Scheda:
Uscita:
15 dicembre 1995
(prima: 22/09/1995)
Genere:
Crime
Mistero
Thriller
Sceneggiatura:
Andrew Kevin Walker
Fotografia:
Darius Khondji
Montaggio:
Richard Francis-Bruce
Scenografia:
Clay A. Griffith
Produzione:
Arnold Kopelson
Phyllis Carlyle
Produzione Esecutiva:
Gianni Nunnari
Dan Kolsrud
Anne Kopelson
Casa di Produzione:
New Line Cinema
Juno Pix
Cecchi Gori Pictures
Carica Altro
Cast:
Trama:
Anticipazione
Trama Completa
Un anziano e disilluso detective indaga assieme a un giovane e impulsivo collega, trasferitosi da poco assieme alla moglie, su un killer che compie i propri delitti in base alla scala dei sette peccati capitali, collegandoli sistematicamente gli uni agli altri.
Il detective William Somerset (Morgan Freeman), prossimo alla pensione e profondamente pessimista, viene affiancato dal giovane David Mills (Brad Pitt), impulsivo e meno riflessivo del collega, per risolvere un caso di omicidio: un comune cittadino, affetto da obesità e costretto a mangiare fino a morire. Che dietro al delitto vi sia una mente programmatica risulta evidente solo l'indomani, quando viene trovato morto l'avvocato corrotto Eli Gould. Affianco al suo cadavere seviziato è infatti scritta col sangue la parola “avarizia”. Si intuisce che l'assassino ha in mente di proseguire la propria catena secondo la logica dei sette peccati capitali: dopo gola e avarizia, accidia, superbia, lussuria, invidia, ira.
Dapprima riluttante per i pochi giorni, sette, che gli mancano al pensionamento, Somerset tuttavia accetta di non lasciare solo il neo-collega, inizialmente detestato. È la moglie di David, Tracy (Gwyneth Paltrow), a indurre la riconciliazione fra i due invitando Somerset a cena nella casa in cui da poco la coppia si è trasferita; successivamente, in privato, rivela all'anziano poliziotto di essere incinta e preoccupata per l'ambiente violento in cui il figlio potrebbe nascere. Intanto le indagini proseguono fra analisi scientifiche e ricerche in biblioteca sui testi, sacri o meno, che potrebbero aver ispirato il piano, metodico e malato, del killer.
Questi gioca una partita a scacchi con la polizia, disseminando i luoghi del delitto di indizi che conducono sempre alla vittima successiva.
Dopo un inseguimento-sparatoria, in cui il volto dell'assassino non viene rivelato e David rimane ferito, è lo stesso colpevole (Kevin Spacey) a costituirsi ad appena due vittime dalla fine del progetto. John Doe, tale il nome con cui viene identificato l'uomo senza passato, afferma di voler condurre i due detective agli ultimi cadaveri (corrispondenti a invidia e ira). In un delirante monologo durante il viaggio, John si dichiara nominato da Dio come giustiziere dei mali nel mondo. Arrivati in una zona desertica, mentre David tiene John sotto tiro, viene recapitato un pacco il cui contenuto viene svelato da Somerset: la testa di Tracy. Il disegno finale di John è chiaro: l'emozionale David, uccidendo John stesso colpevole di averne invidiato la vita coniugale, si macchierà d'ira e verrà arrestato. Esattamente ciò che accade, malgrado il saggio Somerset cerchi di dissuadere il collega.
Recensione:
Seven è un thriller che vuole collocarsi come spartiacque del genere, riprendendo stilemi classici del noir e introducendo variazioni tematiche allora inedite. Se il soggetto di Andrew Kevin Walker (sceneggiatore di 8 mm – Delitto a luci rosse e Il mistero di Sleepy Hollow) presenta infatti le tipiche figure narrative del detective nichilista, della coppia di opposti, della città come giungla del crimine, della mente criminale geniale e scientifica, l'idea che la coerenza della storia sia data dal fil rouge dei sette peccati capitali, con tanto di riferimenti alla letteratura filosofica in merito (Dante, Milton, la Bibbia…), è senza dubbio originale per l'epoca.
La regia di David Fincher (Fight Club, 1999; The Social Network, 2010) si dimostra più che adeguata, coerente nella resa atmosferica cupa e livida, conscia dei propri modelli eppure tesa al rinnovo:
alcune inquadrature quasi espressionistiche e un certo gusto del sadico per le scene degli omicidi, di discreto impatto visivo, marcano lo stile del film rendendolo distinguibile.
Ne sono complici la fotografia di Darius Khondji (Delicatessen, 1991; Evita, 1996), efficacemente fredda e buia in sintonia con gli eventi narrati, e il montaggio di Richard Francis-Bruce (Mad Max – Oltre la sfera del tuono, 1985; Il miglio verde, 1999) che sfoggia la propria professionalità in almeno due sequenze: la camminata di Somerset fra gli scaffali della biblioteca, con un raccordo mascherato sullo stesso asse, e l'inseguimento di John Doe per il condominio. Per essere quella da thriller poliziesco un'ambientazione quasi abusata, Seven è in definitiva un prodotto che può fare scuola in tal senso.
È nella sceneggiatura di Walker che si ritrovano invece più alti e bassi. Da un lato infatti i modelli tensionali sono ben utilizzati e sortiscono un certo effetto, conditi con l'inclinazione mistico-filosofica delle citazioni letterarie e con alcuni scambi di battute piuttosto ironici e ritmati fra i protagonisti; il finale, per quanto non certo un colpo di scena inaspettato, risulta comunque da manuale. D'altra parte la scrittura di personaggi non si dimostra sempre all'altezza delle premesse: il detective Mills, così esplicitamente caratterizzato nella sua impulsività, non ha un vero arco di crescita personale. Il suo errore terminale resta lo stesso di quelli iniziali, a nulla sembra servire l'incontro con il mentore Somerset: un'evoluzione del personaggio sarebbe stata il minimo. Alla figura di John Doe, intensa maschera di assassino pianificatore e calcolatore fino alla nevrosi, è stato fatto il torto peggiore: il monologo in macchina, troppo esplicito e moraleggiante, leva il fascino di silenzioso schizoide a un villain che proprio nell'ambiguità etica aveva il suo punto forte (qual è la vera giustizia? Può una persona erigersi a giustiziere?).
Altro aspetto di inferiore livello, la musica di Howard Shore (Il signore degli anelli, 2001-2003, Il caso Spotlight, 2015): il brano di musica elettronica che accompagna i bei titoli di testa risulta fuori luogo nel momento in cui si limita solo a quella sequenza, senza essere poi sviluppata.
Il cast, particolarmente i tre protagonisti maschili, risulta invece di tutto rispetto. Morgan Freeman è in perfetta simbiosi/antitesi con Brad Pitt ed entrambi caratterizzano a dovere i personaggi, purtroppo resi statici e piatti dai summenzionati difetti di sceneggiatura. Kevin Spacey mostra tutta la sua maestria nei pochi ma intensi momenti in cui appare sullo schermo: una gelida e lucida follia pervade a tal punto il suo sguardo tagliente e iconico, da far quasi passare in secondo piano la spiegazione orale e pedantesca dei suoi crimini.
In definitiva Seven è un piccolo cult che, nel bene e nel male, mostra i suoi anni, e che avendo tanto da dire, a volte, dice un po' troppo.
A cura di Michele Piatti.
Pubblicato il 2 aprile 2019.
Pro:
- Regia, fotografia e montaggio coerenti e d'atmosfera.
- Buon rinnovo di modelli tensionali classici.
- Cast di tutto rispetto.
Contro:
- Personaggi statici.
- Sceneggiatura a volte troppo esplicita.
- Musiche insufficienti.
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