La vita di Nick Dunne prende una piega inaspettata quando sua moglie sparisce misteriosamente.
La vita di Nick Dunne prende una piega inaspettata quando sua moglie sparisce misteriosamente.
Tratto dal romanzo di Gillian Flynn, L'amore bugiardo – Gone Girl è il decimo lungometraggio diretto dal regista statunitense David Fincher (Fight Club, 1999; Seven, 1995), che conferma nuovamente la sua poliedricità nella regia.
Il successo del lavoro registico non risiede nei virtuosismi di camera ma bensì nell'accompagnare i ritmi e intrecci della sceneggiatura, rendendo fruibile la narrazione ma senza rivelare più del dovuto all'occhio dello spettatore.
Tra false piste, dualismi di narrazione e cambi di punti di vista, lo spettatore non è onnisciente nella parte del film perché, a tutti gli effetti, è condotto a pensare come se fosse all'interno della storia, estraneo al piano di Amy, per poi cambiare nuovamente punto di vista, fuggire a pari passo con la donna, e immedesimarsi nelle sue ragioni.
Ciò che potrebbe sembrare all'apparenza un thriller, in realtà si articola su una dimensione di multigenere, sottolineando una forte lavorazione sulla psicologia dei personaggi e una, non così tanto velata, critica sulla società dell'apparire,
comandata dai media, che preferisce soffocare il divario tra bene e male, buoni e cattivi, a favore di una versione più televisiva delle vicende e all'apparenza più vendibile, esattamente tutto ciò che è il matrimonio tra Amy e Nick.
Di certo si possono notare anche delle connotazioni noir, con accenni alla narrazione e alla caratterizzazione hitchcockiana, con tanto di presenza di un personaggio femminile biondo e austero, come le miglior muse del regista e una buona dose di black humor che riesce a insinuarsi nella narrazione senza sembrare mai fuori luogo.
Il delitto, o il così presunto tale, è in realtà un espediente per rivelarci la scelleratezza della mente umana e i ruoli della vittima e del carnefice che continuano a intercambiarsi tra loro.
La performance di Rosamund Pike, candidata come miglior attrice protagonista proprio per questo ruolo, porta sulle proprie spalle tutto l'aspetto recitativo: a tratti angelica, poi magnetica, psicopatica ma anche fragile, mette in ombra l'interpretazione del collega Ben Affleck.
È doveroso sottolineare la difficoltà emotiva e psicologica di entrambi i personaggi, che a tratti sembrano confusi perfino nella loro propria descrizione, incapace pure loro stessi di capirsi e di capire l'altro, sottintendendo nuovamente l'ottimo lavoro di scrittura.
E se, come alla fine di ogni favola, la bella principessa ritorna dal suo principe, l'amore bugiardo ci lascia una buona morale: la contorta mente di uno psicopatico non è abitabile solo dalla strana persona che vive isolata, ma può essere nella testa di un'apparente felice e perfetta casalinga bionda.
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