Lucy è costretta a diventare un corriere della droga, ma quando un sacchetto di una sostanza si rompe nel suo addome, la ragazza acquisisce delle capacità straordinarie.
Lucy è costretta a diventare un corriere della droga, ma quando un sacchetto di una sostanza si rompe nel suo addome, la ragazza acquisisce delle capacità straordinarie.
Quindicesimo lungometraggio firmato Luc Besson (Léon, 1994; Anna, 2019), che per la terza volta sfoggia la sua polivalenza artistica, collocandosi sia come sceneggiatore che come regista, Lucy è un film d'azione fantascientifico, basato sul falso mito per cui l'essere umano utilizzi solo una piccola percentuale del proprio cervello. La scelta di concentrarsi maggiormente sulle scene d'azione, a discapito dei momenti più autoriali, fondati sul ragionamento scientifico-filosofico alla base della trama stessa, non giova la narrazione, che adotta così un comportamento assai altalenante.
Limitless (2011), la pellicola di Besson si distacca dalla semplice linearità temporale grazie a un montaggio in parte molto positivo, connotato da due caratteristiche di certo non usuali: la scansione del racconto tramite l'apparizione delle percentuali (rappresentanti lo stadio mentale finora acquistato dalla protagonista) e l'alternanza di frammenti documentaristici su vari momenti della vita di alcuni animali (posti appositamente per confluire l'attenzione sulla riflessione più intellettuale del film).
La sceneggiatura è a stento sufficiente: i buoni propositi a sostegno di un'idea di racconto molto interessante vengono continuamente infranti da uno storytelling banale, pregno di momenti dinamici ma vuoti allo stesso tempo, caratterizzati da evidenti divagazioni e buchi di trama.
Tuttavia gli spunti riservati al personaggio di Lucy ci offrono un'ottima panoramica sul (efficiente) gioco di sovversione logica e fisica dei confini della protagonista stessa. Regia e cinematografia compatte e coerenti tra loro, carenti però nelle scene d'azione. Il direttore della fotografia Thierry Arbogast (Nikita, 1990; Valerian e la città dei mille pianeti, 2017), assiduo collaboratore di Luc Besson, non delude lo spettatore salvo alcune rare imperfezioni e confeziona – nel complesso – un buon “prodotto” visivo.
Nota positiva per gli effetti speciali, garantiti da una delle più famose e importanti aziende del campo delle tecniche visivo-digitali, la Industrial Light & Magic (oggi parte della più ampia Lucasfilm), nota per le centinaia di progetti a cui ha preso parte (per citarne due: Harry Potter e Star Wars). Il risultato visivo finale è evidentemente una delle qualità maggiori della pellicola, la resa grafica nelle scene di combattimento (e non) è superlativa e si fonde magnificamente con il tono fantascientifico del film.
A rendere ottimo Lucy è Lucy stessa, l'interpretazione di Scarlett Johansson (Lost in Traslation, 2003; Jojo Rabbit, 2019) – giustamente gelida, quasi robotica – permette di avvicinare uomo e macchina in un singolo individuo, capace (praticamente) di qualsiasi cosa, un'eroina. Ad accompagnarla ci sono Morgan Freeman (Gli Spietati, 1993; Seven, 1995) e Min-sik Choi (Ebbro di donne e di pittura, 2002; Oldboy, 2003), entrambi al di sotto delle proprie massime potenzialità (per ovvi motivi di scrittura) ma tutto sommato piacevoli e azzeccati nei reciproci personaggi. Le musiche, per mano di Éric Serra, anche lui stretto compagno di Besson, non meravigliano quanto avrebbero potuto, anzi, risultano poco nitide, quasi ininfluenti.
In conclusione l'opportunità sprecata di non aver beneficiato di una trama avvincente, mettendo in risalto soltanto alcune riflessioni meta-filosofiche, ma rimanendo solo in superficie, senza mai indagare realmente, senza mai scavare abbastanza, riporta Lucy ad un livello cinematografico sì discreto, ma troppo lontano da quello a cui poteva aspirare.
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