Il banchiere Andy Dufresne, condannato all'ergastolo per gli omicidi di sua moglie e del suo amante, dovrà affrontare la dura realtà del penitenziario di Shawshank.
Il banchiere Andy Dufresne, condannato all'ergastolo per gli omicidi di sua moglie e del suo amante, dovrà affrontare la dura realtà del penitenziario di Shawshank.
Tratto dal racconto Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank del celebre scrittore Stephen King, Le ali della libertà sancisce l'inizio del successo internazionale del regista Frank Darabont, ideatore dei successivi Il miglio verde (1999) e The majestic (2001). Il film è visibilmente influenzato dal soggetto d'autore, questo gli conferisce una buona linea guida narrativa che il cineasta ha saputo sfruttare ottimamente. Se la prima parte può essere definita come un'attenta introspezione psicologica dei personaggi, nella quale vengono dislocate le tracce fondamentali di preparazione al punto di svolta finale, la seconda sezione risulta dinamicamente più drammatica. La sceneggiatura può dirsi quindi estremamente solida in senso ampio (costruzione della storia e colpo di scena conclusivo), ma più debole in senso stretto (dialoghi spesso superficiali o pregni di retoriche banali).
Tuttavia, la storia è qualitativamente valida, la visione risulta infatti molto godibile, complice una perfetta coesione dei punti chiave dello storytelling: personaggi principali, ambientazione e ritmo narrativo.
Il tono realistico e tensionale che permane nel corso dell'intera pellicola viene consolidato dalle componenti più tecniche, che si distanziano ampiamente da un livello accademico base. La regia è moderna, fresca, lontana dagli stilemi ordinari di quel tempo, ma non a sufficienza da risultare autoriale: si evidenziano ottimi stacchi e buoni piani d'inquadratura. Analoga anche la fotografia di Roger Deakins (Il grande Lebowski, 1998; Blade Runner 2049, 2017), che con ottima maestria mira a valorizzare i dettagli scenografici, per richiamare nuovamente la forte componente di realismo.
Quando Andy Dufresne riceve in donazione la registrazione de Le nozze di Figaro (Mozart), non ci pensa due volte prima di diffondere la traccia attraverso il sistema di diffusione sonoro del penitenziario: la musica rappresenta la speranza e i carcerati ne hanno bisogno. Equivalente l'intento della colonna sonora di Thomas Newman (Tolkien, 2019; 1917, 2019), che al di là di risaltare i toni tragici della pellicola, infonde al racconto, e allo stesso spettatore, una nuance di speranza, la stessa per la quale Andy e Red continuano a vivere. Le interpretazioni dei due infatti, sono l'ennesimo punto di forza della pellicola, di per sé ottime, favorite dalla forte alchimia, a livello sia di scrittura che di resa, che si crea fra i due. Morgan Freeman (Seven, 1995; Lucy, 2014), nel ruolo più riuscito di coprotagonista, prende spesso le parti dello spettatore, ignaro degli eventi prossimi ad accadere e primo testimone delle azioni dell'amico.
Nota negativa il trucco, piuttosto debole: in un arco narrativo superiore ai 20 anni, i personaggi sono fisicamente sempre identici. Si preoccupano solo di aggiungere sporadici capelli bianchi ai due protagonisti (gli altri carcerati, il direttore e le guardie restano completamente identici). Benché appaia irrilevante, evidenza un netto difetto tecnico.
In definitiva, Le ali della libertà è una pellicola più che discreta, che raggiunge egregiamente il suo scopo: intrattenere il grande pubblico e sorprenderlo.
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