Francis e Marie, due amici di lunga data, si innamorano entrambi del giovane e affascinante Nicolas.
Francis e Marie, due amici di lunga data, si innamorano entrambi del giovane e affascinante Nicolas.
Xavier Dolan ricopre nuovamente il ruolo di attore, regista e sceneggiatore per il suo secondo lungometraggio dopo il travolgente e acclamato J'ai tué ma mère (2009). Les amours imaginaire, conosciuto internazionalmente come Heartbeats, risulta a oggi essere il film a tematica più leggera del giovanissimo regista, portando nel corso della sua narrazione un'ondata di colori, sentimenti confusi, personaggi nevrotici e ambigui.
I colori sono un punto focale della narrazione visiva, sapientemente usati, sono ricchi di messaggi allegorici. Basta pensare alle luci monocromatiche con cui vengono illuminati i due protagonisti ogni volta che si trovano a letto con un uomo che non sia l'oggetto del loro reale desiderio, come a voler significare che sono accessi da un unico sentimento, in questo caso un semplice rapporto fisico. Una volta consumato il rapporto con queste persone, i due protagonisti si aprono e raccontano i loro stati d'animo e le loro paure; come se gli risultasse più semplice parlarne con un estraneo che tra di loro, oramai alienati da loro stessi pur di farsi apprezzare dal giovane Nicolas.
Continuando il discorso cromatico, quando il giovane biondo appare sullo schermo, spesso lo vediamo associato a più colori, prima il blu, poi l'arancione e così via, come a voler farci capire il punto di vista di Francis e Marie che, convinti di aver trovato l'amore, guardano il mondo come se fosse un caleidoscopio pieno di colori.
La regia, in alcuni primi piani e sequenze, ricorda la nouvelle vague e prosegue la tradizione, forse negli ultimi anni un po' abbandonata a favore di un cinema più comico – impegnato, del dramma francese romantico e bizzarro; citando però anche film di produzione americana odierna come la scena della masturbazione con la maglietta di Nicolas, ripresa dal film di Luca Guadagnino Chiamami Col Tuo Nome (2017).
Lo sviluppo della storia prosegue in modo semplice e lineare, ma ciò che realmente rende interessante la narrazione, è il susseguirsi delle emozioni dei due protagonisti, prima incuriositi, poi innamorati, ingelositi, arrabbiati, feriti e infine, di nuovo innamorati.
Il titolo francese e italiano (che ricordiamo essere – stranamente – la traduzione di quello originale) racchiude il vero significato del film: non è un film d'amore ma è un film d'amore?, amore con il punto interrogativo. Gli amori immaginari: quelli della nostra testa, che crediamo di aver visto in un sorriso o in uno sguardo, troppo desiderosi di essere amati per ragionare chiaramente e per fermarci un attimo e chiederci “E se fosse tutto nella mia testa?” ma, succede spesso, che se anche ce lo chiediamo, veniamo distratti da qualsiasi risposta logica, ed è qui che incominciamo a fare gli stessi errori, a trascurare gli amici per trascurare prima noi stessi e per metterci dentro a una scatola con un bel fiocco rosa, che nemmeno ci piace, ma pensiamo che possa piacere alla nostra persona, tanto idealizzata quanto bellissima.
Ed è proprio in questo modo stupidamente ingenuo di concepire l'amore che si sviluppa tutto L'amore? del film, a partire da Francis e Marie, fino ai giovani ragazzi che, esterni all'intreccio principale, ci raccontano le loro sventure d'amore (e anche qui, amore?).
L'uso intelligente di Bang Bang di Dalida, solitamente accompagnato da slow motion e primi piani, ci fornisce un piccolo quadro psicologico dei protagonisti, che raramente lasciano trasparire grandi emozioni, in quanto sembrano continuamente “in gabbia”, convinti a limitarsi pur di farsi piacere da Nicolas.
Effettivamente dei protagonisti sappiamo poco: Nicolas si è appena trasferito a Montreal, è un personaggio molto ambiguo, un provocatore che non si vuole spingere troppo e che trova da questo suo gioco di seduzione, solo un rimedio alla noia. Ancor meno sappiamo di Francis e Marie, due amici di lunga data, che sembrano trovare il senso delle loro esistenze solo attraverso l'idealizzazione dell'amore, del farsi belli per questo amore e di annullarsi, per poi ritrovarsi, per poi perdersi di nuovo.
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