La storia del controverso e viscerale rapporto tra un quindicenne con gravi problemi comportamentali e sua madre, una vedova anticonformista.
La storia del controverso e viscerale rapporto tra un quindicenne con gravi problemi comportamentali e sua madre, una vedova anticonformista.
Vincitore del Premio della Giuria a Cannes 2014, Mommy è il film senza dubbio più noto e celebrato di Xavier Dolan (È solo la fine del mondo – 2016, La mia vita con John F. Donovan – 2018), emergente regista canadese che lo ha scritto, diretto e prodotto a soli 25 anni di età. La prima caratteristica che colpisce lo spettatore è la peculiare scelta del formato: un inusuale 1:1 che costringe ad inquadrare una persona per volta e che ingabbia i protagonisti nello schermo, trasmettendo con efficacia al pubblico un disturbante senso di claustrofobia, vero filo conduttore della pellicola. Non è un caso, infatti, che nelle sequenze di maggiore euforia del personaggio di Steve, il rapporto dell'immagine finisca per allargarsi fino a 1,85:1, ampliando il senso di libertà tanto agognato dal protagonista e progressivamente infuso anche dalle musiche (immediatamente riconoscibili e magistralmente abbinate ad ogni scena).
Ciò nonostante, nella sceneggiatura è riscontrabile qualche limite. Se da un lato essa possiede il pregio di riuscire a tratteggiare magnificamente il controverso rapporto madre-figlio, caratterizzato da lampi di amore intenso ed esplosiva violenza, dall'altro si rivela piuttosto lacunosa.
In primo luogo, è lecito chiedersi quanto l'incipit del film sia effettivamente funzionale rispetto al suo epilogo: dal momento in cui lo spettatore legge che è stata emanata la distopica legge di internamento coatto, non può fare a meno di intuire come la storia andrà a finire. In secondo luogo, le vicende di Kyla restano misteriosamente oscure e il rapporto tra la giovane donna la sua famiglia è trattato in modo estremamente approssimativo; abbandonata a sé stessa resta inoltre l'onerosa richiesta di risarcimento del danno, espediente che da elemento di rottura dell'equilibrio familiare faticosamente raggiunto, finisce per essere poi completamente dimenticato.
Eccezionale risulta invece la fotografia, che ricorrendo a colori intensi riesce ad incrementare l'emotività di fondo del film: particolarmente significativo in tal senso l'uso del giallo opaco, utile a sottolineare il contrasto tra l'eccentricità di Steve e l'angosciante situazione familiare in cui è suo malgrado immerso. Di alto livello risultano infine le interpretazioni del cast: Antoine Olivier Pilon si dimostra perfetto per la parte, offrendo una performance memorabile e iconica. Decisamente alla sua altezza risultano anche Anne Dorval, abile ad incarnare le difficoltà materne e Suzanne Clément, credibile nonostante le lacune narrative del suo personaggio.
Per questi motivi, nonostante l'inesperienza del regista e i suddetti limiti di sceneggiatura, Mommy può nel complesso essere considerato un film di ottima fattura, che grazie ad un'originale combinazione di musiche e immagini, riesce a permeare l'emotività di qualsiasi spettatore.
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