La giovane Susanna Kaysen viene ricoverata in un ospedale psichiatrico, dove tra nuove amicizie e vecchi ricordi imparerà ad affrontare i suoi tormenti.
La giovane Susanna Kaysen viene ricoverata in un ospedale psichiatrico, dove tra nuove amicizie e vecchi ricordi imparerà ad affrontare i suoi tormenti.
Ragazze interrotte è l'adattamento cinematografico del diario di Susanna Kaysen, scrittrice statunitense in gioventù realmente ricoverata in una struttura psichiatrica, che raccontò questa drammatica esperienza nella sua autobiografia (La ragazza interrotta, 1993). Dopo aver letto il libro della Kaysen, Winona Ryder provò ad aggiudicarsi i diritti per la produzione di un film, ma scoprì che erano stati già acquisiti da Douglas Wick e Cathy Konrad. Decise quindi di collaborare con loro alla realizzazione della pellicola, che impiegò ben sette anni prima di uscire sul grande schermo. Fu proprio su insistenza della stessa Ryder che James Mangold (Identità, 2003 e Le Mans ‘66 – La grande sfida, 2019), inizialmente riluttante, accettò di dirigere il lungometraggio, semanticamente molto affine a Dolly's Restaurant (1995), suo fortunato esordio alla regia.
Dopo un inizio piuttosto piatto e convenzionale, il film sembra voler proporre allo spettatore una sorta di rivisitazione a tinte rosa del celeberrimo Qualcuno volò sul nido del cuculo (Milos Forman, 1975); entrambe le pellicole, infatti, presentano diverse caratteristiche in comune: l'ambientazione in una clinica psichiatrica a cavallo tra anni ‘60 e anni ‘70, il protagonista instabile ma non del tutto compromesso (a differenza degli altri ospiti), l'instaurazione di un intenso legame tra i pazienti, l'incomprensione degli psichiatri e la pericolosità delle loro cure. Ciò nonostante, nel suo sviluppo, Ragazze interrotte riesce a differenziarsi dall'opera di Forman, prendendo via via le distanze da essa e finendo per acquisire un'autonomia tale da riuscire a far emergere un messaggio addirittura opposto. Infatti, se l'ospedale di stato di Salem è un luogo dannoso, che compromette definitivamente la psiche di McMurphy a suon di elettroshock e lobotomie, il Claymoore Hospital si rivela in fin dei conti una casa di cura ideale per accogliere e risolvere i disturbi delle sue pazienti. Se Susanna guarisce è solo merito del percorso di recupero che decide di intraprendere, accettando l'aiuto non della sua amica Lisa – che ha su di lei un'influenza negativa – ma della comprensiva infermiera Valerie (ben altra cosa rispetto alla perfida Mildred Ratched).
L'aver ribaltato il luogo comune dell'ospedale come luogo di oppressione piuttosto che di cura è sicuramente il pregio migliore del film in esame.
Tuttavia, la sceneggiatura non sembra sempre del tutto convincente: i personaggi secondari non vengono adeguatamente approfonditi e i dialoghi risultano spesso banali e approssimativi.
Dal punto di vista tecnico il film risulta accademico. Tramite lente carrellate in avanti la regia riesce talvolta a regalare qualche buon primo piano, ma nel complesso si dimostra piuttosto ordinaria. Non entusiasmano particolarmente né la fotografia, che avrebbe potuto giocare meglio con i contrasti tra luci e ombre, né la scenografia, limitata e non abbastanza efficace nel trasmettere il senso di claustrofobia che sarebbe lecito attendersi da una clinica psichiatrica. Anche le musiche, sebbene utili ad immedesimare lo spettatore negli anni ‘60, si rivelano per lo più scontate e decontestualizzate. Vero valore aggiunto dell'opera risultano invece le interpretazioni del cast: Winona Ryder incarna alla perfezione i turbamenti di Susanna, mentre Angelina Jolie (premio Oscar e Golden Globe del 2000 alla miglior attrice non protagonista) offre una delle performance più convincenti della sua carriera, conferendo al suo personaggio profondità e dinamismo. Grazie alla sua interpretazione, Lisa si dimostra del tutto folle e imprevedibile, potendo trasformarsi in pochi attimi da amica complice e leale a furente rivale spietata.
Per tutte queste ragioni la pellicola di James Mangold si dimostra essere di discreta qualità nonostante gli ottimi presupposti iniziali, in alcuni punti forse riconducibile ad altre pellicole di maggior spessore, ma in grado comunque di costruirsi una propria identità.
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