la notte di Halloween, un gruppo di amici si avventura in una casa che, la leggenda vuole, sia infestata. Ben presto si renderanno conto che non si tratta di una semplice leggenda, ma di una storia reale.
la notte di Halloween, un gruppo di amici si avventura in una casa che, la leggenda vuole, sia infestata. Ben presto si renderanno conto che non si tratta di una semplice leggenda, ma di una storia reale.
Adattamento cinematografico dell'omonima serie di libri per ragazzi, Scary stories to tell in the dark cerca di imporsi come horror adolescenziale impegnato, sulla stessa linea di IT (2017; 2019) e dell'acclamata serie Stranger Things, in cui i protagonisti cercano di relazionarsi all'aspetto paranormale mentre vivono l'adolescenza, in un'atmosfera volutamente vintage e malinconica, ma senza riuscirci.
Sebbene il potenziale c'è, non viene accolto appieno. Non sono bastate quindi le cinque persone che hanno lavorato sulla sceneggiatura e sul soggetto (Alvin Schwartz, Guillermo del Toro, Patrick Melton, Marcus Dunstan, Dan Hageman, Kevin Hageman) per creare un prodotto valido. Al contrario invece, sembrerebbe che il coinvolgimento di un numero così alto di persone abbia portato a una sceneggiatura debole, confusa e decisamente troppo teen, rendendo il film difficilmente apprezzabile da un pubblico più adulto.
La narrazione risulta macchinosa e quasi caotica sotto certi aspetti, caratterizzata da un inizio eccessivamente lento, che fa fatica a partire mentre i successivi tempi risultano invece troppi affrettati.
La mediocrità del cast non è giustificabile dall'età dei protagonisti in quanto, come si è potuto vedere nel sopraccitato IT, è possibile avere un buon cast di giovane età, che possa facilmente mantenere narrazioni ben più lunghe e complesse.
La resa dell'effetto horror è banalmente regalata da alcuni insipidi jumpscare che cadono in clichè già visti. Partendo dal pluricitato film “La notte dei morti viventi” (1968), la pellicola è articolata da altri elementi come la “stanza rossa”, oramai presente in quasi tutte le pellicole horror, la registrazione del passato che parla con i ragazzi nel presente, e la dinamica dello spirito maligno che è stato maltrattato in vita, alla base della narrazione.
L'intervento di Guillermo del Toro (La forma dell'acqua, 2017; Il labirinto del fauno, 2006) si nota principalmente in due ambiti: il contesto politico, appena accennato e che non funziona ai fini della narrazione e la realizzazione delle creature, di per sé ottima, ma che non basta a salvare la pellicola.
Elemento tipicamente essenziale per i film di genere, le musiche, risultano fuori luogo e non competono alla creazione di atmosfere inquietanti; ciò aggrava sull'impossibilità dello spettatore nel riuscire a immedesimarsi nel racconto e nei successivi momenti horror.
Negli ultimi anni il genere horror ha subito un grande cambiamento, la tendenza splatter che aveva caratterizzato i primi anni del millennio (sulla scia di Saw- L'enigmista, 2004), ha lasciato spazio a un genere più psicologico, interiorizzato e quasi d'autore (Midsommar – Il villaggio dei dannati, Suspiria, The nest (Il nido), per citarne alcuni); innalzando notevolmente l'asticella per gli aspetti tecnici tra cui sceneggiatura e regia.
Un film come Scary stories to tell in the dark quindi, oggi più che mai, si presenta come un film nettamente inferiore rispetto alle tendenze del genere degli ultimi anni, in cui nemmeno lo zampino di Del Toro riesce a salvarne le sorti.
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