In piena Seconda Guerra Mondiale, una squadra di intelligence britannica studia un piano per depistare i nazisti circa lo sbarco alleato in Sicilia.
In piena Seconda Guerra Mondiale, una squadra di intelligence britannica studia un piano per depistare i nazisti circa lo sbarco alleato in Sicilia.
Quanto alla natura di Operazione Mincemeat è significativo notare come l’autore del soggetto da cui è tratto il film sia Ben Macintyre, firma del Times e scrittore di saggi incentrati su aspetti poco noti dietro ai grandi eventi della Storia. L’opera di John Madden, che già in Shakespeare in Love (1998) aveva affrontato un periodo storico determinante per il Regno Unito concentrandosi sui suoi retroscena più o meno romanzati, è quindi sospesa fra la componente creativa, che riguarda pensieri e parole dei protagonisti, e quella di cronaca che ricostruisce in modo puntuali i concitati giorni precedenti quello Sbarco che segnerà l’ultima fase della guerra in Europa. Come già affermava Alessandro Manzoni, il senso del racconto storico è arrivare là dove le fonti fattuali non possono arrivare, ovvero nell’intimo dei suoi personaggi. Talvolta, tuttavia, l’eccessivo spazio dato alla componente di inventiva del racconto in sfavore di quella realistica può risolversi in un difetto.
In effetti, ciò che si apprezza maggiormente del film è proprio la cura del dettaglio e la ricostruzione anche estetica del periodo: ottimi a tal proposito sono i costumi e le scenografie, abili ed efficaci nella resa storica e sociale dell’Inghilterra del 1943. Per quanto non indimenticabili, concorrono all’atmosfera anche le musiche di Thomas Newman, pluri-candidato agli Oscar che recentemente si è trovato più volte a trattare partiture per film storico-bellici: Il ponte delle Spie (2015) di Steven Spielberg, Tolkien (2019) di Dome Karukoski, 1917 (2019) di Sam Mendes ne sono esempi. Non eccelsa, ma discreta, è invece la regia di Madden che, nella sua medietà, si limita a riportare fedelmente il corso degli eventi.
In un film in costume fortemente incentrato su vicende di intelligence, tuttavia, molto spesso le aspettative del pubblico sono rivolte alla solidità e al ritmo della scrittura.
A rivestire il ruolo di sceneggiatrice qui è Michelle Ashford, principalmente nota per lavori televisivi e seriali quali The Pacific (2010). Quanto Ashford si trovi a suo agio più con le tempistiche di una miniserie che con quelle di un singolo film, è evidente dal ritmo sincopato e incerto di Operazione Mincemeat: ad una prima parte eccessivamente diluita segue infatti un finale decisamente più incalzante. Se è vero che la lentezza iniziale del racconto possa essere giustificata in quanto necessaria per fornire contesto e dettagli della vicenda storica, è altrettanto oggettivo che il triangolo amoroso fra i tre protagonisti, peraltro mai accertato storicamente e quindi fra gli aspetti di invenzione più rilevanti dell’intera trama, pesi in modo significativo sulla riuscita della sceneggiatura. La psicologia dei personaggi, in questo caso, viene esplorata solo superficialmente e le loro motivazioni sentimentali appaiono piuttosto semplificate. Anche la sottotrama riguardante il fratello di Montague appare talvolta solo accennata per dovere di cronaca, senza mai essere sviluppata del tutto. Sono comunque interessanti i vari riferimenti storici e colturali presenti in trama, fra cui la presenza di Ian Fleming, futuro padre letterario di James Bond.
L’effettivo impaccio della sceneggiatura, di mestiere ma al contempo più piatta e meno coinvolgente del previsto, ricade sulla qualità delle interpretazioni. Alcuni dei migliori e più popolari attori britannici sono coinvolti nel cast, dal protagonista Colin Firth a ruoli secondari quali Mark Gatiss e Jason Isaacs. Per quanto le loro interpretazioni siano ben equilibrate, manca a livello di scrittura quell’elemento carismatico che avrebbe reso i personaggi più indelebili anche a livello di resa. Operazione Mincemeat rimane pertanto un prodotto di buona, ma mai eccellente, fattura, che fallisce nel suo compito di diventare un popolare dramma bellico ma riesce in quello di essere un gradevole su un aspetto peraltro poco conosciuto di uno degli eventi più importanti del Novecento.
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