La vacanza della famiglia Wilson prende una piega inaspettata quando, alla loro porta, compaiono quattro figure che assomigliano esattamente a loro.
La vacanza della famiglia Wilson prende una piega inaspettata quando, alla loro porta, compaiono quattro figure che assomigliano esattamente a loro.
Perciò , così parla l'Eterno: Ecco, io faccio venir su loro una calamità, alla quale non potranno sfuggire. Essi grideranno a me, ma io non li ascolterò. (…) Che ha da fare l'amato mio nella mia casa? Delle scelleratezze? Forse che dei voti e della carne consacrata allontaneranno da te la calamità perché tu possa rallegrarti? (…) Al rumore di un gran tumulto, egli v'appicca il fuoco e i rami ne sono infranti. L'Eterno degli eserciti che t'avea piantato pronunzia del male contro di te, a motivo della malvagità commessa a loro danno dalla casa d'Israele e dalla casa di Giuda allorché m'hanno provocato ad ira, offrendo profumi a Baal”. (…) Ma, o Eterno degli eserciti, giusto giudice, che scruti le reni ed il cuore, io vedrò la tua vendetta su di loro, poiché a te io rimetto la mia causa. (…) Geremia 11:11
Reduce dal successo di critica e pubblico del suo primo lavoro come regista Scappa – Get Out (2017), Jordan Peele torna alla regia con Noi, ambizioso progetto nato dalla sua stessa penna; film enigmatico e magnetico, poetico e complesso, che riesce però a regalare una buona dose di sarcasmo e toni, a tratti, da commedia.
Il film, nel corso della narrazione, regala indizi sull'avvenire futuro e perfino sulla rivelazione finale, grazie a una gestione magistrale di simbolismi sottili e dialoghi mai lasciati al caso.
A partire dal barbone che vediamo sia quando Adelaide bambina si avventura da sola nel Luna Park, sia una volta adulta, quando lo vede deceduto sull'ambulanza e perfino in versione “fantasma”, che in tutti i casi mentre stringe tra le mani un foglio di cartone che riporta la scritta “Jeremia 11:11”, passaggio biblico sopraccitato, che annuncia l'arrivo di una terribile calamità, ovvero l'insorgere delle ombre.
Nel corso della proiezione, possiamo notare come vari animali vengano ripresi, a volte come soggetto principale di una scena, a volte quasi nascosti. Primi tra tutti i conigli, che ci vengono presentati in gabbia nella primissima scena e, successivamente, una volta svelata la “tana” delle ombre, in libertà, come a rappresentare lo stato di emancipazione raggiunto dai doppioni, finalmente in grado di uscire dalle loro gabbie. Analizzando l'etimologia della parola “coniglio”, possiamo apprendere un altro interessante particolare: il vocabolo deriva dal latino “cuniculus” ovvero “tunnel”, proprio dove le ombre risiedevano prima di scappare in superficie. Non dimentichiamoci che, nella visione cristiana, il coniglio è anche simbolo di rinascita, soprattutto in concomitanza con l'arrivo della Pasqua e quindi con l'inizio della primavera.
Un altro animale “chiave” è la scimmia, che vediamo riprodotta come maschera del piccolo Jason, per analizzarne il significato dobbiamo fare riferimento al libro “Il Bestiario d'amore”, opera del XIII secolo che riassume i significati e simbolismi biblici degli animali citati nelle sacre scritture. Secondo il testo, la natura della scimmia è quella di voler imitare tutto ciò che vede, possiamo quindi ricollegarci al fatto che Jason imita una scimmia nel momento in cui si mette la maschera, ma l'effettiva scimmia è la sua ombra, che si muove come l'animale e ragiona come tale, e che, proprio per sua natura, imita quello che fa Jason, come ricorderemo nella scena in cui l'ombra si avvicina pericolosamente alla macchina in fiamme fino a finire bruciata. Il forte istinto di sopravvivenza che pervade nel secondogenito della famiglia Wilson, potrebbe anche essere giustificato dalla presenza di un altro animale: lo squalo, animale rappresentato nella sua maglietta che indossa appena arrivato nella residenza estiva.
Dobbiamo infine fare una analisi anche su un altro animale che, neanche a metà film, ci ha spoilerato inconsapevolmente il finale: il ragno. Questo piccolo animaletto compare in ben due scene, inizialmente quando Adelaide ricorda il suo primo incontro con Red e , quando ritorna al presente, fissa sul tavolino della sala il pupazzetto di un ragno che viene affiancato da un ragno vero e proprio che cammina lentamente sulla superficie. In molte culture, il ragno è visto come simbolo del male e le sue ragnatele come una trappola. Vediamo ancora l'animale, sia in versione peluche che in versione effettiva, quando Red aggredisce Adelaide facendole sbattere la testa contro il tavolino di vetro che, in seguito all'impatto, si crepa, creando una sorta di ragnatela che parte proprio dalla testa di Adelaide, la quale fissa ancora una volta le due versione del ragno: come a significare che la tessitrice della ragnatela, dell'inganno, è proprio lei , e le due sembianze dell'animale rappresentano la sua identità e quella di Red, una vera e l'altra di uguale sembianze ma non effettivamente reale.
Le forbici, armi con le quali le ombre attaccano e uccidono, possiedono anche loro un valore simbolico intrinseco: secondo la tradizione infatti questi oggetti rappresentano strumenti in grado di svolgere una funzione intermediatrice tra il mondo fisico e quello metafisico, da questa visione nascono numerose superstizioni legate al loro utilizzo. Più concretamente, nel film rappresentano lo strumento in grado di spezzare il legame tra le ombre e le persone “reali”, da qui nasce un' ulteriore figura allegorica, legata alle classi sociali: le persone in superficie rappresentano una classe sociale agiata mentre le ombre una classe inferiore e costretta a vivere in relazione alla classe soprastante, l'uccisione tramite l'utilizzo delle forbici rappresenta la fine del divario sociale.
Con la continua alternanza di significati e simboli, violenza e affetto, sopra e sotto, noi e loro, la regia avvolge totalmente gli spettatori, creando un magnifico spettacolo di arte e tecnica; facendo una menzione d'onore alla scena di lotta tra Red e Adelaide, intervallata da sequenze della bambina che balla, ci si chiede se stiano effettivamente combattendo o più che altro danzando. La dimensione musicale, con l'apprezzata reinterpretazione di “I Got 5 on It”, si intreccia con quella temporale regalando, paradossalmente, la scena più violenta del film, anche se in assenza di un vero e proprio contatto fisico.
Il cast riesce brillantemente nell'intenzione di separare i loro personaggi principali da quelli dei doppelgänger.
Lupita Nyong'o in particolare, fa dimenticare per ben due ore che i due personaggi sono interpretati da una sola attrice, regalando una performance magistrale che, fino a ora, risulta essere la più brillante della sua carriera.
L'unico aspetto non ottimale del film è il master video: la pellicola risulta visivamente troppo scura, perfino per i toni dark del genere, non adatta e fruibile a tutti i tipi di supporto visivo. Si sarebbe potuto applicare una color correction differente, così da poter creare contrasti di luci e penombre in modo da schiarire le scene.
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