Dopo la morte del magnate americano Charles Foster Kane, alcuni giornalisti ripercorrono la sua vita per scoprire il vero significato della sua ultima parola: “Rosabella”.
Dopo la morte del magnate americano Charles Foster Kane, alcuni giornalisti ripercorrono la sua vita per scoprire il vero significato della sua ultima parola: “Rosabella”.
Quarto potere è innanzitutto la storia di un caso praticamente irripetibile nella Storia del cinema. Orson Welles si era fatto strada nel mondo dei media partendo dalla radio: allora giovane attore di formazione teatrale, Welles adatta il romanzo di fantascienza La guerra dei mondi di H.G. Wells nel 1938, scatenando una vera e propria ondata di panico fra i cittadini statunitensi che credono di ascoltare un vero notiziario. Forte di questa improvvisa popolarità, il venticinquenne Welles ottiene dalla casa di produzione RKO un contratto esorbitante per un quasi esordiente come lui: 50.000 dollari di anticipo per tre film, in cui ricoprire il ruolo di regista, sceneggiatore e attore. Welles aveva, in pratica, pieni poteri di ideazione e realizzazione dei prodotti finali. Dei tre film, viene girato solo Quarto potere, che rappresenta non solo l'esordio al lungometraggio più impensabile in assoluto, ma anche quella pellicola cardine che riscrive quanto creato prima e indica la via a tutto ciò che verrà realizzato dopo.
Quarto potere si presta a molteplici livelli di valutazione. Dal punto di vista della tecnica narrativa, potrebbe essere definito un noir più che un dramma: la sceneggiatura decostruisce la vita di un uomo, portando lo spettatore ad indagare i frammenti a ritroso. L'enigma che viene presentato vacilla però fra la futilità e l'insondabilità. Oltre a rappresentare una biografia personale, la storia segue lo schema rise and fall di un intero ideale collettivo, quello americano del progresso, facendo del protagonista un individuo tragico e universale, memore dei personaggi ebbri di potere del teatro greco e shakespeariano. Sullo sfondo si agita, peraltro, una tragedia: quella della Storia umana. Inoltre, un altro livello interpretativo è quello più filosofico dei limiti di ricerca della verità: nella frase «La vita di un uomo non si può spiegare con una sola parola» è racchiuso il frustrante e vano tentativo di trovare un senso a ciò che accade e di riuscire a raccontarlo. Quarto potere, per questo motivo, si pone anche come riflessione meta-cinematografica: se il mezzo tecnologico ha il potere di creare mondi e dare forma alla Storia (il protagonista stesso è un magnate dei media che pretende di avere il controllo sulla verità), l'essenza delle cose rimanda sempre ad altro, si frammenta, disorienta.
La teatralità delle scenografie e l'esasperato barocchismo della regia mettono in scena quanto il cinema sia un'entità dirompente ma, allo stesso tempo, illusoria.
Ciò che può rappresentare, infatti, è solo un'illusione di verità, una cronaca delle infinite possibilità più che dell'effettivo. Il filosofo Ludwig Wittgenstein affermava che, essendo i limiti del linguaggio anche i limiti del mondo, «su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere»: Orson Welles, con un film solo, porta l'arte cinematografica alle proprie vette e, allo stesso tempo, la mette a tacere. Parafrasando nuovamente Wittgenstein, Quarto potere è una scala che indirizza alla verità ma, una volta terminati i gradini, si rivela vertiginosamente ingannevole.
Entrando nel merito, il soggetto originale del film è ispirato alla figura del magnate della stampa William Randolph Hearst e la trama riprende a grandi linee le principali tappe della sua vita: l'interessamento ad un piccolo editoriale e il suo seguente successo, i due matrimoni, la costruzione del castello e perfino i fallimenti politici. Da questo spunto prende avvio quello che si rivela un rompicapo metaforico, che ha come perno la personalità originaria, e sepolta dal tempo, del protagonista. Come detto sopra, gli aspetti finzionali e illusionistici della scrittura rendono però la ricostruzione giornalistica solo apparentemente autentica, con l'espediente del resoconto per interposta persona. Struttura narrativa che viene completamente scardinata, l'incastro tra flashback ed eventi presenti rovescia in toto gli stilemi passati, generando un primo esempio di cinema moderno: non vi è punto di vista nel quale immedesimarsi, narratore e spettatore onniscienti sono assenti. Lungi dall'essere inficiata da errori logici, la sceneggiatura propone verità parziali, mostrando come la verità assoluta sia un assurdo insondabile. Sul quale, paradossalmente, si basa l'intero film. La figura di Kane, personalità fra le più enigmatiche, acquista, se non un senso, almeno una visibilità di insieme nel fulminante finale. È interessante come la traduzione italiana del titolo americano dia importanza alla riflessione sui media, mentre l'originale sia Citizen Kane: il cittadino Kane, l'everyman che corrisponde, nel contesto dell'American dream, al self-made man.
Alla complessità della scrittura fa eco il talento di Welles in regia e coordinazione del montaggio. Il cineasta fonde in modo magistrale elementi del teatro e del cinema ricostruendo il punto di vista dello spettatore con inquadrature del tutto innovative e al limite del possibile (una tra tutte la scena iniziale del segnale No Trespassing, nella quale la macchina da presa oltrepassa l'invalicabile cancello e si innalza al di là della recinzione, come se qualcuno stesse realmente cercando di scavalcarla). L'utilizzo sistematico della profondità di campo permette a tutto ciò che appare nell'inquadratura, sia in primo piano che sullo sfondo, di essere costantemente a fuoco: esemplificativa la scena nella casa d'infanzia di Kane, realizzata attraverso l'impiego di speciali lenti ad aperture diaframmatiche differenti, ideate dallo stesso Welles con l'aiuto del maestro Gregg Toland, direttore della fotografia. Questa nuova tecnologia permette di evitare l'utilizzo del campo-controcampo e poter sfruttare maggiormente magnifici piani sequenza. Molti dei campi lunghissimi sono frutto di fotomontaggi accuratissimi, come nel caso dell'enorme folla di persone riunite ad ascoltare il comizio di Kane, con alle sue spalle la propria gigantografia. Molteplici sono poi le inquadrature dal basso (contre-plongee), che comunicano allo spettatore come l'impressione di essere schiacciato dalla monumentalità del magnate sullo schermo. Il montaggio, oltre a conferire una linearità distorta degli eventi accaduti, impiega, soprattutto nelle composizioni iniziali, le dissolvenze incrociate, comunemente definite come montage, breve sequenza dove le varie inquadrature si susseguono piuttosto rapidamente, e il cui scopo è esprimere un passaggio temporale o spaziale.
La fotografia del leggendario Toland (La voce nella tempesta, 1939; Viaggio senza fine, 1940) riprende nuovamente i tratti del noir drammatico utilizzando la luce in modo stupefacente e mescolando i caratteri prettamente teatrali a quelli del cinema espressionista. Nelle ambientazioni interne, spesso, numerosi fasci di luce da proiettori a singolo raggio posti superiormente, solitamente adoperati sul palcoscenico, mostrano ad intervalli il passaggio degli attori, evidenziandone la loro importanza scenica seguendo lo scorrere dei dialoghi. Se nella prima metà del film prevale una luce forte ad alto contrasto, volta a sottolineare l'onestà idealista di Kane, nella seconda parte si impone l'enigmaticità e il fallimento, dove vi si trovano per l'appunto i tratti più espressivi (e tragicamente oscuri) del cinema tedesco e russo (Lang per esempio), da cui Welles prende maggior ispirazione. Ogni componente tecnica, nella propria innovazione (e perfezione), esalta direttamente colonna sonora (del noto Bernard Herrmann) e scenografie, entrambe sofisticamente pregevoli.
Se nella fotografia la profondità di campo viene utilizzata sistematicamente, nel suono viene introdotta. La sincronizzazione sonora e il relativo abbandono del cinema muto è avvenuto da appena vent'anni, e molte saranno ancora le tecniche e le tecnologie introdotte a seguire. In questo periodo storico viene sperimentata la profondità di campo sonora: i suoni non vengono più ripresi singolarmente per poi essere mixati allo stesso volume, ma vengono ripresi contemporaneamente. Va da sé che il suono più distante verrà ripreso ad un volume più basso rispetto ad uno più vicino (risultando molto più realistico). L'utilizzo della gamma dinamica appare così naturale, che pensare che sia stata introdotta proprio con Quarto Potere ne aumenta ancora di più il prestigio.
Va sottolienata, di Welles, congiuntamente alla perizia tecnica, anche quella interpretativa. Cui si associa un make-up risulta credibile, che conferisce maggior valore alla sua performance. Gli attori tuttavia risultano sovrastati dalla magnificenza del comparto tecnico, visivo e sonoro, che va nella direzione dichiarata di superare la stessa forma del cinema.
Tutto ciò è Quarto Potere, un film perfetto, tecnicamente eccellente, rivoluzionario e geniale sotto tutti i punti di vista. Dal lato della storia, un esempio ancora attuale di dialettica individualista della figura dell'uomo, da artefice di sé stesso, utopista e imparziale, a vittima del tempo, elemento neutrale che livella, senza distinzioni, lasciando il soggetto nel rammarico dei suoi rimpianti (Rosabella). Dal lato della tecnica e della riflessione sullo stesso mezzo cinematografico, una messa alla prova delle sue stesse potenzialità.
Caricamento modulo