Scheda:
Titolo Originale:
Il primo re
Uscita:
31 gennaio 2019
(prima: 31/01/2019)
Soggetto:
Filippo Gravino
Francesca Manieri
Matteo Rovere
Sceneggiatura:
Filippo Gravino
Francesca Manieri
Matteo Rovere
Fotografia:
Daniele Ciprì
Giuseppe Maio
Montaggio:
Gianni Vezzosi
Scenografia:
Carlo Serafin
Produzione:
Matteo Rovere
Andrea Paris
Casa di Produzione:
Groenlandia
GapBusters
Roman Citizen Entertainment
RAI Cinema
Carica Altro
Cast:
Trama:
Anticipazione
Trama Completa
Reinterpretazione del mito fondativo di Roma: i due fratelli Romolo e Remo, a capo di un manipolo di ex-prigionieri, attraversano il Lazio del VIII secoli a.C. verso le rive del Tevere. Ma il volere degli dei è chiaro: solo uno dei due sopravvivrà all'altro e sarà ricordato come primo re.
Lazio, 753 a. C., i due fratelli Romolo (Alessio Lapice) e Remo (Alessandro Borghi) vengono catturati da un manipolo guerriero di Alba Longa. Uniti da un forte legame affettivo, i due riescono a sgominare i soldati e a liberare gli altri prigionieri latini. Rapita la sacerdotessa vestale Satnei (Tania Garribba), custode del fuoco sacro, l'improvvisato gruppo nomade si avvia alle rive del Tevere, attraverso i selvaggi boschi laziali. Remo appare da subito destinato al ruolo di leader, violento e carismatico, e si preoccupa di proteggere il fratello rimasto gravemente ferito durante la ribellione.
Dopo aver conquistato un piccolo villaggio, Remo se ne autoproclama re. Satnei però vaticina che uno dei due fratelli, futuro padre di un immenso impero, dovrà uccidere l'altro. Non accettando il sacrifico di Romolo, Remo in un delirio di onnipotenza dà fuoco al villaggio e condanna la vestale alla balia delle bestie notturne. Questa, prima di morire sbranata, ribadisce il volere ineluttabile degli dei:
sarà tuttavia Romolo a sconfiggere Remo, vittima della propria ambizione, e a fondare una civiltà prospera e duratura.
Ormai la comunità, con Romolo ormai guarito, è divisa: lo scontro finale avviene proprio presso il Tevere, quando Remo, in segno di sfida, supera la linea sacra di demarcazione tracciata dal fratello. Il duello che ne consegue vede vincitore Romolo; il nuovo re allestisce una pira funebre per Remo e decreta che il nuovo impero a venire prenderà il nome di Roma.
Recensione:
Il “primo re” del titolo non si riferisce tanto all'effettivo fondatore mitico di Roma, quanto a Remo, di cui il film traccia una personale discesa agli inferi dal sapore quasi shakespeariano. Complice di questa vera e propria indagine sul “cuore di tenebra” del protagonista, l'ottima recitazione, da teatro tragico, di un Alessandro Borghi che riesce a comunicare con la sola espressività facciale più sfumature psicologiche di qualsiasi discorso. Gli fanno seguito Alessio Lapice e tutto il resto del cast con interpretazioni credibili, buona dimestichezza nelle scene di lotta e capacità di adeguarsi allo scenario particolare.
È infatti la ricostruzione anti-celebrativa del Lazio arcaico uno dei punti di forza del film.
Il regista Matteo Rovere (Veloce come il vento, 2016) guarda a quel filone cinematografico, finora inedito in Italia, di dramma storico brutale e realistico cui appartengono Apocalypto (Mel Gibson, 2006), Valhalla Rising (Nicolas Refn, 2009) e The Revenant (Alejandro G. Inarritu, 2015).
Comune a tutti e quattro è innanzitutto la rappresentazione di una natura primordiale e ostile, quasi onirica nel suo essere investita dall'umanità antica di significati sacrali: le visioni mistiche si alternano al timore per gli spiriti del bosco, pervaso da una luce naturale nobilitata dalla fotografia wide-screen di Daniele Ciprì (La pecora nera, 2010; Fai bei sogni, 2016). In secondo luogo, assieme all'evidente cura nei costumi di Valentina Taviani, il realismo storico si regge in gran parte sulla sceneggiatura di Rovere stesso e dei suoi abituali collaboratori Francesca Manieri e Filippo Gravino: al di là dell'operazione riuscita di rendere coinvolgente una storia nota, e tutto sommato lineare, risalta all'orecchio il proto-latino arcaico che costituisce interamente i dialoghi ed è stato supervisionato da un team dell'Università La Sapienza di Roma.
Si tratta di uno stile di messa in scena che non appartiene alla tradizione italiana, più abituata agli artificiosi peplum degli anni '60, e le ingenuità non mancano, nell'incertezza se seguire la strada dell'epos o della storia materiale; rappresenta tuttavia una premessa interessante per una produzione italiana che mira finalmente al mercato internazionale. Forse, con qualche ammiccamento di troppo al gusto del kolossal epico hollywoodiano, in particolare con la scelta di concludere il film con il nome di Roma e mostrarne, su una cartina del Mediterraneo che fa da sfondo ai titoli di coda, le successive conquiste: un finale che stona visibilmente con l'estetica del film. Così come stonano, in alcuni non evidenti ma comunque percettibili, alcuni errori di continuità el montaggio (la posizione degli attori in determinate scene).
A cura di Michele Piatti.
Pubblicato il 9 febbraio 2019.
Pro:
- La rappresentazione della natura, resa con illuminazione al naturale.
- La recitazione fisica di Borghi e del cast.
- Il respiro arcaico della messa in scena, grazie ai dialoghi in proto-latino.
Contro:
- Regia a volte incerta fra l'epico e il realistico.
- Finale poco coerente stilisticamente con il resto.
- Alcuni errori di continuità nel montaggio.
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