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L'infernale Quinlan | Recensione | Unpolitical Reviews

Scheda:

poster di L'infernale Quinlan
Titolo Originale:
Touch of Evil
Regia:
Orson Welles
Uscita:
16 agosto 1958
(prima: 30/03/1958)
Lingua Originale:
en
Durata:
112 minuti
Genere:
Crime
Thriller
Mistero
Soggetto:
Sceneggiatura:
Orson Welles
Fotografia:
Russell Metty
Montaggio:
Aaron Stell
Virgil W. Vogel
Scenografia:
John P. Austin
Russell A. Gausman
Musica:
Henry Mancini
Produzione:
Albert Zugsmith
Produzione Esecutiva:
Casa di Produzione:
Universal International Pictures
Budget:
$829 mila
Botteghino:
$2 milioni
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Redazione

10

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

Ramon Miguel Vargas
Charlton Heston
Susan 'Susie' Vargas
Janet Leigh
Police Captain Hank Quinlan
Orson Welles
Police Sergeant Pete Menzies
Joseph Calleia
'Uncle' Joe Grandi
Akim Tamiroff
Marcia Linnekar
Joanna Moore
District Attorney Adair
Ray Collins
Mirador Motel Night Manager
Dennis Weaver
Pancho
Valentin de Vargas
Al Schwartz - District Attorney's Assistant
Mort Mills
Manelo Sanchez
Victor Millan
Risto - Grandi's Nephew
Lalo Rios
Pretty Boy
Michael Sargent
Blaine
Phil Harvey
Zita
Joi Lansing
Chief Gould
Harry Shannon
Tana
Marlene Dietrich
Coroner (uncredited)
Joseph Cotten
Strip-Club Owner
Zsa Zsa Gabor
Young Delinquent (uncredited)
Joe Basulto

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

Lungo il confine messicano, un agente deve indagare su un caso di esplosione con la collaborazione di un subdolo e stimato capitano della polizia statunitense.

Recensione:

Il ritorno a Hollywood di Orson Welles segna un grande stravolgimento cinematografico, incarnato in una delle sue opere più esemplificative: L'infernale Quinlan, un noir machiavellico pregno di tutte le maggiori peculiarità registiche del cineasta statunitense. Welles, come in Quarto Potere (1941), decostruisce il mezzo cinematografico evidenziandone le oscurità, la finzione e l'impossibilità di giudizio su ciò che accade, convogliandole di fatto nel personaggio del capitano Quinlan, poliziotto dall'istinto formidabile che, per incastrare i reali colpevoli, raggira le regole con metodi poco ortodossi. Nel personaggio di Quinlan, interpretato magistralmente dallo stesso Orson Welles, possente e malfermo, si concretizzano vari enigmi morali: il potere corrotto, la sofferenza del peccatore, e, per citare Andreotti nel Divo (2008) di Paolo Sorrentino, l'inconfessabile contraddizione del perpetuare il male per garantire il bene. La sceneggiatura sfrutta questa dicotomia del genere noir per disaminare il ruolo del potere e la gestione consapevole dello stesso, ritraendo Quinlan e l'agente messicano Vargas, in un antagonismo bianco e nero che non permette apparenti vie di mezzo.


Il finale in tal senso risulta geniale, perché consente allo spettatore di rivalutare un personaggio fino a quel momento in tutto e per tutto negativo e di porsi il giusto interrogativo: fino a che punto il fine giustifica i mezzi?


Nell'assurda ipotesi in cui la dualità della semantica non sia sufficiente a convincere lo spettatore, è il prologo a diventare persuasore. Il film si apre con un piano sequenza di tre minuti tecnicamente perfetto, di difficile realizzazione ed emblema del cinema di Orson Welles. Comincia con il posizionamento di una bomba all'interno di un'auto, e si chiude con l'esplosione della stessa. Nell'intramezzo, lo spettatore è formalmente conscio dell'epilogo detonante, e scorta con gli occhi i protagonisti della vicenda, che, con fare hitchcockiano, sono lasciati all'oscuro riguardo a ciò che sta per accadere. La musica che accompagna il piano sequenza va a ritmo del ticchettio della bomba e richiama stilisticamente alcune tonalità di natura sud-americana, geolocalizzando l'ambientazione del film. Nonostante la consapevolezza da spettatore, il longtake dà solo l'illusione di un punto di vista esterno e oggettivo sulle cose, poiché subito dopo la narrazione e la cinepresa si invischiano nelle ambiguità e nella finzione, come già fece qualche anno prima con un altro pregevole noir, La signora di Shanghai (1947).

Il cinema wellesiano si fa immediatamente padrone nell'Infernale Quinlan, facendo ricorso a quadrangolari deformanti, disposizioni inquietanti degli oggetti di scena e contre-plongee volte ad accentuare l'aspetto misterico e perturbante del film. La regia di Welles gioca continuamente con alcune delle soluzioni a lui più care, marchi di fabbrica: l'alternanza dei primi piani angolati dal basso e dall'alto per mostrare le dinamiche di potere tra i personaggi, la profondità di campo, e l'uso elegante delle dissolvenze. La fotografia del film è tipica del noir classico: prevede un'illuminazione ricca di chiaroscuri, dove il contrasto tra luci e ombre (in questo caso molto marcate) rappresenta simbolicamente il conflitto tra bene e male. Questo sottile limite tra giusto e sbagliato, di cui l'intero film è saturo, viene raffigurato in modo palese nella recitazione. Welles dimostra nuovamente la sua predisposizione a interpretare antieroi tragici e controversi, grandiosi e miserabili al tempo stesso, mentre Charlton Heston, nella figura di Vargas, materializza il concetto di giustizia oggettiva e assoluta.

A incorniciare questo capolavoro vi è la splendida colonna sonora: moderna, aderentissima al ritmo della narrazione e composta in gran parte da musiche diegetiche, che spesso si confondono con quelle extradiegetiche.

In definitiva, L'infernale Quinlan dà prova ancora una volta del talento incalcolabile del cineasta: Orson Welles, scomparso da circa 35 anni ma costantemente presente nelle filmografie di registi contemporanei, che, guardando indietro, non possono far altro che applaudire alla storia del cinema compiuta da quest'uomo.

A cura di Jacopo Castiglione.
Pubblicato il 16 gennaio 2021.

Pro:

  • Pellicola semanticamente contrastante, che sviscera minuziosamente il conflitto tra bene e male.
  • Comparto visivo eccellente, ingigantito da una regia tipica wellesiana.
  • Interpretazioni attoriali perfettamente conformi con la narrazione, quella di Orson Welles in particolare.

Contro:

  • Nessuno.

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