Costretto sulla sedia a rotelle e in preda alla noia, il fotoreporter Jeff inizia a osservare giornalmente i proprio vicini ma una notte, diventa testimone di un efferato omicidio.
Costretto sulla sedia a rotelle e in preda alla noia, il fotoreporter Jeff inizia a osservare giornalmente i proprio vicini ma una notte, diventa testimone di un efferato omicidio.
È il 1954 quando nelle sale americane esce uno dei film più iconici del cosiddetto Maestro del brivido. Che maestro ancora non è considerato, perlomeno dalla critica: i suoi già numerosi lavori sono considerati poco più che prodotti di discreta fattura per le masse, perché appartenenti a generi definiti di consumo quali il thriller e il giallo. Ci vorrà un certo François Truffaut, con tutta la Nouvelle Vague a seguito, per rivalutare il cinema di genere della Hollywood Classica. Eppure, La finestra sul cortile è evidentemente un film d'autore, che sa essere fruibile da chi cerca suspense e intrattenimento e al contempo si presta a riflessioni meta-cinematografiche.
La sequenza d'apertura è fra le più citate nelle scuole di regia e sceneggiatura: inquadrando pochi oggetti disposti nell'abitazione, ci comunica con sintesi ammirevole, per immagini e senza didascalie, i trascorsi e il mestiere del protagonista. Da lì il film prosegue con l‘inconfondibile tocco di Alfred Hitchcock, che alterna humor sofisticato all'intreccio mistery vero e proprio.
D'altra parte, è proprio dalle commedie brillanti che proviene James Stewart, interprete elegante e più cinico di Cary Grant, attore feticcio di Hitchcock assieme alla coprotagonista Grace Kelly.
Interessante il ruolo di quest'ultima, presentata come una presenza angelica, quasi come se fosse la Beatrice dantesca, più volte definita come “troppo perfetta”. Figura eterea, vestita divinamente, compare e scompare proprio come se fosse un essere metafisico. Basta pensare alla sua prima apparizione che, proprio come in un sogno, si avvicina lentamente e leggiadramente al volto del suo amato.
La pellicola si svolge completamente all'interno dell'appartamento di Jeff, perfino quello che sappiamo del mondo esterno (cioè dagli altri appartamenti), ci è dato sapere solo grazie a ciò che lui vede, come se fossimo anche noi costretti su una sedia a rotelle.
L'efficacia della regia viene confermata proprio da questa capacità di fare coincidere lo sguardo dello spettatore con quello del protagonista, mettendo in atto un vero e proprio gioco di sguardi e immedesimazione.
Il processo di costruzione del film si basa sul crescendo di suspense, carattere distintivo del regista, che lentamente si insidia nella narrazione, per arrivare al culmine quando la bellissima Lisa si introduce nell'appartamento del presunto assassino e in seguito poi, quando lo stesso protagonista rischia la morte.
Anche se è doveroso notare che, soprattutto secondo i canoni tempistici dei giorni d'oggi, il film possa a tratti risultare fin troppo lento in questa costruzione, si pensi soprattutto alle scene antecedenti l'omicidio, in cui assistiamo solamente a dialoghi prima tra Jeff e Lisa e poi tra Jeff e l'infermiera, intervallati dalla visione dei vicini.
La finestra sul cortile, quindi, si configura come quintessenza degli elementi che hanno segnato la carriera del regista, con un'aggiunta fondamentale: la macchina fotografica, così come il punto di osservazione citato nel titolo, costituisce una vera metafora del ruolo scopico del cinema stesso in quanto occhio diretto sulla realtà, fatta di storie che agiscono e rimangono impresse.
Caricamento modulo