Un aspirante compositore di musical nella New York degli anni Novanta, ormai vicino alla soglia dei trent'anni, affronta i problemi legati alla realizzazione dei suoi sogni.
Un aspirante compositore di musical nella New York degli anni Novanta, ormai vicino alla soglia dei trent'anni, affronta i problemi legati alla realizzazione dei suoi sogni.
Trasposizione dell'omonimo musical autobiografico di Jon Larson (1960 – 1996), Tick, Tick... Boom! si configura come commedia musicale che gioca con la sovrapposizione di piani: il racconto in prima persona a teatro, la rottura della quarta parete consentita dalle numerose canzoni e coreografie e la materia narrativa in sé si alternano con brio e vivacità. A venire omaggiato non è solo il compianto autore dell'originale, ma anche il way of life di una New York fatta di trentenni velleitari, multiculturalismo, vita metropolitana e fermento artistico, ma che allo stesso tempo è quanto mai distante dalla capitale radical chic che pochi decenni prima Woody Allen aveva dipinto in Manhattan (1978). Vi si affacciano infatti le ombre della sperequazione sociale e dell'AIDS: quest'ultimo tema, in particolare, pur non essendo portante nel racconto viene trattato con dovuta delicatezza e cognizione storica. Il risultato è altalenante, con un alternarsi di spunti di riflessione e sequenze ottime ed espedienti narrativi più scontati.
La sceneggiatura di Steven Levenson (Dear Evan Hansen, 2021) è molto buona nonostante il soggetto lineare. Il continuo rincorrersi di scene recitate e narrate, cantate e musicate rende il ritmo piuttosto incalzante e mai banale il climax del racconto. Meno briosi risultano i dialoghi e i monologhi a volte verbosi a fronte di un posizionamento delle canzoni ottimale all'interno della trama. Ricorrente senza mai essere ridondante è la tematica del trascorrere del tempo e della maturità, esplicitata fin dal titolo e dall'ottimo incipit, originale e in grado di evitare facili banalità. In tal senso si segnala l'efficacia del montaggio alternato a cura di Andrew Weisblum (The French Dispatch, 2021).
Meno buona è invece la regia di Lin-Manuel Miranda, al suo esordio dietro la macchina da presa.
Se la sceneggiatura è infatti funzionale nella gestione dei tempi e nell'amalgama delle sequenze, la messa in scena appare banale e a tratti confusionaria, con il rischio di appiattire determinati momenti che avrebbero meritato più risalto. Si salvano tuttavia alcuni numeri girati con discreta maestria, fra cui spiccano per semplicità ed ironia il litigio fra Jo e Susan e per abilità la coreografia durante il brunch alla tavola calda. La fotografia di Alice Brooks, le scenografie e i costumi poco caratterizzati dal punto di vista storico si attestano sullo stesso livello altalenante e a tratti visivamente povero, lasciando il dubbio se il risultato sia dovuto a una voluta sobrietà o ad effettive mancanze.
Ben bilanciate all'interno del mosaico, le musiche di Larson risultano di livello variabile. 30/90, Sunday e Therapy, differenti per sonorità e messa in scena, raggiungono l'obiettivo di sospendere la narrazione ed esplicitare, con vivacità e inventiva, gli stati d'animo del protagonista sia dal punto di vista compositivo che dei testi. Altri brani, soprattutto quelli su cui le aspettative sono maggiori, appaiono invece più banali e in grado di appesantire il procedere del film. Quanto alle interpretazioni dei protagonisti, sono proprio le sequenze musicali a salvare delle prove attoriali altrimenti mediocri: a titolo d'esempio Vanessa Hudgens, indubbiamente versata nelle performance canore, non sembra a suo agio nella recitazione fin troppo forzata. Andrew Garfield mostra il proprio impegno con risultati alterni: eccessivamente istrionico e poco autentico nelle scene drammatiche, dimostra piuttosto un'inaspettata versatilità nel canto e nelle performance coreografiche. Migliori invece, per quanto secondarie, le interpretazioni secondarie.
Senza puntare alla spettacolarità tipica del genere e puntando forse troppo ad un'artigianalità mediocre, Tick, Tick... Boom! si risolve comunque in un piacevole racconto che nella sincera ammirazione verso l'artista che l'ha ispirato (di cui si raccontano le crisi, la maturazione e l'accesso alla sospirata gloria, senza insistere sulla tragica e prematura scomparsa) trova il suo pregio maggiore.
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