La storia di Facebook e del suo inventore, Mark Zuckerberg, e le cause legali che ne sono derivate.
La storia di Facebook e del suo inventore, Mark Zuckerberg, e le cause legali che ne sono derivate.
Quando nel 2009 si diffuse la notizia dell'avvento di un film su Facebook e del suo fondatore Mark Zuckerberg pochi erano entusiasti. La paura principale era di assistere a un film prodotto con troppa rapidità, che approfittava del clamoroso successo del social network, per assicurarsi trionfo al botteghino, a prescindere dalla qualità dell'opera. Fortunatamente non fu il caso di The Social Network, scritto da Aaron Sorkin (Codice d'onore, 1992; Steve Jobs, 2015) e diretto da David Fincher (Fight Club,1999; Zodiac, 2007), due nomi osannati nel panorama hollywoodiano, che portarono alla luce un'ottima pellicola biografica dedicata alla nascita del social più celebre di sempre.
Il film è a tutti gli effetti l'adattamento del libro Miliardari per caso – L'invenzione di Facebook: una storia di soldi, sesso, genio e tradimento, nonostante la maggior parte dello script sia stato scritto per mano di Sorkin prima della pubblicazione del libro, avendo con sé soltanto alcuni appunti dell'autore Ben Mezrich.
Il fascino della sceneggiatura risiede in maniera particolare nel raccontare una storia così ampia temporalmente, e complessa, e aver comunque ottenuto un bilanciamento perfetto tra caratterizzazione dei personaggi, dialoghi, riflessioni sociali e intrattenimento.
L'espediente del doppio contenzioso giudiziario consente alla pellicola di rimanere sempre dinamica e interessante, nonostante l'evidente convenzionalità del soggetto e la vastità di dettagli degli eventi, che potevano risultare assai invalidanti per la pellicola.
David Fincher, conscio delle numerose trappole narrative, adotta una regia piuttosto frenetica, valida nel complesso, e attenta ad accentuare le dinamiche di sceneggiatura che più gli sono vicine. Difatti, The Social Network accoglie con sé le maggiori riflessioni con cui il regista è diventato popolare nel corso degli anni: il ruolo dei media nella vita e nella società, anticipando il suo ultimo lungometraggio L'amore bugiardo – Gone Girl (2014), l'esibizione del privato (come per Seven, 1995) e soprattutto una normalizzazione della violenza dell'uomo medio americano, qui mediatica (altrove reale, Fight Club, 1999).
La fotografia è coerente con il resto, ma non regala grandi emozioni. La componente che più di tutte valorizza la pellicola è sicuramente il montaggio. Il montatore premio Oscar Angus Wall, assiduo collaboratore di Fincher, ha più volte rilasciato interviste su quanto sia complesso lavorare con il regista, soprattutto per l'altissimo numero di scene identiche girate. L'esempio più eclatante risiede proprio nella scena d'apertura di The Social Network, nel quale il personaggio di Mark Zuckerberg e la sua ragazza, interpretati rispettivamente da Jesse Eisenberg e Rooney Mara, si trovano a chiacchierare in un bar. La scena, lunga ben nove intense pagine di sceneggiatura, è stata girata 99 volte, e per montarla ci vollero tre settimane. Stacchi veloci, ritmicità dei dialoghi, decine di telecamere posizionate in punti differenti, e frequenti tagli conferiscono alla scena una musicalità narrativa ed estetica invidiabile da qualsiasi cineasta moderno. Positiva la colonna sonora e l'utilizzo delle musiche da parte della coppia di artisti Trent Reznor e Atticus Ross. A chiudere vi sono le ottime interpretazioni, in particolare quella di Jesse Eisenberg (Now You See Me – I maghi del crimine, 2013; Cafè Society, 2016), questa volta nei panni del genio Mark Zuckerberg: glaciale e antipatico, personaggio intellettualmente celebrato, sul quale tuttavia restano ancora delle ombre.
Ciò che rende The Social Network un buonissimo film e la perfezione con cui tutti questi elementi, estetici e narrativi, più o meno riusciti, siano stati concatenati tra loro, regalando infine un ottimo prodotto, non privo di difetti, ma pregno di importanti considerazioni sociali.
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