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Lost in Translation - L'amore tradotto | Recensione | Unpolitical Reviews

Scheda:

poster di Lost in Translation - L'amore tradotto
Titolo Originale:
Lost in Translation
Regia:
Sofia Coppola
Uscita:
31 agosto 2003
(prima: 18/09/2003)
Lingua Originale:
en
Durata:
102 minuti
Genere:
Dramma
Romance
Commedia
Soggetto:
Sceneggiatura:
Sofia Coppola
Fotografia:
Lance Acord
Montaggio:
Sarah Flack
Scenografia:
Towako Kuwashima
Tomomi Nishio
Musica:
Kevin Shields
Produzione:
Francis Ford Coppola
Sofia Coppola
Ross Katz
Produzione Esecutiva:
Fred Roos
Casa di Produzione:
American Zoetrope
Focus Features
Tohokushinsha Film Corporation
Elemental Films
Budget:
$4 milioni
Botteghino:
$119 milioni
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Redazione

8+

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

Bob Harris
Bill Murray
Charlotte
Scarlett Johansson
John
Giovanni Ribisi
Kelly
Anna Faris
Ms. Kawasaki
Akiko Takeshita
Charlie Brown
Fumihiro Hayashi
Press Agent
Kazuyoshi Minamimagoe
Press Agent
Kazuko Shibata
Press Agent
Take
Bambie
Daikon
Jazz Singer
Catherine Lambert
P Chan
Akiko Monô
Sausalito Piano
Françoise Dubois
American Businessman #1
Gregory Pekar
Ikebana Instructor
Ikuko Takahashi
Doctor
Osamu Shigematu
TV Host
Takashi Fujii
Sexy Businesswoman
Lisle Wilkerson
Hospital Receptionist
Kazuo Yamada
Bellboy
Akira Yamaguchi

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

Dispersi nella Tokio dei primi anni del nuovo millennio, Bob e Charlotte si incontrano e cercano insieme di trovare un modo per ingannare la solitudine.

Recensione:

Secondo lavoro alla regia per Sofia Coppola (Il Giardino delle Vergini Suicide, 1999; Marie Antoinette, 2006), ambientato in una Tokio alle origini della globalizzazione, Lost in Translation è un delicato racconto di solitudine e dispersione.


La sceneggiatura emana un'intensità che varia nella sottile linea che divide la fragilità dalla solitudine; i personaggi non rivelano quasi mai i loro stati d'animo, ma riescono a trasparire grazie a una pensata fotografia, ai dialoghi, spontanei e semplici, fino ai silenzi e ai sospiri degli stessi protagonisti.


Una sceneggiatura e una regia che quindi lavorano su un piano di sottrazione, spogliandosi di virtuosismi e sperimentazioni per concentrarsi più su un piano intimo e di vulnerabilità ma, se per il lavoro di scrittura questo metodo sembra funzionare, la regia potrebbe risultare piatta ed eccessivamente accademica.

Il requisito di intimità e naturalezza è dato anche dalla scelta della regista di girare il film in sequenza, esattamente come la storia procede, per dare la possibilità agli attori di adattarsi perfettamente al divenire dei loro personaggi.

Tokyo, silenziosa coprotagonista, non funge solo da contorno alla storia, ma fornisce una chiave di lettura interessante, un paradosso tra una città dinamica e in continuo movimento in cui però i protagonisti si trovano completamente persi e isolati.

Anche l'ambientazione dell'albergo, che si pone come una scatola in cui i protagonisti preferiscono nascondersi, è pensata nel dettaglio e regala una buona fotografia, tra grandi vetrate e le figure dei personaggi che cercano di adattarsi alla vita che scorre al di fuori.

Come già accennato, la fotografia è ottima, sia negli interni che nelle scene in città, con un lavoro sui cromatismi altrettanto ottimale, che ricordano il più recente Lei. L'aspetto visivo però non è il solo collegamento con la pellicola di Spike Jonze (Essere John Malkovich, 1999), Lost in Translation e Lei infatti rappresentano la duplice visione della stessa situazione di solitudine e di separazione che Jonze e Coppola hanno provato in prima persona, essendo stati sposati dal 1999 e 2003.

Per quel che riguarda le musiche, il risultato è dimenticabile: nel tentativo di conciliare gli aspetti prima drammatici e poi commediali, la resa è confusa e priva di espressività.

Le performance dei protagonisti devono dunque compensare la mancata atmosfera e interiorizzazione delle musiche, e ci riescono perfettamente, lavorando anch'essi sulla semplicità ed essenzialità che dominano la pellicola.

In conclusione, Lost in Translation cerca di affermarsi come una pellicola che vuole far emergere la solitudine e il rapporto dei due protagonisti, in tutta la loro semplicità; lasciando da parte alcuni aspetti tecnici come la regia o le musiche. È dunque importante, per riuscire a leggere appieno il significato intrinseco del film, trovare il tempo di guardarselo in silenzio e in piena solitudine.

A cura di Linda Giulio.
Pubblicato il 3 novembre 2019.

Pro:

  • Performance dei protagonisti.
  • Ottima fotografia che si adatta alle ambientazioni.
  • Sceneggiatura semplice ma che funziona.

Contro:

  • Regia che non sfrutta totalmente il potenziale narrativo.
  • Musiche confuse e dimenticabili.

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