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Woody Allen

Io e Annie | Recensione | Unpolitical Reviews

Scheda:

poster di Io e Annie
Titolo Originale:
Annie Hall
Regia:
Woody Allen
Uscita:
19 agosto 1977
(prima: 19/04/1977)
Lingua Originale:
en
Durata:
93 minuti
Genere:
Commedia
Dramma
Romance
Soggetto:
Sceneggiatura:
Woody Allen
Marshall Brickman
Fotografia:
Gordon Willis
Montaggio:
Ralph Rosenblum
Wendy Greene Bricmont
Scenografia:
Robert Drumheller
Justin Scoppa Jr.
Barbara Krieger
Musica:
Produzione:
Charles H. Joffe
Jack Rollins
Produzione Esecutiva:
Robert Greenhut
Casa di Produzione:
United Artists
Rollins-Joffe Productions
Budget:
$4 milioni
Botteghino:
$38 milioni
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Redazione

9-

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

Alvy Singer
Woody Allen
Annie Hall
Diane Keaton
Rob
Tony Roberts
Allison
Carol Kane
Tony Lacey
Paul Simon
Pam
Shelley Duvall
Robin
Janet Margolin
Mrs. Hall
Colleen Dewhurst
Duane Hall
Christopher Walken
Dad Hall
Donald Symington
Grammy Hall
Helen Ludlam
Alvy's Dad
Mordecai Lawner
Alvy's Mom (as Joan Newman)
Joan Neuman
Alvy - Age 9
Jonathan Munk
Alvy's Aunt
Ruth Volner
Alvy's Uncle
Martin Rosenblatt
Joey Nichols (as Hy Ansel)
Hy Anzell
Aunt Tessie
Rashel Novikoff
Man in Theatre Line
Russell Horton
Marshall McLuhan
Marshall McLuhan

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

Un comico newyorkese ripercorre le tappe che lo hanno portato a rompere con la sua fidanzata, fra psicanalisi e ironiche divagazioni.

Recensione:

Io e Annie si colloca, nella carriera di Woody Allen, in quella fase di transizione che porta il regista newyorkese dalle commedie demenziali (Amore e guerra, 1975) al dramma ironico e sofisticato di stampo più intellettuale (Manhattan, 1979). Fra i più grandi successi di critica e di pubblico di Allen, con ben quattro premi Oscar, la pellicola può essere una summa di quegli elementi alleniani che ne marcavano, almeno fino al 2000, lo stile: la frammentazione della sintassi filmica, per cui è dato allo spettatore di ricostruire il quadro generale della narrazione; l'umorismo verbale colto e citazionista; la rottura della quarta parete, strettamente correlata alla pratica psicanalitica; la regia semplice a favore della complessità di significati dialogici.

Sono appunto i dialoghi, e la sceneggiatura nel complesso, la forza propulsiva del film. L'assoluta e banale semplicità del soggetto viene viene superata dalla ricchezza di situazioni, umoristiche e sociali, presentate attraverso le sagaci battute di Allen. Costruita come un grande monologo interiore, la creazione dei dialoghi rappresenta, per quanto fortemente introspettiva, una forte denotazione realistica.

Il lavoro di montaggio risente sicuramente dell'arretratezza di tecnica del tempo, con stacchi frequenti e frenetici, risultano oramai tecnicamente demodè.


Anche la metà-cinematografia, in pieno stile New Hollywood, è di supporto: il cinema, sembra dirci Allen, è come la psicanalisi un mezzo per sognare l'animo e le relazioni umane, fra passato e presente. Così diventa possibile, in una delle scene più sperimentali del film, ascoltare i dialoghi fra Allen e Keaton e leggere in sottotitoli i loro pensieri reconditi e inespressi.


A incarnare quelle che, nella scrittura di Allen, sono due vere forze cosmiche del disagio postmoderno, Allen e una Keaton da Oscar.

A cura di Linda Giulio e Michele Piatti.
Pubblicato il 2 ottobre 2019.

Pro:

  • La metacinematografia come strumento narrativo.
  • Le interpretazioni dei protagonisti.
  • I dialoghi in pieno stile Allen, ironici e colti.

Contro:

  • Montaggio sottotono e tecnicamente datato.

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