Un uomo anziano del Montana, convinto di aver vinto un milione di dollari, convince il figlio ad accompagnarlo nel Nebraska per riscuoterlo.
Un uomo anziano del Montana, convinto di aver vinto un milione di dollari, convince il figlio ad accompagnarlo nel Nebraska per riscuoterlo.
Road movie in bianco e nero scritto da Bob Nelson e diretto da Alexander Payne, premio Oscar alla migliore sceneggiatura non originale per Sideways – In viaggio con Jack (2004) e Paradiso Amaro (2011), che torna alle origini girando un film in Nebraska, suo Stato natale in cui aveva già ambientato i suoi primi tre lungometraggi d'esordio alla regia. Alla sua uscita il film ha ottenuto il plauso della critica, guadagnandosi ben sei nomination ai premi Oscar del 2014 (miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, miglior attrice non protagonista, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia), senza però riuscire a conquistarne nessuno. Questo dato, all'apparenza irrilevante, può in realtà risultare utile ad inquadrare il tipo di pellicola in questione: un film tecnicamente ben realizzato, ma che non sembra riuscire fino in fondo a conquistare lo spettatore.
Le ragioni sono principalmente due. La prima attiene la sceneggiatura, incentrata su un soggetto eccessivamente convenzionale, il cui sviluppo appare sin dal principio piuttosto scontato. La storia del padre vecchio e alcolizzato, in rotta di collisione con la famiglia, che grazie al viaggio con il figlio mitiga il suo temperamento e si riconcilia con i suoi cari non è certo qualcosa di particolarmente innovativo. Ad ogni modo, occorre riconoscere che i personaggi sono dotati della giusta introspezione psicologica e che i dialoghi risultano complessivamente ben scritti, presentando battute improvvise ed efficaci, in grado di strappare più di un sorriso.
Apprezzabile risulta infine il tentativo di ribaltare il concetto dell'American Dream, incarnato dal foglio pubblicitario che annuncia la falsa vincita di un milione di dollari, risultando credibile solo ai soggetti più ingenui.
La seconda ragione riguarda invece la scelta del bianco e nero, voluto dal regista per ottenere “un'atmosfera iconica e archetipica”. Sebbene da un lato questa si dimostri funzionale nel raccontare una storia d'altri tempi come quella in esame, riuscendo a conferire la giusta eleganza alle scene, dall'altro finisce inevitabilmente per creare un distacco con lo spettatore, raffreddato dall'assenza di colori, probabilmente necessaria oltre che per compensare il burbero carattere del protagonista, anche per infondere maggior calore e dolcezza nel finale (comunque ben realizzato).
Dal punto di vista tecnico il film presenta una regia semplice e lineare, che non cerca virtuosismi, ma che si dimostra attenta alla quotidianità dei personaggi, muovendo sui loro volti la macchina da presa con lenta delicatezza. Di buona fattura il montaggio, che opera pochi tagli, evitando nelle varie discussioni il continuo ricorso al campo e contro-campo, preferendo optare per il mantenimento di un buon punto macchina. Anche e soprattutto grazie a questa intuizione, viene ammortizzato il ritmo della narrazione, mantenuto così lento e pacato da apparire quasi claudicante, proprio come il protagonista. Non particolarmente valorizzata risulta invece la scenografia, sulla quale Payne sembra non voler indugiare troppo a lungo, per evitare di allontanarsi eccessivamente dalle vicende umane, vero motore dell'azione. Degne di nota risultano infine le interpretazioni del cast, su cui spicca quella di Bruce Dern (miglior interpretazione maschile al Festival di Cannes 2013), perfetto nel vestire i panni dell'anziano padre di famiglia, tanto orgoglioso e testardo nell'animo, quanto disorientato a causa dell'avanzare dell'età. Positive anche le prove di Will Forte e June Squibb; maggiormente sottotono invece Bob Odenkirk, penalizzato probabilmente da un ruolo più marginale.
In definitiva, Nebraska risulta un road movie semanticamente tenero, esteticamente curato e tecnicamente ben realizzato, che a causa della convenzionalità del soggetto e del ricorso al bianco e nero non sembra tuttavia riuscire a trasmettere fino in fondo le emozioni che si era prefissato di infondere negli occhi e nel cuore di chi lo guarda.
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