Il ritorno del Signore Oscuro Sauron induce una compagnia di nove eroi della Terra di Mezzo a intraprendere un viaggio per distruggerne l’Anello del Potere.
Il ritorno del Signore Oscuro Sauron induce una compagnia di nove eroi della Terra di Mezzo a intraprendere un viaggio per distruggerne l’Anello del Potere.
Primo capitolo della trilogia tratta dall’eponima opera letteraria di J.R.R. Tolkien (1954), La Compagnia dell’Anello inaugura il nuovo millennio cinematografico innalzando a vette apparentemente irraggiungibili la qualità del genere fantasy.
Fedele capolavoro di adattamento da libro a grande schermo, il kolossal di Peter Jackson è stato in grado di rinnovare gli standard e gli stilemi del cinema fantastico a venire, non solo vincendo quattro delle tredici candidature agli Oscar ma donando volto, spessore e immagine ai personaggi e ai luoghi del complesso universo narrativo di Tolkien con tale efficacia che risulta ormai impossibile, nell’immaginario collettivo, scindere la versione cinematografica da quella letteraria. Una così felice combinazione fra Settima Arte, riscontro di critica e di pubblico e sapienza nel gestire la vastità del racconto di partenza è tutt’ora insuperata, sia nel cinema che nel piccolo schermo, a più di vent’anni dall’uscita delle sale.
Proprio la sceneggiatura di Peter Jackson (Amabili resti, 2009), Fran Walsh e Philippa Boyens (Macchine Mortali, 2018) è il primo punto di forza del film. Se parte del merito risiede nell’importanza del soggetto di Tolkien, è innegabile come la fedeltà all’originale, in questo caso, premi con la buona riuscita del progetto. L’epopea di Frodo segue alla perfezione i passaggi dello schema narrativo universale noto come Viaggio dell’Eroe, mentre l’ingresso in medias res dei personaggi, tutti perfettamente definiti, inserisce lo spettatore direttamente nel contesto della Terra di Mezzo. Le varietà di caratteri dei suoi abitanti è ben definita sia nelle loro singolarità, mai appiattite ma sempre descritte a tutto tondo, che nel gioco di intrecci. L’alternanza fra sequenze d’azione, intime e anche umoristiche porta con incalzante scorrevolezza verso il finale, significativamente corrispondente con il punto di svolta vero e proprio della missione di Frodo.
Efficace anche l’operazione di sintesi degli antefatti, affidata dall’alternanza fra dialogo e flashback esplicativi.
La durata mastodontica del film mostra per certi versi i limiti stessi della fedeltà di adattamento seriale da un media a un altro e tuttavia non intacca per niente l’efficacia e il ritmo narrativi.
Alla regia di Jackson va, fra i tanti meriti, soprattutto quello di avere coordinato con sapienza i comparti di produzione, tutti al massimo livello. Cofondatore assieme a Richard Taylor di Weta Workshop e Weta Digital, Jackson affida proprio a queste l’onere di marcare un passaggio fondamentale della storia cinematografica quale il passaggio dagli effetti analogici a quelli digitali. Ne La Compagnia dell’Anello si incontrano due mondi diversi dell’effettistica e dell’illusionismo filmico, con un dispiegamento di tecniche impressionante per varietà e riuscita. Dalla prospettiva forzata al chroma key, dalla grafica computerizzata di personaggi e comparse alla realizzazione materiale di certe scenografie e costumi, quanto mobilitato da Jackson e da Taylor riesce a eguagliare visivamente la qualità letteraria di Tolkien.
Eccellente anche la fotografia di Andrew Lesnie (Io sono Leggenda, 2007), con un utilizzo sapiente della color correction a caratterizzare le ambientazioni: il nero di Mordor, la sovraesposizione per Gran Burrone, il rosso acceso per Moria e il verde della Contea.
Ulteriore aspetto di sicura riuscita è la colonna sonora del triplice premio Oscar Howard Shore. L’aspetto compositivo è tanto complesso quanto semplice, con armonie ben strutturate e melodie capaci di imprimersi nella memoria dell’ascoltatore, identificando in maniera inequivocabile scene, paesaggi e sequenze del film. Ottime inoltre l’esecuzione orchestrale e il mixaggio.
Quanto al cast, è inutile sottolineare come per la maggior parte degli interpreti la trilogia del Signore degli Anelli rappresenti tutt’ora il punto più alto, anche solo a livello di popolarità nell’immaginario collettivo, della loro carriera: fra tutte le ottime performance attoriali, già ampiamente celebrate altrove, si sottolinea quella di Serkis, innovativa e ormai storica per la capacità dell’attore di interfacciarsi con la tecnologia della motion capture.
La Compagnia dell’Anello ha i caratteri dell’overture all’intera vicenda della trilogia: se lo scopo di un capitolo introduttivo è calare il fruitore nel mondo immaginario, conquistandolo per credibilità, coerenza e climax del racconto, allora l’opera di Jackson vi riesce alla perfezione.
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