La famiglia reale inglese si prepara a festeggiare il Natale, ma tra le mura della residenza Sandringham Lady Diana arriverà a una decisione storica: il divorzio dal marito Carlo.
La famiglia reale inglese si prepara a festeggiare il Natale, ma tra le mura della residenza Sandringham Lady Diana arriverà a una decisione storica: il divorzio dal marito Carlo.
Dopo Jackie (2016) Pablo Larraìn torna a raccontare la storia di una donna simbolo della storia contemporanea: Lady Diana.
Se dirigendo Natalie Portman (V per Vendetta, 2006; Il cigno nero, 2010) nei panni di Jacqueline Kennedy Larraìn aveva portato sullo schermo i quattro giorni tra l’omicidio di JFK e la sua sepoltura, in Spencer il regista cileno si sofferma sui tre giorni che hanno portato alla scelta definitiva, da parte di Diana, di divorziare dal principe Carlo.
Nella prima scena, con riferimento solenne, come se fosse un crocifisso o l’occhio del Grande Fratello, si legge appeso nelle mura della cucina un cartello che invita al silenzio, in quanto Loro ascoltano sempre. Questa Apertura quasi horrorifica detta i toni di paranoia e claustrofobia della pellicola, che si stringe sulla Diana della Stewart (nata per la parte e con la perfomance migliore della sua carriera) come un progressivo soffocamento - rappresentato dalla collana in perle regalata da Carlo sia alla moglie che all'amante - ma anche di nausea e vomito che sono in stretto collegamento con il disturbo alimentare di Diana, che la perseguita come un fantasma.
Continuando sulla linea psicologica terrorizzante della pellicola, anche i fantasmi si fanno protagonisti della vicenda, quelli del passato - come il parallelismo di Anna Bolena e “dei pezzetti di pelle morta” di coloro che hanno preceduto Diana - e del presente, con Diana stessa, che esiste ma vorrebbe sparire e che corre leggera, con un abito bianco, tra le mura della dimora.
Proprio nelle scene in cui, progressivamente, Diana si identifica con la defunta Anna Bolena, la regia segue quasi rabbiosamente i deliri della principessa, con una costruzione crescente di tensioni, in cui la musica diegetica detta propriamente toni d’angoscia e di terrore.
In un intreccio drammatico, psicologico, biografico e, in qualche oscuro modo, fiabesco, la narrazione si consuma esclusivamente intorno alla figura di Diana, non come la Lady D già ampiamente raccontata e interpretata, ma una visione forse più fantasiosa, in cui Diana è, prima di essere la Principessa del popolo, una Spencer.
Il collegamento con la casa d'infanzia è essenziale e solo una volta raggiunta l’oscura e diroccata dimora, i fantasmi raggiungono la protagonista e diventano lei, liberandola da un angosciante nome, da uno scomodo vestito, da un freddo palazzo e da una stretta collana di perle.
Nella scena della libertà ritrovata, la fotografia, la regia e le musiche danno il meglio di sé, come se si fossero trattenuti anche loro, insieme alla protagonista, seguendola nei deliri e nella sofferenza, esplodono: rompendo i dogmi temporali del passato, presente, futuro, mostrando una Diana bambina, una Diana sposa, una Diana ballerina: la Diana Spencer che era oramai diventata, a tutti gli effetti, un fantasma.
E quindi Diana Spencer prende tra le mani i suoi bambini e li porta lontano, sembra perfino far pace con il cibo, che assapora mentre guarda speranzosa il Tamigi, mentre sorride con Harry e William, in un epilogo finale in cui sembra guardare, forse per la prima volta, il futuro.
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