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Alexander Payne

Nebraska | Recensione | Unpolitical Reviews

Scheda:

poster di Nebraska
Titolo Originale:
Nebraska
Regia:
Alexander Payne
Uscita:
16 gennaio 2014
(prima: 21/09/2013)
Lingua Originale:
en
Durata:
110 minuti
Genere:
Dramma
Avventura
Soggetto:
Sceneggiatura:
Bob Nelson
Fotografia:
Phedon Papamichael
Montaggio:
Kevin Tent
Scenografia:
Beauchamp Fontaine
Musica:
Mark Orton
Produzione:
Albert Berger
Ron Yerxa
Produzione Esecutiva:
George Parra
Doug Mankoff
Julie M. Thompson
Neil Tabatznik
Casa di Produzione:
Paramount Vantage
Bona Fide Productions
Budget:
$12 milioni
Botteghino:
$27 milioni
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Redazione

7.5

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

Woody Grant
Bruce Dern
David Grant
Will Forte
Kate Grant
June Squibb
Ross Grant
Bob Odenkirk
Ed Pegram
Stacy Keach
Aunt Martha
Mary Louise Wilson
Uncle Ray
Rance Howard
Bart
Tim Driscoll
Cole
Devin Ratray
Peg Nagy
Angela McEwan
Aunt Betty
Glendora Stitt
Aunt Flo
Elizabeth Moore
Cousin Randy
Kevin Kunkel
Uncle Verne
Dennis McCoig
Uncle Albert
Ronald Vosta
Noel
Missy Doty
Bernie Bowen
John Reynolds
ER Doctor
Jeffrey Yosten
George Westendorf
Neal Freudenberg
Jean Westendorf
Eula Freudenberg

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

Un uomo anziano del Montana, convinto di aver vinto un milione di dollari, convince il figlio ad accompagnarlo nel Nebraska per riscuoterlo.

Recensione:

Road movie in bianco e nero scritto da Bob Nelson e diretto da Alexander Payne, premio Oscar alla migliore sceneggiatura non originale per Sideways – In viaggio con Jack (2004) e Paradiso Amaro (2011), che torna alle origini girando un film in Nebraska, suo Stato natale in cui aveva già ambientato i suoi primi tre lungometraggi d'esordio alla regia. Alla sua uscita il film ha ottenuto il plauso della critica, guadagnandosi ben sei nomination ai premi Oscar del 2014 (miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, miglior attrice non protagonista, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia), senza però riuscire a conquistarne nessuno. Questo dato, all'apparenza irrilevante, può in realtà risultare utile ad inquadrare il tipo di pellicola in questione: un film tecnicamente ben realizzato, ma che non sembra riuscire fino in fondo a conquistare lo spettatore.

Le ragioni sono principalmente due. La prima attiene la sceneggiatura, incentrata su un soggetto eccessivamente convenzionale, il cui sviluppo appare sin dal principio piuttosto scontato. La storia del padre vecchio e alcolizzato, in rotta di collisione con la famiglia, che grazie al viaggio con il figlio mitiga il suo temperamento e si riconcilia con i suoi cari non è certo qualcosa di particolarmente innovativo. Ad ogni modo, occorre riconoscere che i personaggi sono dotati della giusta introspezione psicologica e che i dialoghi risultano complessivamente ben scritti, presentando battute improvvise ed efficaci, in grado di strappare più di un sorriso.


Apprezzabile risulta infine il tentativo di ribaltare il concetto dell'American Dream, incarnato dal foglio pubblicitario che annuncia la falsa vincita di un milione di dollari, risultando credibile solo ai soggetti più ingenui.


La seconda ragione riguarda invece la scelta del bianco e nero, voluto dal regista per ottenere “un'atmosfera iconica e archetipica”. Sebbene da un lato questa si dimostri funzionale nel raccontare una storia d'altri tempi come quella in esame, riuscendo a conferire la giusta eleganza alle scene, dall'altro finisce inevitabilmente per creare un distacco con lo spettatore, raffreddato dall'assenza di colori, probabilmente necessaria oltre che per compensare il burbero carattere del protagonista, anche per infondere maggior calore e dolcezza nel finale (comunque ben realizzato).

Dal punto di vista tecnico il film presenta una regia semplice e lineare, che non cerca virtuosismi, ma che si dimostra attenta alla quotidianità dei personaggi, muovendo sui loro volti la macchina da presa con lenta delicatezza. Di buona fattura il montaggio, che opera pochi tagli, evitando nelle varie discussioni il continuo ricorso al campo e contro-campo, preferendo optare per il mantenimento di un buon punto macchina. Anche e soprattutto grazie a questa intuizione, viene ammortizzato il ritmo della narrazione, mantenuto così lento e pacato da apparire quasi claudicante, proprio come il protagonista. Non particolarmente valorizzata risulta invece la scenografia, sulla quale Payne sembra non voler indugiare troppo a lungo, per evitare di allontanarsi eccessivamente dalle vicende umane, vero motore dell'azione. Degne di nota risultano infine le interpretazioni del cast, su cui spicca quella di Bruce Dern (miglior interpretazione maschile al Festival di Cannes 2013), perfetto nel vestire i panni dell'anziano padre di famiglia, tanto orgoglioso e testardo nell'animo, quanto disorientato a causa dell'avanzare dell'età. Positive anche le prove di Will Forte e June Squibb; maggiormente sottotono invece Bob Odenkirk, penalizzato probabilmente da un ruolo più marginale.

In definitiva, Nebraska risulta un road movie semanticamente tenero, esteticamente curato e tecnicamente ben realizzato, che a causa della convenzionalità del soggetto e del ricorso al bianco e nero non sembra tuttavia riuscire a trasmettere fino in fondo le emozioni che si era prefissato di infondere negli occhi e nel cuore di chi lo guarda.

A cura di Mattia Liberatore.
Pubblicato il 2 dicembre 2020.

Pro:

  • Estetica curata ed elegante.
  • Scrittura dei dialoghi convincente ed efficace.
  • Interpretazione di Bruce Dern.

Contro:

  • Soggetto molto convenzionale.
  • Scelta del bianco finisce per distaccare lo spettatore.

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