirli, l'esercito e i pirati dell'aria.
Terzo lungometraggio di Hayao Miyazaki (La città incantata, 2001), che firma anche soggetto e sceneggiatura, Il castello nel cielo è di per sé un'efficace sintesi delle tematiche più care al maestro dell'animazione giapponese. Dal precedente Nausicaa della Valle del vento (1984) è ripreso innanzitutto il tema ecologista, qui declinato con forti accenni antimilitaristi e, più sottovoce, politici. Le ambientazioni temporali e geografiche, imprecisate, rimandano al genere narrativo dell'utopia e della distopia, due facce della stessa medaglia: la leggendaria Laputa, inizialmente presentata come civiltà perduta presumibilmente favolosa e utopica, si scopre in realtà foriera di possibili disastri, frutto di un eccesso di ingegneria “magica” militare al servizio della violenza. L'epoca di uscita del film è quella della Guerra fredda e del timore di un possibile conflitto nucleare, ma è ancora più facile leggere nel film di Miyazaki forti riferimenti al Secondo conflitto mondiale e alle tragedie atomiche di cui il suo Paese è stato vittima. A ben vedere, sia la tematica ecologica che quella distopica sono per questo motivo particolarmente forti negli anime: l'esempio più celebre in merito, l'acclamata serie di Neon Genesis Evangelion (1996) di Hideaki Anno, peraltro cita direttamente Laputa nel design degli Angeli: oltre all'aspetto e alla volatilità, il complesso rapporto fra organico e macchinino, naturale e artificiale sembra particolarmente simile a quello dei robot della fortezza volante di Miyazaki.
Altro elemento forte del regista giapponese è il mondo dell'infanzia, quasi sempre protagonista delle sue storie. La sceneggiatura, di carattere fantastico e avventuroso, si configura come romanzo di formazione con la più tradizionale struttura della favola. Non vi è nulla di sorprendente negli elementi narrativi, classici e conosciuti, ma proprio per questo la narrazione segue tutte le tappe di quello che Cristian Vogler ha chiamato «Viaggio dell'eroe»: dall'iniziale chiamata all'avventura, che costringe i protagonisti all'abbandono del mondo ordinario verso quello straordinario, all'incontro con mentori (l'eremita delle miniere), avversari che si rivelano alleati (i pirati) e nemici shapeshifter (Muska), fino alla prova finale (l'abbandono di Laputa) e al ritorno con l'elisir che, in tal caso, corrisponde a una piena consapevolezza dei rischi e delle responsabilità di un potere soprannaturale come quello della fortezza. Attraverso dialoghi semplici ma ironici, malamente riadattati in italiano dal controverso Gualtiero Cannarsi, e situazioni ora tensionali ora picaresche, i personaggi risultano chiari e ben delineati: dalla simpatica e sgangherata combriccola di pirati, fino al villaggio di poveri operai e militari nella cui rappresentazione Miyazaki sembra riversare le proprie dichiarate convinzioni socialiste e antimilitariste.
Se la sceneggiatura si attiene quindi a modelli letterari già noti, ma sviluppati con brio, è nella regia che Miyazaki offre il proprio meglio.
Grazie alle impressionanti, non solo per l'epoca, animazioni, alcune sequenze rimangono fra le migliori della produzione Ghibli:
vanno citate in particolare l'inseguimento fra macchina e treno sulle rotaie sospese, capolavoro di slapstick avventuroso e citazione del precedente Lupin III – Il castello di Cagliostro (1979), le scene di combattimento e movimento aereo la cui maestria si ritroverà in Porco Rosso (1992) e le ambientazioni di Laputa. Quella di Miyazaki è una vera capacità di creare mondi fantastici eppure così ancorati a significati del reale: sovvertendo le norme della logica, quasi con le modalità di un quadro di Renée Magritte (si veda Il castello dei Pirenei, 1959), l'animazione riporta lo spettatore a memorie archeologiche e immaginifiche. Le scenografie della fortezza, a cura di Toshio Nozaki e Nizou Yamamoto, sono visivamente spettacolari e reggono ancora il confronto con l'animazione non digitale odierna.
Da sottolineare, infine, il montaggio di Miyazaki, in collaborazione con Takeshi Seyama (Paprika, 2006) e Yoshihiro Kasahara, opportunamente alternato fra frenesia delle scene d'azione e fissità dei momenti ieratici, e le musiche di Joe Hisaishi (collaboratore, oltre che di Miyazaki, di Takeshi Kitano per titoli quali Sonatine, 1993). Queste ultime sono capaci di forte espressività, variando continuamente di generi e toni, dall'ironico al drammatico e sognante. Miyazaki è ancora ai suoi esordi, e qualche semplificazione a livello di scrittura o caratterizzazione animata è percepibile: tuttavia Laputa resta fra le prime pietre miliari di un'intero filone e della storia produttiva dello studio Ghibli, nonché fra i titoli maggiormente memorabili e, ancora oggi, fruibili dal pubblico di ogni età.
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