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Alfred Hitchcock

La donna che visse due volte | Recensione | Unpolitical Reviews

Scheda:

poster di La donna che visse due volte
Titolo Originale:
Vertigo
Regia:
Alfred Hitchcock
Uscita:
18 dicembre 1958
(prima: 28/05/1958)
Lingua Originale:
en
Durata:
128 minuti
Genere:
Mistero
Romance
Thriller
Soggetto:
Sceneggiatura:
Alec Coppel
Samuel A. Taylor
Fotografia:
Robert Burks
Montaggio:
George Tomasini
Scenografia:
Sam Comer
Frank R. McKelvy
Musica:
Bernard Herrmann
Produzione:
Alfred Hitchcock
Produzione Esecutiva:
Casa di Produzione:
Paramount
Alfred J. Hitchcock Productions
Budget:
$2 milioni
Botteghino:
$7 milioni
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Redazione

9.5

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

Det. John 'Scottie' Ferguson
James Stewart
Madeleine Elster / Judy Barton
Kim Novak
Marjorie 'Midge' Wood
Barbara Bel Geddes
Gavin Elster
Tom Helmore
Coroner
Henry Jones
Scottie's Doctor
Raymond Bailey
Manager of McKittrick Hotel
Ellen Corby
Pop Leibel
Konstantin Shayne
Car Owner Mistaken for Madeleine
Lee Patrick
Diner at Ernie's (uncredited)
Bess Flowers
Man Walking Past Elster's Office (uncredited)
Alfred Hitchcock
Priest (uncredited)
David Ahdar
Nun (uncredited)
Sara Taft

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

A San Francisco, un ex-poliziotto acrofobico si innamora della donna che deve proteggere, ma le apparenze nascondono la realtà.

Recensione:

Tratto dall'omonimo romanzo del 1954 di Thomas Narcejac e Pierre Boileau, La Donna che visse due volte è tra i più celebri e apprezzati film di Hitchcock (Psyco, 1960 – Gli Uccelli, 1963). Appena uscita nelle sale, la pellicola non riscontrò un grande successo, ma fu apprezzata e rivalutata nel corso degli anni, al punto da essere stata considerata da un sondaggio del 2012 della rivista Sight and Sound (per conto del prestigioso British Film Institute) la più bella di tutti i tempi, scalzando persino l'intoccabile Quarto Potere (Orson Welles, 1941), che dal 1962 occupava indisturbato il primo posto.

Molto più significativo del lunghissimo titolo italiano, risulta quello originale, Vertigo, che con arguta concisione catalizza l'attenzione dello spettatore verso il vero punto focale del film: le vertigini. Analizzando brevemente l'etimologia latina della parola “vertigine” (per l'appunto vertigo, -inis), emerge come questa derivi da vertere (= volgere, girare), il medesimo verbo che dà origine alle parole “verticale” (verticalis) e “vortice” (vortex, -icis), entrambi elementi ricorrenti del lungometraggio in esame. Non sono infatti casuali i vari oggetti scenici adornati da spirali, richiamate anche dai titoli di testa, oltre che dallo chignon di Madeleine, dalla sezione di tronco della sequoia, nonché dal semplice utilizzo delle scale a chiocciola all'interno del campanile.


D'altro canto, è proprio combinando l'elemento del vortice e quello della verticalità che Hitchcock riesce a riprodurre magistralmente l'effetto delle vertigini, ottenuto mediante uno zoom all'indietro perfettamente sincronizzato ad una carrellata in avanti.


Anche per realizzare la scena del bacio nella missione di San Juan Bautista, il regista ha ricreato l'effetto vorticoso tramite un elaborato artificio: dopo aver filmato un set circolare con una panoramica a 360°, ha ripreso gli attori mentre erano posizionati su una piattaforma che ruotava nel senso opposto, mentre su uno schermo alle loro spalle veniva utilizzata come sfondo la panoramica precedentemente girata. Inquadrature che hanno fatto scuola e che hanno reso questo film un autentico esempio di abilità registica. La struttura del vortice viene peraltro ripresa anche dalla sceneggiatura, caratterizzata da archi narrativi ciclici (incontro con Madeleine, innamoramento, morte dell'amata; incontro con Judy, innamoramento, morte dell'amata), che legano a mo' di spirale le varie personalità assunte dalla protagonista (dapprima Carlotta Valdés, poi Madeleine e infine Judy). Particolarmente indovinata risulta la scelta di rivelare al pubblico, prima ancora che a Scottie, la realtà dei fatti: in tal guisa, lo spettatore, non più impegnato a capire cosa stia accadendo, esce dai vari vortici narrativi e può finalmente concentrarsi su come reagirà il protagonista dinanzi alla verità. Eccezionali in tal senso risultano sia lo stratagemma della collana, impiegata come chiave di volta del reale, sia la beffa finale della morte di Judy, senza la quale sarebbe stato impossibile mantenere inalterata la ciclicità narrativa. Alcune eventuali forzature della trama (es. la rapidità dei disvelamenti) sono quindi in realtà funzionali a portare avanti la sperimentazione che Hitchcock fece dei modelli tensionali: i personaggi, più funzioni narrative che soggetti verosimili, interagiscono in una rete di svolte narrative estreme ed efficaci allo stesso tempo.

Magistrale risulta anche la fotografia, che offre il meglio di sé nell'incubo di Scottie e nell'illuminazione al neon della buia stanza d'albergo. Si noti come in entrambi i casi la luce sia verde, colore il cui uso risulta particolarmente significativo nel film: verde è il colore dell'abito di Madeleine quando Scottie la vede per la prima volta, verde è la sua auto, verde è anche il vestito di Judy al primo incontro con il protagonista. Proprio nella scena al buio all'interno dell'Hotel Empire, grazie alla luce verde dell'insegna che filtra dall'esterno è possibile osservare il profilo di Judy rivolto verso sinistra; ebbene l'immagine sembra un vero e proprio negativo di quella in cui Scottie vede Madeleine per la prima volta, con il volto di profilo rivolto verso destra, sulla tappezzeria cremisi della parete. Anche dal punto di vista fotografico è possibile dunque notare la pervasiva circolarità che Hitchcock ha voluto infondere alla pellicola. La tonalità atmosferica, pervadendo con un tocco straniante sia le scene allucinatorie che quelle più concrete, con un effetto quasi datato per lo spettatore odierno ma pregno di efficacia, da rimanere punto di riferimento per autori di thriller successivivquali David Lynch. Degno di nota risulta poi il trucco, che dopo il cambio di personalità stravolge il volto di Kim Novak, rendendola riconoscibile solo al suo amato; il neo, la forma delle labbra alterata e l'uso estremo dell'eyeliner sono tutti escamotage a cui una donna ricorre quando vuole appositamente alterare tutti i suoi connotati e camuffarsi. Ognuno di essi si rende estremamente funzionale ai fini narrativi, evidenziando il rapporto tra finzione e realtà che pervade il lungometraggio. Di ottimo livello risultano infine le interpretazioni del cast: James Stewart (La Finestra sul Cortile, 1954), fiore all'occhiello del regista, dimostra anche qui le sue ottime capacità attoriali, mentre la già menzionata Kim Novak riesce ad entrare perfettamente nella parte, interpretando da sola ben tre personaggi femminili (Carlotta Valdés, Madeleine, Judy). Del personaggio di Stewart bisogna sottolineare la somiglianza con quello del film summenzionato: al di là della distanza fra i due, essendo Vertigo decisamente più cupo de La Finestra sul Cortile, in entrambi i casi ci si trova di fronte a un uomo compromesso da una qualche paralisi, psicologica o fisica, posto in relazione dialettica con una figura femminile dalle determinate caratteristiche. A ben vedere, il tema della mascolinità mutilata non è nuovo per un regista del quale vengono studiate più spesso le rappresentazioni della figura femminile: basti pensare al Norman Bates di Psycho.

La Donna che visse due volte è in definitiva uno dei migliori film di Alfred Hitchcock, il quale, oltre ad aver introdotto tecniche registiche assolutamente innovative per il tempo, facendo scuola nella storia del cinema, è stato al contempo in grado di intrigare lo spettatore fino al tragico epilogo, tanto beffardo quanto inevitabile.

A cura di Mattia Liberatore.
Pubblicato il 22 maggio 2020.

Pro:

  • Regia magistrale e particolarmente innovativa.
  • Estrema circolarità della sceneggiatura, richiamata dalle eccellenti scelte fotografiche e scenografiche.
  • Interpretazione del cast.

Contro:

  • Alcune forzature di trama e del carattere dei personaggi, in realtà totalmente funzionali alla struttura ciclica del racconto e all'efficacia del meccanismo di suspense e tensione.

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