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Park Chan-wook

Oldboy | Recensione | Unpolitical Reviews

Scheda:

poster di Oldboy
Titolo Originale:
올드보이
Regia:
Park Chan-wook
Uscita:
6 maggio 2005
(prima: 21/11/2003)
Lingua Originale:
ko
Durata:
119 minuti
Genere:
Dramma
Thriller
Mistero
Azione
Soggetto:
Sceneggiatura:
Park Chan-wook
Hwang Jo-yoon
Lim Joon-hyung
Fotografia:
Jeong Jeong-hun
Montaggio:
Kim Sang-bum
Kim Jae-beom
Scenografia:
Yang Hong-sam
Musica:
Choi Seung-hyun
Cho Young-wuk
Shim Hyun-jung
Lee Ji-soo
Produzione:
Syd Lim
Produzione Esecutiva:
Kim Dong-joo
Kim Jang-wook
Casa di Produzione:
Show East
CJ Entertainment
Egg Film
Cineclick Asia
Budget:
$3 milioni
Botteghino:
$15 milioni
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Redazione

8.5

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

Oh Dae-su
Choi Min-sik
Lee Woo-jin
Yoo Ji-tae
Mi-do
Kang Hye-jung
Mr. Han
Kim Byeong-ok
No Joo-hwan
Ji Dae-han
Park Cheol-woong
Oh Dal-su
Hypnotist
Lee Seung-shin
Lee Soo-ah
Yoon Jin-seo
Young Dae-su
Oh Tae-kyung
Young Woo-jin
Yoo Yeon-seok
Young Joo-hwan
Yoo Il-han
Suicidal Man
Oh Gwang-rok
Young-ja
Park Myung-shin
Beggar
Lee Dae-yeon
Chief Secretary
Kim Su-hyun
Delivery Man
Yong-ih
Man
Syd Lim
Woo-jin's Bodyguard
Mun Seong-Bok
Guard
Yoon Jin-yul
Cheol-woong's Guard
Park Jae-Woong

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

Un uomo, forzatamente rinchiuso per anni in un appartamento e finalmente uscitone, deve scoprire il responsabile della propria incarcerazione e dell'omicidio della moglie.

Recensione:

Oldboy è la seconda pellicola della cosiddetta Trilogia della vendetta del regista e sceneggiatore Park-chan Wook, dopo Mr. Vendetta (2002) e prima di Lady Vendetta (2005). Presentato in concorso al Festival di Cannes nel 2004 e vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria, Quentin Tarantino ebbe a dirne che avrebbe voluto realizzare un film così. In effetti, per il pubblico occidentale, è facile ricondurre lo stile e le tematiche al regista statunitense: in particolare, al coevo dittico di Kill Bill (2003/04). Non bisogna però dimenticare, onde non attribuire indebitamente al regista di The hateful height l'invenzione completa di un nuovo modo di fare film, come entrambi i registi si inseriscano nel filone, sorto negli anni '90, del cinema barocco e postmoderno. Inoltre, non è mai stata un segreto l'ispirazione di Tarantino ai film orientali.

La tematica della vendetta, in Oldboy, viene ricondotta innanzitutto alla memoria e alla colpa personale. Quello a cui assistiamo, di fatto, è un triplo percorso di vendetta/espiazione: in primis, di Oh Dae-su verso il proprio carnefice; in secondo luogo di Lee Woo-jin nei confronti di chi gli ha rovinato la vita; infine, di entrambi verso le proprie colpe e fantasmi. Non vi è innocenza ma disperazione, non perdono ma espiazione. La prigione interiore dei protagonisti, incarnata ora nella cella di detenzione, ora negli impedimenti fisici (la malattia cardiaca di Woo-jin), viene solo apparentemente distrutta con la moltiplicazione della catena di violenza. Ciò che conta è il percorso di auto-consapevolezza, la “ricerca del tempo perduto”: Marcel Proust è fra gli autori europei più apprezzati in Oriente e il riferimento ai noti sapori della madelaine, qui parodiata con i ravioli, indica innanzitutto la strada dei ricordi. Se, con i quali, sia o meno catartico scendere a patti per redimersi, è lasciato al giudizio dello spettatore con l'ambiguità del finale.


La sceneggiatura, sintatticamente legata con lo stile di regia fuori dagli schemi, alterna scene d'azione a momenti riflessivi che bloccano la narrazione e sospendono la stessa finzione filmica.


Se le prime rasentano volutamente il comico, pur restando violente e ciniche oltre ogni limite, le seconde risultano strazianti. Oldboy potrebbe lasciare perplesso lo spettatore occidentale, più abituato alla compattezza e al realismo che alla comunicazione sinestetica e per sensazioni. Grande importanza rivestono, pertanto, le musiche e i colori. Le prime, affidate ora a Jo Yeong-Wook ora agli autori di musica classica, agiscono principalmente per contrasti: le une accompagnano come contrappunto ironico le sequenze di lotta, le altre risultano stranianti quando accostate alla tortura, alla morte, all'orrore. Quanto ai colori, frutto del lavoro di fotografia di Chung-Hoon Chung, si passa dai toni bui e lividi, iperrealisti, che caratterizzano le fasi di scioglimento del mistero, a toni più realistici, correlati agli eventi passati. Infine, l'ambiguità della conclusione è affidata al candore della neve, simbolo di innocenza e rinascita come di morte (si veda la simbologia del bianco in Arancia meccanica), che attornia l'espressione dell'eccellente attore protagonista.

Il continuo andirivieni fra passato e presente, mondo interiore ed esteriore, è affidato invece al montaggio, efficace e fantasioso, di Kim Sang-Bum. Il quale dà prova di maestria anche nelle scene d'azione, giocando con i rallenty e la composizione di immagine del tutto originale di Park-chaan Wook. La stasi dei movimenti fino a creare vere e proprie icone, l'utilizzo abbondante di grandangoli e le disposizioni pittoriche caratterizzano la scrittura visiva del regista, così come la scrittura scenica è caratterizzata da motivi riflessivi, voice over e moltiplicazioni dei punti di vista, e delle versioni conseguenti della verità, così rari da trovare nei film d'azione americani.

In effetti, definire Oldboy un film d'azione è riduttivo. Si tratta più di una favola filosofica sulla tragica condizione umana, sul senso dell'interrelazione e sul rapporto con se stessi. Motivi che, amalgamati a una veste senza dubbio avventurosa e al limite dello splatter e inserita in una struttura narrativa di detection, dà adito a un vero cult del nuovo millennio.

A cura di Michele Piatti.
Pubblicato il 9 novembre 2019.

Pro:

  • Regia e sceneggiatura barocche, che alternano azione e riflessione profonda sulla condizione umana.
  • Uso espressionistico dei colori, della musica e del montaggio.
  • Memorabile interpretazione del protagonista.

Contro:

  • Sintassi filmica e stile piuttosto stranianti chi si è formato nel canone cinematografico occidentale. Bisogna comunque ricordare come la scuola di Park-chan Wook sia la stessa a cui ha attinto Quentin Tarantino.
  • Compattezza narrativa e ritmo non sempre coerenti, anche se dovuti al fitto tessuto di trama d'azione e di riflessione.

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