Un agente di polizia, con una grave accusa in corso di processo, indaga telefonicamente sul rapimento di una donna.
Un agente di polizia, con una grave accusa in corso di processo, indaga telefonicamente sul rapimento di una donna.
Remake dell'omonimo film danese del 2018, The Guilty si configura innanzitutto come esperimento narrativo adatto al cinema in tempo di restrizioni pandemiche. Come anche nella precedente distribuzione di Netflix Malcom & Marie (2021) di Sam Levinson, anche qui il racconto corre sul filo dei dialoghi, in uno spazio unico e ristretto e con il ricorso a pochi interpreti in scena. L'impostazione teatrale del film segue l'unità di tempo, collocando la vicenda in una notte significativa per il protagonista, la cui vicenda pregressa viene disvelata man mano. L'espediente che regge l'intera pellicola è basato sulla sottrazione, data l'impossibilità dello spettatore di vedere quanto accade: il suo sguardo coincide con quello del protagonista, costretto a risolvere ben due casi (uno per lavoro, l'altro personale) con l'unico ausilio tecnologico della linea telefonica. Le parole dei personaggi, tramite le descrizioni di ambienti e fatti, sopperiscono alla privazione dello spettatore, il cui sguardo, senso percettivo coessenziale al cinema, cede il posto all'ascolto. Da questo punto di vista la sceneggiatura di Nic Pizzolatto (I magnifici 7, 2016), per quanto estremamente simile all'originale, riesce a condurre abilmente il gioco narrativo e sensoriale, con un ritmo incalzante e un buon mantenimento della tensione.
Dove la scrittura di Pizzolatto perde in efficacia, è nella non eccessiva originalità dei dialoghi e nella sostanziale semplicità della storia. Le motivazioni del personaggio di Emily, così come il suo presunto e forzato parallelismo con il protagonista, non vengono eviscerati a sufficienza e le stesse intenzioni di Joe, assieme alla sua scelta finale, non sono del tutto giustificate.
Alcuni elementi, come la caratterizzazione della famiglia di Joe e l'ambientazione durante gli incendi in California, appaiono quasi superflui a una prima visione.
I dialoghi sono scarni e non danno adito a particolari empatie con i personaggi, molti dei quali rimangono solo voci al telefono. Alcune gag pensate per spezzare la tensione del racconto, quali il dialogo fra Joe e un ciclista che insiste per essere soccorso, risultano superflue.
Più riuscita, senza mai discostarsi dall'accademico, la regia di Antoine Fuqua (Attacco al potere - Olympus Has Fallen, 2013) mette in risalto la condizione di costrizione del protagonista insistendo sui numerosi primi piani e su una voluta semplicità dei movimenti di macchina. Il patto narrativo, basato sulle restrizioni, non consente un particolare stile riconoscibile, ma la sobrietà della mano registica ben si adatta alla vicenda narrata e non rinuncia a un buon ritmo del racconto.
Buona anche la fotografia di Maz Makhani, che a un film essenzialmente ripreso al buio e in scenografie ridotte riesce a donare carattere drammatico. Dimenticabile invece la colonna sonora di Marcelo Uchoa Zarvos (Cattive acque, 2020), che si limita a pochi e ripetitivi interventi d'ambiente. Quanto alle interpretazioni, è ovviamente Jake Gyllenhaal a reggere la riuscita del film, sottoposto alla difficile prova attoriale di mantenere la presenza scenica interagendo essenzialmente con delle voci e rimanendo seduto per buona parte del racconto. Nella modulazione delle sue espressioni facciali sono ben espressi i conflitti del personaggio, non troppo originali in sceneggiatura ma decisamente resi più interessanti da Gyllenhaal. Fra gli altri doppiatori originali, invece, si segnalano Ethan Hawke e Paul Dano.
The Guilty si risolve, quindi, come piacevole thriller dove l'esperimento narrativo conta forse più della storia. Senza eccessive pretese, riesce a intrattenere lo spettatore con la complicità di una durata modesta, che consente di non esaurire del tutto la potenzialità degli espedienti del racconto. Lo scopo della produzione, il cui capofila è stato proprio Gyllenhaal in quanto acquirente dei diritti dell'originale, non andava oltre il confezionamento di un prodotto semplice con alcuni tratti notevoli. The Guilty lo raggiunge, senza puntare giustamente oltre.
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