I Looney Tunes, assieme a Michael Jordan, sfidano una squadra di alieni a basket in cambio della loro libertà.
I Looney Tunes, assieme a Michael Jordan, sfidano una squadra di alieni a basket in cambio della loro libertà.
I Looney Tunes, creature della Warner Bros. ed eterni rivali dei personaggi Disney, hanno accompagnato i bambini statunitensi e di tutto il mondo a partire dagli anni Trenta. Le loro icone sono entrate a far parte della cultura popolare attraverso riusciti cortometraggi e lungometraggi animati, che pur evolvendosi nel corso del tempo hanno sempre avuto come costante l'intelligenza e la sottigliezza dell'umorismo. Basti pensare che il personaggio più indicativo dell'universo, il loquace coniglio Bugs Bunny, è ispirato fin dalla carota costantemente in bocca a Groucho Marx, alla sua parlantina irriverente e al suo mitico sigaro. L'operazione del 1996 di Space Jam intende conciliare gli storici personaggi animati con un contesto più aggiornato, ricorrendo a celebrità dello sport e dello star system americano, alla chiave del film fantascientifico sorretto su un'impalcatura sportiva e a un divertito gioco postmoderno sui miti della cultura globalizzata.
Meno di dieci anni prima, nel 1988, Chi ha incastrato Roger Rabbit di Robert Zemeckis aveva indicato la strada della parodia, della tecnica mista fra attori reali e animazione (usata in realtà fin dagli albori del cinema, ma non con fini di pastiche culturale) e dell'effetto cross-over, arrivando a far convivere nella stessa inquadratura proprio Mickey Mouse e Bugs Bunny. I pregi di Chi ha incastrato Roger Rabbit rappresentano tutto quanto manca a Space Jam per essere un prodotto riuscito: qualità della scrittura pur in chiave iperrealista, buona tecnica e intraprendenza.
Il primo e più evidente motivo di delusione, in Space Jam, è notare come i Looney Tunes perdano parte del loro potenziale ironico e sarcastico per confluire in un film il più possibile fruibile dalle famiglie (malgrado ciò, il target appare quantomeno in contrasto con l'introduzione di un personaggio inedito iper-sessualizzato quale Lola Bunny). Si ha talvolta l'impressione che le gag comiche siano basate prevalentemente sulla citazione dei cartoni animati e sulla loro stessa presenza in un contesto a loro alieno.
Risulta in questo senso più riuscito il cammeo, totalmente ingiustificato e proprio per questo estremamente comico, di Bill Murray nel ruolo di se stesso.
La sensazione che i personaggi animati siano paradossalmente fuori posto, esattamente come lo è Michael Jordan, è costante.
La sceneggiatura di Leo Benvenuti, Steve Rudnick, Timothy Harris e Herschel Weingrod, al di là di alcune trovate riuscite, segue uno schema già visto e abbastanza scontato nella morale.
La regia di Joe Pitka e la correlazione fra scene animate e reali risulta poi terribile. Si ha talvolta l'impressione che non vi sia il minimo sforzo per rendere credibili le interazioni fra Looney Tunes e attori in carne e ossa e gli effetti speciali non solo non eguagliano il già citato e precedente Chi ha incastrato Roger Rabbit, ma sembrano addirittura più ingenue – in proporzione - di tanti classici della tecnica mista di decenni più antichi quali Pomi d'ottone e manici di scopa (1971), Mary Poppins (1964) e I racconti dello zio Tom (1946).
In un film che gioca sulla celebrità dei personaggi coinvolti, le interpretazioni passano necessariamente in secondo piano. Michael Jordan, laddove conquista la simpatia dello spettatore, vi riesce unicamente in quanto icona sportiva e l'improbabilità di vederlo sullo schermo assieme a Bugs Bunny è sufficiente per non dovergli richiedere particolari doti recitative. Dove Space Jam si rivela inaspettatamente riuscito, è nell'ottima colonna sonora capace di lanciare un pezzo ormai indelebile quale I Believe I Can Fly di R. Kelly.
Malgrado tutto i suoi difetti, Space Jam è riuscito comunque a vincere la scommessa che si era prestabilito: stroncato dalla critica, all'uscita venne ripagato da 230 milioni in dollari di incasso in tutto il mondo, entrando nella classifica dei film sportivi di maggior successo di sempre. Soprattutto, continuando a giocare con le icone pop, il film lo è diventato a sua volta e anche il più acceso critico non può non riconoscergli lo statuto di opera rappresentativa degli ultimi anni Novanta.
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