Una donna in fuga decide di fermarsi in un Hotel lungo la strada, dove presto incontrerà Norman Bates, l'ambiguo e inquietante proprietario.
Una donna in fuga decide di fermarsi in un Hotel lungo la strada, dove presto incontrerà Norman Bates, l'ambiguo e inquietante proprietario.
Psyco è uno di quei film che si potrebbero definire spartiacque. Nulla di simile, nel genere thriller, si era mai visto prima, e nulla dopo sarebbe più stato lo stesso. Vi si trovano infatti situazioni, e soluzioni, narrative e visive che sono entrate nella grammatica comune, anche al di fuori del cinema.
Sarebbe scontato citare per prima la celebre scena della doccia: è però qui che si vede la capacità di Alfred Hitchcock nel coordinare il proprio montatore di fiducia George Tomasini (Intrigo internazionale, 1959; Gli uccelli, 1963). In pochi secondi 78 diverse inquadrature, discontinue e sincopate, ci descrivono l'omicidio brutale della protagonista.
Una tecnica che dimostra sia come Hitchcock sapesse impressionare il pubblico, sia come fosse consapevole del mezzo cinematografico:
non è il primo a utilizzare un montaggio così veloce (i registi sovietici lo facevano già da vent'anni), ma ha il merito di aver trasposto nel cinema di intrattenimento proprio delle pellicole sperimentali.
A coronare la sequenza, fra le più citate e pariodiate di sempre, è la musica di Bernard Herrmann (Fahrenheit 451, 1966; Taxi Driver, 1971), caratterizzata da uno stridore di violini raccapricciante. Tutta la sequenza punta a causare malessere nello spettatore, anche dal punto di vista sensoriale. Intento che si ripete, in maniera più sottile, nella celebre inquadratura che chiude il film: qui Hitchcock sovrappose il volto di Norman Bates a quello di un teschio, i cui frame sono inseriti per brevissimi intervalli di tempo nel montaggio. Non abbastanza da registrarlo coscientemente, abbastanza per percepirlo in maniera subliminale.
La sceneggiatura, tratta dal romanzo di Robert Bloch che a sua volta si ispira a fatti di cronaca realmente accaduti, è di Joseph Stefano, nome essenzialmente legato a numerosi sequel e remake di Psyco nel corso degli anni. È però, come sempre, un prodotto che porta indelebilmente il marchio di fabbrica di Hitchcock. Essenziale ed efficace, magistrale nel mettere in atto il meccanismo della suspense e nell'utilizzo dell'ormai celebre McGuffin della valigetta di denaro.
Il McGuffin, espediente attribuito al regista inglese, è un elemento della storia che ha la pura funzione di oggetto scatenante una vicenda che se ne discosta completamente: Quentin Tarantino ne avrebbe reso omaggio nel suo Pulp fiction (1994). Le tematiche che emergono dalla storia sono pure tipiche del Maestro del brivido: il complesso di Edipo, la schizofrenia, la perversione sessuale, la pulsione di morte freudianamente collegata all'erotismo. Molti elementi sono diventati iconici: dal motel, vero e proprio terzo protagonista silenzioso, allo scioglimento finale fra i più celebri della storia. Nel 2008, per rendere minimamente l'idea, un libro umoristico dedicato agli spoiler cinematografici, pubblicato da Rizzoli, si sarebbe intitolato La mamma di Psyco è lui con la parrucca.
Gli interpreti sono rimasti legati, fatalmente, al film. Anthony Perkins è per tutti il volto di Norman Bates, primo di una lunga serie di menti criminali psicopatiche che dà allora hanno dominato il piccolo e il grande schermo americano. Janet Leigh, candidata all'Oscar e vincitrice di un Golden Globe, rientra fra i tipici personaggi femminili hitchcockiani su cui fiumi di inchiostro sono stati versati nell'ambito dei Film studies di stampo femminista: bionda, moralmente ambigua, essenzialmente subalterna.
Di Hitchcock si fanno notare spesso le perversioni ricorrenti: anche questo ha contribuito a creare il mito di un padrino dell'horror che, a vedere come oggi ci si ricorda ancora di lui, avrebbe liquidato la propria duratura fortuna con qualche perla del proprio umorismo cinico e british.
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