Luke Skywalker si unisce all'Alleanza Ribelle per salvare la principessa Leila dalle grinfie di Darth Fener e combattere l'Impero Galattico.
Luke Skywalker si unisce all'Alleanza Ribelle per salvare la principessa Leila dalle grinfie di Darth Fener e combattere l'Impero Galattico.
Parlare di Star Wars è come parlare del pane. In oltre quarant'anni, quello che è riuscito a fare George Lucas (American Graffiti, 1973) con questo franchise è qualcosa che non ha probabilmente eguali nella storia del cinema e della cultura pop. A livello extra-filmico, il grande merito di Star Wars – Una nuova speranza è stato quello di aver cambiato la nostra cultura e il nostro immaginario e quello di essere entrato nel linguaggio comune, grazie alle sue battute storiche, il design sonoro, l'estetica, la colonna sonora e i mitici personaggi. Indubbiamente, ha anche rappresentato uno spartiacque nella storia del cinema e, più nello specifico, in quella di Hollywood. La sua uscita, sul finire degli anni '70, è riuscita a ridimensionare il genere della fantascienza, così come fecero altri film della New Hollywood con differenti generi. Con Lucas la fantascienza viene utilizzata come contesto per lasciare spazio alla spettacolazione e a una narrazione che unisce il western, l'epica, il fantasy e alcuni archetipi tipici del mito. Il risultato di tutte queste componenti è un film che ha contribuito, insieme a Lo squalo (Steven Spielberg, 1975), a portare il cinema nella nuova fase dei blockbuster e del grande spettacolo.
A fronte di quanto già detto, è interessante l'utilizzo che Lucas fa del genere. La fantascienza non fa da padrona nella narrazione. Non è al centro delle dinamiche narrative che muovono i protagonisti. Lucas ha preso una vicenda fatta di archetipi e l'ha applicata al contesto fantascientifico che tutti conoscono. Gli elementi della trama potrebbero appartenere ed essere adattati a un qualsiasi contesto. Basti pensare al concetto stesso della resistenza che si ribella alla massima potenza militare. Questa narrazione fatta di archetipi, che ripercorre tutte le fasi del viaggio dell'eroe, rende la sua struttura lineare ma, allo stesso tempo, estremamente stabile. Luke Skywaler è l'eroe che viene prelevato dal mondo ordinario di Tatooine per essere catapultato in quello straordinario della Guerra Civile Galattica. Anche il suo sviluppo interiore e il suo rapporto con Dart Fener, l'antagonista principale della saga, segue queste regole: con i racconti di Obi-Wan Luke scopre di essere connesso a Dart Fener e di avere delle similitudini con lui, cosa che verrà spiegata nel capitolo successivo della saga. L'utilizzo degli archetipi, pur garantendo una struttura narrativa stabile e lineare, non permette ad alcuni personaggi di uscire dagli schemi predefiniti; inoltre, ciò intacca anche la recitazione degli stessi attori. Coloro che risentono maggiormente di queste limitazioni sono proprio Mark Hamill, Carrie Fisher e i loro rispettivi personaggi. Questa loro rappresentazione così funzionale ai fini della vicenda potrebbe rappresentare un passo indietro per il film, soprattutto in un periodo come gli anni '70, in piena New Hollywood, fatta di personaggi problematici e complessi, tra i quali Travis Bickle in Taxi Driver (Martin Scorsese, 1976). Ciò non intacca, invece, le performance eccelse di Harrison Ford, volutamente antipatico, e del mattatore Alec Guinnes, in un ruolo che rispecchia l'archetipo del mentore, il quale verrà ripreso, a livello cinematografico, per personaggi iconici come Gandalf o Albus Silente.
Nonostante queste inevitabili limitazioni, il tempo ha dato ragione a George Lucas, il quale è riuscito a rendere ogni singolo personaggio un'icona dell'immaginario collettivo e della cultura pop.
Distaccandoci dalla componente narrativa, tale merito va attribuito anche a Ben Burtt, il sound designer autore degli iconici effetti sonori presenti nel film, come il ronzio delle spade laser, il verso di Chewbecca, il respiro di Dart Fener e il pigolio di C3-PO. L'efficacia con cui è stato rappresentato quest'ultimo effetto sonoro è stata d'esempio per i suoni e la voce del robot protagonista del film Pixar Wall-e (Andrew Stanton, 2008), doppiato dallo stesso Ben Burtt. L'innovazione apportata dalla creazione di tali effetti lo ha reso uno dei capostipiti della professione. Rimanendo nell'ambito del sonoro, la colonna sonora ad opera di John Williams (Harry Potter, 2001; Jurassic Park, 1993) è fra le più famose e importanti della storia del cinema. Inoltre, essa ha una funzione narrativa molto forte e precisa. Il leitmotiv di carattere operistico che apre e chiude il film durante i titoli di testa e di coda, accompagna anche i punti di tensione e di climax maggiori. Altri motivi sono associati ai singoli personaggi e integrano quello che la sceneggiatura non dice apertamente. In questo, anche la colonna sonora concorre a conferire maggiore forza alla struttura narrativa, nonostante sia un film basato molto sulla spettacolarità e sugli effetti speciali, innovativi per l'epoca. La resa finale di tali effetti e della dimensione spaziale richiama, anche se con un tono meno cupo e asfissiante, quella di 2001: Odissea nello spazio (Stanley Kubrick, 1968); di fatto, fra i collaboratori figura John Dykstra (The Hateful Eight, 2015; C'era una volta a… Hollywood, 2019), uno degli assistenti di Douglas Trumbull (Incontri ravvicinati del terzo tipo, 1977; Blade Runner, 1982), al quale si deve la realizzazione dello Star Gate nel film di Kubrick (Arancia Meccanica, 1971; Barry Lyndon, 1975). Lucas è riuscito a fondere la rappresentazione straordinaria delle scenografie fantascientifiche, come la maestosa Morte Nera, all'azione tra navicelle spaziali. Tale fusione elargisce il ritmo della pellicola, sia nelle scene action che in quelle di transizione. In queste dinamiche è visibile l'influenza del genere western, sia di natura classica hollywoodiana che italiana degli spaghetti western. La scena della taverna di Mos Eisley ricorda tantissimo le risse all'interno del tipico saloon. Così come i campi lunghissimi che riprendono l'immenso deserto del pianeta Tatooine, nei quali si possono rivedere le immense praterie della Monument Valley e del John Ford's point, tipico del western classico hollywoodiano come Sentieri selvaggi (John Ford, 1956). La connessione con il western alla John Ford si può evincere anche nella Battaglia di Yavin, dove i lunghi inseguimenti tra le truppe imperiali e i caccia della ribellione ricordano l'attacco degli Apache alla diligenza in Ombre rosse (John Ford, 1938).
La commistione di tutte queste componenti rendono Star Wars – Una nuova speranza un film molto più complesso di quanto sembri. Il trattamento è sicuramente lontano da quello sgarbato e grezzo degli anni ‘70, avvicinandosi alla narrazione tipica della Hollywood Classica, ma questo passo indietro nel modus operandi ha comportato a una maggiore persistenza nel tempo e si è rivelata un'arma a favore della poetica di George Lucas, che porterà avanti sia nei due capitoli successivi della trilogia originale, nonostante non siano da lui diretti, che nelle successive due trilogie prequel e sequel.
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