Un giovane e incolto marinaio, per amore di una fanciulla dell'alta borghesia, insegue il sogno di divenire scrittore. Ciò lo porta a confrontarsi con il proprio ruolo all'interno delle lotte sociali che si agitano attorno a lui.
Un giovane e incolto marinaio, per amore di una fanciulla dell'alta borghesia, insegue il sogno di divenire scrittore. Ciò lo porta a confrontarsi con il proprio ruolo all'interno delle lotte sociali che si agitano attorno a lui.
Tratto dall'omonimo romanzo di Jack London, del 1909, il film è stato presentato, in concomitanza con l'uscita in sala, al 76mo Festival del cinema di Venezia. Per Pietro Marcello è il secondo lungometraggio, dopo una lunga carriera da documentarista e l'esordio con Bella e perduta (2015), eppure la mano registica sembra già quella matura di un autore. Il ricorso a differenti qualità di pellicola, a seconda del momento narrativo, e a diversi stili filmici, dal melodramma alla commedia, fa del suo Martin Eden un'opera innanzitutto sperimentale e coraggiosa per il panorama italiano.
La sovrapposizione di differenti epoche, dialetti, punti di riferimento cronologico-spaziali rende non solo colorata e varia una vicenda altrimenti legata a un periodo storico ben preciso, ma anche universale il messaggio politico. Che, lungi dall'essere dichiarato, viene sempre alluso con delicata sapienza: il rapporto fra individuo e collettività, ideologia e realtà, è tutto affidato al protagonista e al carosello di tipi umani che gli gravita attorno.
Marcello tenta così una terza nel cinema impegnato italiano, fra le favole di Pier Paolo Pasolini, fatte di lingue ed epoche sovrapposte, e le denunce esplicite di Elio Petri.
La sceneggiatura, di Marcello stesso e del collaboratore Maurizio Braucci (La paranza dei bambini, 2019) si fa ogni momento più ricco grazie alle colorite espressioni napoletane che, ben lungi dal folklorico fine a se stesso, creano un ironico contrasto con i nomi anglosassoni dei protagonisti. La fotografia di Alessandro Abate e Francesco di Giacomo gioca pure sui contrasti, sulla falsificazione, sui salti fra passato e presente.
Il costumista Andrea Cavalletto sembra però divertirsi più di tutti, avendo a disposizione una gamma di abbigliamenti che vanno dall'ottocentesco al contemporaneo. Eppure, una volta superato lo shock straniante iniziale, l'incedere della narrazione ha il ritmo delle grandi tragedie, epiche e personali.
Un plauso va all'intensa e complessa interpretazione di Marinelli, vincitore per questo della coppa Volpi 2019 che tanto sembrava destinata a Joaquin Phoenix. Pittoresco e indimenticabile anche Carlo Cecchi, a metà fra Diogene e Bukowski, mentre Jessica Cressy non riesce a tenere testa alla bravura del suo compagno maschile.
In definitiva Martin Eden è un film di rara intelligenza, che apre nuovi orizzonti alla cinematografia nel nostro paese e sa confrontarsi con illustri modelli creando qualcosa di nuovo.
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