Molly Wright ha una grande passione per lo spazio, la sua vita cambierà quando verrà reclutata dall'agenzia più segreta del mondo: i Men in Black.
Molly Wright ha una grande passione per lo spazio, la sua vita cambierà quando verrà reclutata dall'agenzia più segreta del mondo: i Men in Black.
Sono passati 20 anni dall'iconico, ironico e fantascientifico primo capitolo dei Men in Black, Will Smith rappresentava la forza motrice del franchise, bilanciando comicità e fantascienza in un connubio mai banale e intrattenitivo.
Lo stesso non si può assolutamente dire per Men in Black: International; Il film diretto da F. Gary Grey risulta un timido ed insipido spin-off di una saga che nemmeno il film stesso tentata o spera di raggiungere.
Le problematiche riguardo questo nuovo capitolo si presentano già sul nascere: il progetto è stato gestito con difficoltà subendo numerose riscritture di copione e cambiamenti,
il risultato è una narrazione banale e prevedibile condita da una scrittura dei personaggi bidimensionale basata sulla fama dei nostri protagonisti che sono destinati a rimanere per l'intera durata del film due goffe macchiette.
Chris Hemsworth e Tessa Thompson non sono un'accoppiata nuova, nel Marvel Cinematic Universe li abbiamo già visti in un ruolo comico e scanzonato funzionare alla perfezione.
Si deduce ,dunque, che il problema di fondo non sia la prova attoriale ma la mera scrittura dei dialoghi e gag banali, stereotipate, quasi imbarazzanti, basate spesso sulla razza e genere; tra battute buffe ed esplicite si fatica a capire persino il target di riferimento a cui questo film tenta di arrivare.
La pellicola dilata eccessivamente dialoghi e battute che vorrebbero avvicinarsi all'ironia dei capitoli precedenti ma che sfocia in scene fastidiosamente tediose e di cattivo gusto. Un esempio è una scena ad inizio film nella quale un'aliena ricatta il protagonista offrendo un antidoto (a lui indispensabile per vivere) in cambio di favori sessuali.
O ancora, c'è una scena nella quale la costruzione “comica” sta nel fatto che il protagonista accompagna la sua partner in un club con l'unico scopo di venderla ad un alieno che proverà a conquistarla in maniera molesta.
Questo tipo di comicità poteva funzionare 20 anni fa, nel 2019 risulta solo imbarazzante e fuori luogo. Inoltre risulta paradossale come dopo scene di questo stampo sia così presente e ridondante il messaggio femminista: ottimo nell'intento ma sbagliato nella pratica.
Il personaggio di Tessa Thompson, l'agente M, nei fatti è una novellina nell'agenzia più segreta del mondo ma il suo personaggio si comporta come fosse una veterana nel suo lavoro ridicolizzando eccessivamente il personaggio di Chris Hemsworth che già da solo genera solo scompiglio e disastri nei confronti della sua agenzia.
Il punto è che la narrazione rende stupido e maldestro il ruolo maschile per risaltare quello arguto e intelligente femminile squilibrando la coppia, rendendo come al solito il tema eccessivamente “urlato” e calcato.
Il reparto tecnico non risulta spiccare, riducendosi ad una anonima regia pur trovandosi in un film d'azione dove la dinamicità è fondamentale quanto l'aspetto puramente visivo e digitale. La CGI fa il suo dovere tenendo però il freno a mano sul design delle nuove specie di alieni che non risulteranno spiccare di originalità visiva.
Men in Black: International è, tirando le somme, un film che non vuole sbilanciarsi o distinguersi su alcun aspetto, rimanendo così nell'ombra dei suoi predecessori.
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