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Lawrence Fowler

Jack in the box | Recensione | Unpolitical Reviews

Scheda:

poster di Jack in the box
Titolo Originale:
The Jack in the Box
Regia:
Lawrence Fowler
Uscita:
17 settembre 2020
(prima: 9/11/2019)
Lingua Originale:
en
Durata:
87 minuti
Genere:
Horror
Soggetto:
Sceneggiatura:
Lawrence Fowler
Fotografia:
Montaggio:
Scenografia:
Musica:
Produzione:
Produzione Esecutiva:
Casa di Produzione:
Up A Notch Productions
Budget:
$0
Botteghino:
$1 milioni
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Redazione

2-

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

Casey Reynolds
Ethan Taylor
Jack
Robert Strange
Lisa Cartwright
Lucy-Jane Quinlan
Norman Cleaver
Philip Ridout
Rachel Thompson
Darrie Gardner
Gwen Parkinson
Stacey Lynn Crowe
Aaron Bishop
Vinnie Clarke
David Onyilogwu
Charles Abomeli
Maurice Ainsworth
Tom Carter

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

Dopo il rinvenimento di un antico “Jack in the box”, i suoi proprietari hanno ben presto motivo di credere che il raccapricciante clown a molla nascosto al suo interno sia un'entità demoniaca.

Recensione:

Se negli ultimi anni il genere horror è stato risollevato da una serie di pellicole che sono state in grado di infondergli nuova linfa, al punto da andare a costituire quella che può essere definita a pieno titolo una vera e propria new wave del genere (si pensi a Scappa – Get Out (2017) e Noi (2019) di Jordan Peele, Hereditary – Le Radici del Male (2018) e Midsommar – Il Villaggio dei Dannati (2019) di Ari Aster, The Vvitch (2015) e The Lighthouse (2019) di Robert Eggers), non mancano purtroppo le eccezioni. Jack in the box è senza alcun dubbio una di queste.

Il film in esame, oltre a presentare una serie di limiti tecnici sui quali ci si soffermerà a breve, si basa su un soggetto di per sé estremamente debole: quello del clown assassino, infatti, è uno stereotipo fin troppo abusato dalla cinematografia contemporanea e la sua estenuante reiterazione rappresenta sempre più un elemento di folclore che di orrore. Per lasciare un segno, una pellicola che parte da un'idea così poco originale ha tre strade non necessariamente alternative da percorrere: la prima è quella di costruire la narrazione su una sceneggiatura innovativa, che riesca a dare qualcosa di nuovo a un soggetto ormai vecchio; la seconda consiste nel coinvolgere lo spettatore mediante componenti tecniche ed estetiche di alto livello; la terza è quella di puntare su un cast particolarmente capace, che dia profondità ai personaggi principali. Ebbene, Jack in the box non fa nulla di tutto ciò, risultando gravemente insufficiente sotto ogni punto di vista.

La sceneggiatura, oltre ad essere di una banalità disarmante, presenta anche diverse contraddizioni logiche: non si capisce ad esempio come Casey rispondendo al telefono avrebbe potuto impedire la morte della sua ragazza (la quale, inseguita da un malvivente, al posto di chiamare insistentemente lui avrebbe forse fatto bene a rivolgersi al 911); o, ancora, non ci si capacita di come Jack riesca ad uccidere violentemente tutte le sue vittime senza lasciare mai la minima traccia di sangue (eccezion fatta per la povera direttrice del museo, di cui rimane un piede); così come poco chiaro risulta il perché l'esperto demonologo, pur sapendo perfettamente cosa stia accadendo ad Hawthorne, sia dapprima tanto reticente nel parlare con Casey, ma poi all'improvviso cambia idea e lo aiuta. A peggiorare le cose sono le pessime interpretazioni del cast, le quali, combinate all'infima qualità dei dialoghi, creano un conturbante effetto comico, di cui lo spettatore avrebbe volentieri fatto a meno.


Dal punto di vista strettamente tecnico, le cose non migliorano. Ogni componente filmica si rivela all'insegna dell'amatorialità. Tutto appare estremamente dozzinale, quasi improvvisato.


La fotografia risulta fin troppo patinata per un horror, non riuscendo mai a creare la giusta atmosfera. In tal senso, anche la scenografia si dimostra monotona e artefatta: il museo è ben poca cosa e mal si presta come teatro dei crimini di Jack. Persino il trucco e i costumi sono indecenti: il corpo del mostro sembra una sorta di Gabibbo dal piumato nero e il make-up delle ferite di Casey rasenta il ridicolo. Le musiche, per lo più fuori contesto, sono mixate in un sonoro pessimo, senza alcuna profondità di campo, né spazializzazione, caratteristiche particolarmente rilevanti negli horror. A tal proposito, occorre rilevare come estremamente scadente sia anche la resa dei jumpscare, talmente mal realizzati che si fatica a definire tali. Solo la regia, per quanto comunque gravemente insufficiente, sembra complessivamente meno esecrabile delle altre componenti. Lawrence Fowler (Curse of the Witch's Doll, 2018) prova ad elevare la qualità del film con qualche inquadratura sofisticata, ma il tentativo risulta vano. Dinanzi a tale mediocrità, l'esiguità di budget non può essere considerata una valida causa di giustificazione.

Per tutti questi motivi, Jack in the box si colloca di diritto tra i peggiori film horror di sempre. Il perché sia stato prodotto è poco chiaro; il motivo per cui abbia goduto di una distribuzione tanto massiccia risulta tuttavia ancora più oscuro.

A cura di Mattia Liberatore.
Pubblicato il 20 settembre 2020.

Pro:

  • Nessuno.

Contro:

  • Soggetto stereotipato, aggravato da una sceneggiatura banale.
  • Componenti tecniche ed estetiche gravemente insufficienti.
  • Interpretazioni imbarazzanti.

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